Assaggi Franciacorta: sorprese, conferme e qualche delusione7 min read

Non credo che un degustatore possa immaginare una sede migliore di quella dove, mentre il caldo estivo impazzava, abbiamo degustato circa 280 Franciacorta. Sala con aria condizionata che si affacciava su un bel giardino con tanto di vasche e fontane: il tutto nello stesso albergo dove eravamo ospiti. Per un trattamento del genere dobbiamo ringraziare mille volte il consorzio del Franciacorta.

Lo scorso anno avevamo assaggiato ad ottobre e pubblicato sotto Natale i risultati, quest’anno preferiamo metterli online nella settimana precedente la più importante manifestazione franciacortina sul territorio, il Festival del Franciacorta. In questo modo i nostri lettori avranno indicazioni freschissime per decidere come muoversi e cosa assaggiare.

Il motivo per cui assaggiavamo ad ottobre era, come sapete quello delle sboccature. Infatti degustare a giugno un franciacorta sboccato ad aprile o a maggio  vuol dire trovarsi tra le mani un vino con caratteristiche aromatiche e strutturali molto, troppo diverse da quelle che avrà al momento di aver digerito solforosa e compagnia. Purtroppo quest’anno non siamo potuti andare oltre luglio ma per fortuna in Franciacorta iniziano a capire l’importanza di sboccare molto prima dell’immissione in commercio e così avevamo almeno il 60-65% dei vini con almeno 6-7 mesi di bottiglia dopo il degourgement.

Quindi i vini erano (quasi) in condizioni perfette, ma dobbiamo dire subito che i risultati hanno rivoluzionato non poche delle nostre certezze.

 La sensazione generale è che la forbice tra i migliori e i peggiori si stia restringendo: questo sia per merito dei Franciacorta di livello medio-basso che stanno lentamente crescendo (e questo è un bene) sia per i vini top che purtroppo non spiccano più come in passato (e questo non è un bene).  Negli scorsi anni abbiamo più volte dato punteggi vicini alle cinque stelle mentre quest’anno siamo arrivati poche volte alle quattro.

Mentre la forbice si restringe, nel mezzo cresce il grande “mare magnum” di buoni prodotti, che alla fine è quello che conta. Il  consumatore,  non riuscendo sempre ad orientarsi al meglio nelle molte etichette e tipologie franciacortine, oramai può avere quasi la certezza che difficilmente stapperà una bollicina di scarso livello. Mi potrei addirittura spingere a consigliare ai meno esperti la scelta di una bottiglia di Franciacorta quasi guardando più alla data di sboccatura che al produttore. Più questa data è lontana nel tempo e maggiori saranno le possibilità di gustare una buona bollicina.

Ma adesso lasciamo un attimo da parte le date di sboccatura e concentriamoci sulle etichette, andando a commentare i risultati degli assaggi. Come sempre abbiamo diviso i vini nelle cinque categorie canoniche.

 

Dosaggio Zero, ovvero almeno un punto fermo nella vita

I Pas Dosè franciacortini hanno risposto “presente” anche quest’anno!  Magari i voti medi sono leggermente più bassi (2.80 stelle) ma questa è e resta la categoria regina, dove veramente si può sognare. Nasi  complessi, piacevoli, bocche ampie e grintose ma nello stesso tempo eleganti.  Gli onori della cronaca sono tutti per i millesimati e per il Pinot Nero, che a certi livelli mostra quella profondità che difficilmente lo Chardonnay può raggiungere. Ho citato i millesimati ma anche i senza annata sono andati piuttosto bene, centrando proprio  quel “mare magnum” di buoni vini di cui parlavo prima.

Voto medio alla tipologia 8.5

 

 

Extra Brut, ovvero l’avevo detto che…..

Negli anni scorsi gli extra brut erano visti sempre come in mezzo al guado ma quest’anno, pur restandoci, hanno un problema in più e cioè che oramai tutte le altre tipologia (saten forse a parte) sembrano da tempo sull’altra sponda. Aldilà infatti dei classici e vecchi problemi , sempre incerti tra l’essere carne o pesce, questa volta anche all’interno della tipologia la confusione è massima.  Si va dal vino con molto, troppo legno, ancora chiuso e scorbutico a quello estremamente dolce e semplice che è quasi fuori tipologia; inoltre sulla note dolce molti ci giocano “pure troppo” e l’eleganza e la sapidità, che dovrebbero essere caratteristiche primarie di questi vini, latitano troppo spesso. La media stelle (2.60) non è bassissima ma fa riflettere il fatto che sia la stessa tra i millesimati e tra i senza annata. Il millesimo dovrebbe o non dovrebbe garantire una qualità maggiore? Insomma, l’incertezza regna sovrana.

