Assaggi Orvieto DOC e altri IGT: nasce il “Vino-Duomo”!3 min read

Orvieto DOC: vini IGT del territorio = Duomo di Orvieto: città e territorio

 

Pur essendo negato a matematica gli assaggi annuali di Orvieto DOC, per quest’anno allargati agli IGT (sia umbri che laziali) del territorio, mi hanno portato a formulare questa strampalata equivalenza che vi spiegherò piano piano.

 

Il primo elemento dell’equivalenza è formato dall’Orvieto  DOC , Classico e Superiore 2014 con alcuni vini di annate precedenti, tra cui alcune vendemmie tardive.

La 2014 non può essere definita certo  una grande annata e sia gli Orvieto DOC che gli Orvieto Classico DOC la scontano con una plausibile mancanza di corpo, a cui va in soccorso un’acidità comunque precisa e quasi mai su tonalità amare e scomposte.

I nasi, in diversi casi aiutati da uve non autoctone permesse dal disciplinare, mantengono comunque una certa gradevolezza.

 

 Il bel salto di qualità lo si trova nei Superiore, dove corpo, freschezza e uso “più importante” delle uve autoctone conferiscono a questi vini una linearità stilistica di buon livello, accoppiata ad una decisa marcia in più sia al naso sia in bocca.

 

Il secondo elemento dell’equivalenza è formato dai quasi 30 vini IGT, assaggiati per la prima volta assieme ai DOC. Prodotti che utilizzano in buona parte le stesse uve (autoctone o meno) dell’Orvieto, anche se in percentuali diverse.

 

A parte alcuni casi (prevedibili) di vini ben pensati, con caratteristiche precise e molto positive, il restante mondo IGT ci è sembrato spesso senza un grande senso generale, senza quella compattezza “etico-stilistica” che invece gli Orvieto DOC mostrano sempre di più, anno dopo anno.

 

In altre parole, anche se gli IGT battono numericamente I DOC, non mostrano quasi mai quelle piacevoli componenti territoriali che invece gli altri (adeguandosi agli andamenti vendemmiali) portano sempre più avanti con forza.

 

Mentre assaggiavamo i DOC potevamo discutere sulla qualità o meno di un vino ma mai ci è venuto in mente il concetto di “inutilità” espresso invece più volte assaggiando gli IGT.

Se andrete a confrontare i punteggi vedrete che dal punto di vista qualitativo non c’è poi un enorme differenza, che troviamo invece non solo dal punto di vista tipologico ma soprattutto da quello “etico commerciale”. In altre parole è forse il momento di dire chiaramente che certi IGT possono vivere solo perché in zona si produce un buon vino DOC che attira sempre più consumatori.

 

Da questo punto di vista prosegue la nostra equazione perché il meraviglioso Duomo gotico di Orvieto attira tanta gente che andrebbe a visitare altri luoghi se questo non ci fosse. Per carità, Orvieto è molto bella (come i vini IGT sono buoni) ma se non ci fosse il Duomo che fa da catalizzatore mi chiedo quanti turisti in meno avrebbe la città.

 

Per questo, tornando al vino, mi sembra giunto il momento di “consacrare” l’Orvieto DOC, dandogli quel valore qualitativo catalizzante che oramai stramerita.

Accanto a questo devono però continuare i “lavori di restauro”, cioè il miglioramento sia in vigna sia in cantina delle varie componenti di questo “vino-duomo”, che rappresenta nel mondo enoico orvietano quello che la cattedrale di Santa Maria Assunta  è per quello architettonico.

 

Per questo il consorzio di tutela (che ringraziamo per averci organizzato la degustazione) deve prendere sempre più consapevolezza e forza. Con un “vino-duomo” di questo livello non si può rischiare di costruire “cattedrali nel deserto” e quindi, tanto per fare un esempio, occorrerà sin da subito cercare di diminuire la grande massa di Orvieto imbottigliato fuori zona…..

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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