Assaggi Lugana 2014: l’anno dello zafferano3 min read

“Ma lo sai che durante i mesi tremendi prima della scorsa vendemmia feci un giro tra le vigne del Lugana e le loro uve stavano molto, ma molto meglio delle nostre”.

 

Questa confessione me l’ha fatta un produttore  importante di un’altra denominazione ed io l’ho presa ad esempio di come il mondo Lugana sembri accompagnato da particolari benedizioni: anche nella tremenda vendemmia 2014 il terroir Lugana, formato fondamentalmente da un particolare clone di Trebbiano (chi dice sia parente del Verdicchio, chi del Tocai),  posto in terreni spesso profondamente argillosi, è riuscito a dare buoni risultati.

 

Bisogna anche essere onesti fino in fondo e dire che un vino bianco secco che per disciplinare  può arrivare fino a 12 g/l di zucchero (naturalmente non aggiunti) ha maggiori possibilità di altre zone di “salvarsi” in vendemmie come quella del 2014.

 

Ma per essere onesti fino in fondo devo anche dire che non ci è sembrato che il Lugana abbia spinto su questo “ dolce accelleratore” più che in altri anni: inoltre sembra anche che l’utilizzo di uve semiaromatiche si sia fermato, attestandosi su percentuali sopportabili.

 

In effetti il grande successo di questo vino sembra abbia “tranquillizzato” molti produttori, spingendoli a presentare comunque un vino fatto esclusivamente (o quasi esclusivamente) di Trebbiano di Lugana.

 

Questo ha portato i 2014 ad essere  come sempre naturalmente piacioni/piacevoli con bocche dove mediamente l’acidità citrica e tendenzialmente amarotica marcata 2014 spunta molto meno che in altre denominazioni. Portando anzi a bocche nervose, austere, ma comunque di buon equilibrio.

 

Per i nasi invece occorre fare un discorso a parte: anche se l’avevamo trovato per anni in alcuni Custoza, non ci era mai capitato di sentire tanto zafferano (non solo nel Lugana, anche nel Soave e addirittura nel Prosecco..n.d.r.) e così abbiamo incominciato a chiedere a destra e a manca da dove venisse fuori questo marcatore della vendemmia in bianco del 2014.

 

Alla fine crediamo di aver svelato il mistero. Alla base di tutto sembra esserci delle vendemmie fresche o addirittura fredde (come la 2014 e, in buona parte, la 2013) che tendono a far sviluppare in fermentazioni a temperature basse una lontana parente della muffa nobile: questa può portare a più o meno intensi sentori di zafferano.

 

Come detto non l’abbiamo sentito solo nel Lugana ma qui più che da altre parti è spuntato fuori spessissimo: per la verità senza che ci desse assolutamente fastidio, anzi.

 

Quello che invece continua a darci fastidio è questa moda della bottiglia ESTREMAMENTE pesante. Sembra che tanti produttori identifichino la bontà del  loro prodotto quasi più con il peso della bottiglia che con la qualità del vino che c’è dentro. Per carità, ognuno è libero di usare la bottiglia che vuole, ma qui in Lugana si rasenta il grottesco, con aziende che passano addirittura bottiglie PIU’ pesanti  per personalizzare i loro vini…assurdo.

 

Torniamo al vino, in particolare alle Riserve e ai Superiori, categorie che piano piano sembrano trovare una loro equilibrata collocazione. Per la verità ci sono ancora alcune riserve che sembrano delle spremute di legno ma oramai il fenomeno sembra sempre più circoscritto.

Insomma, veniamo via da Peschiera del Garda (sede del consorzio, che ringraziamo) con un idea di Lugana più equilibrato rispetto al passato….bottiglie a parte.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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