Voto medio alla categoria 6-

 

 

Saten, ovvero e io che credevo e io che speravo….

 

Qualche anno fa lo dicevano gli stessi franciacortini che la tipologia Saten doveva trovare una sua connotazione precisa e col tempo ci si era arrivati. Purtroppo quest’anno, pur essendo tipologicamente simili i saten non ci hanno convinto. E’ la categoria con la percentuale più bassa di vini da 3 stelle in su e quella con la media stelle più bassa (2.52) e questo è dovuto a vini che semplicemente sono carenti in quello in cui dovrebbero invece spiccare, cioè piacevolezza, bei profumi, cremosità, rotondità. Ci sono, per carità, ottimi vini ma mediamente non siamo rimasti molto soddisfatti. Sui millesimati per fortuna il discorso cambia e si vede quel salto di qualità che ci si aspetta da vini che hanno prezzi quasi da affezione.  Forse uno dei motivi del risultato non eclatante dei saten potrebbe essere dato anche dal numero sempre maggiore di cantine che hanno allargato la loro gamma, inserendo due rosè, due saten, etc. Avere da curare troppi vini solo perché il mercato ti richiede, per esempio, un Extra Brut millesimato o tre tipi di Brut o due rosati non è forse il modo migliore per prendersi cura al meglio dei singoli prodotti.

Voto medio alla categoria 5.5

 

 

Rosè, ovvero la grande crescita del brutto anatroccolo

Qualche segnale c’era stato lo scorso anno ma questa volta non ci sono dubbi. I Rosè franciacortini stanno crescendo e non poco! Nasi molto più definiti, strutture meno  incerte, profondità finalmente non solo accennate. In 5-6 anni questa tipologia, che aveva avuto un boom solo quantitativo, ha scalato  la piramide qualitativa non solo franciacortina e adesso se la gioca alla pari con tutti. Finalmente si capisce che un miglior lavoro nel vigneto è affiancato da una maggiore consapevolezza in cantina. Per la prima volta da quando assaggiamo franciacorta ci siamo trovati di fronte sia a rosé di altissimo profilo sia a vini magari non eccelsi ma fatti come dio comanda. Due soli dati: la media stelle è superiore sia agli extra brut che ai saten (2.63) e addirittura se consideriamo solo i millesimati (ma, occorre dire, per chiarezza statistica, che quest’ultimi sono pochissimi) si arriva alla media stelle più alta tra tutte le tipologie (3.11). Siamo veramente felici per questo risultato: magari in passato il Rosè doveva esserci perché il mercato lo voleva, ora deve esserci perché è una tipologia di franciacorta di assoluto livello.

Voto medio alla tipologia 8

 

 

Brut, ovvero il buon mare magnum

Il gruppone dei brut, la tipologia più prodotta e più venduta, ha forse meno punte degli anni scorsi ma ha mostrato una qualità media di alto livello. L’esempio lampante di quello che dicevamo all’inizio, cioè della forbice che sta restringendosi, del “mare magnum” dei buoni vini che diventa sempre più ampio. Forse, a spiegare l’allargamento di questo mare più che d’invecchiamento medio dei vigneti + conviene parlare di esperienza di cantina, di aziende che oramai sanno perfettamente cosa fare per produrre (intanto) un buon prodotto “base”. La tecnica spumantistica non è assolutamente semplice da assimilare e magari il continuo ingresso di nuove aziende sul mercato portava con sé anche qualche errore di gioventù. Oggi che la situazione è più tranquilla e qualche annata è oramai sulle spalle di quasi tutti, ci troviamo di fronte a molti meno erroretti di percorso.  In poche parole i Brut sono una tipologia affidabile  (media stelle 2.57 ma con ben il 75% dei vini che hanno almeno 2.5 stelle) , naturalmente tenendo molto d’occhio la data di sboccatura che deve essere di almeno 8-9 medi prima.

Voto medio alla categoria 8-

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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