Amarone 2004: annata buona, vacche grasse, ma…..4 min read

Quest’articolo fa parte di un “polittico enoico” dedicato  alla Valpolicella e soprattutto al suo vino più famoso: l’Amarone. Accanto a questo pezzo troverete infatti un’intervista a Luca Sartori, nuovo presidente (da aprile, proprio prima di QUEL Vinitaly) del Consorzio ed un’altra intervista a Carlo Speri il quale, avendola vissuto in prima persona, ci racconterà la storia della nascita dell’Amarone. Le degustazioni della Vendemmia 2004 e del Valpolicella Superiore Ripasso (e non) del 2006 (link a fondo pagina) completano il quadro.
Queste righe  serviranno soprattutto a presentare il momento attuale dei vini targati Valpolicella e cercare di vedere cosa sperano i produttori e cosa potrebbe riservare loro il futuro.
Diciamo subito che questo non è un periodo di vacche grasse, ma grassissime, quasi obese! Lo si capisce da tanti segnali, non ultimo il prezzo a cui esce di cantina l’Amarone. Avendo inserito di fresco i dati posso dirvi che sono rimasto sorpreso da quanti amaroni vengono venduti a più di 20 Euro franco cantina. Dato che spesso si parla anche di decine di migliaia di bottiglie, facendo il conto della serva ho avuto moti di invidia per produttori che (se lo vendono tutto….ma così pare) incassano, da un solo vino di una sola annata, milioni di euro. Anche i prezzi medi di vendita dell’Amarone adesso non hanno riscontro in nessun’altra zona italiana, dalle Langhe in giù. Buon per loro, specie perché la stragrande maggioranza di Amarone viene venduto all’estero e quindi, molto probabilmente, incassato prima di essere spedito. A sentire i produttori parrebbe che ogni finlandese o norvegese o svedese tenga in casa almeno una bottiglia di Amarone. Si vede che il freddo e la neve invogliano al consumo. Ancora sui prezzi: quest’anno l’uva da appassire (vedi intervista a Sartori link) viene pagata 2 € al chilo, il che porta un normale agricoltore locale ad incassare, per ettaro, intorno ai 20-22.000 euro. Non credo esista zona dove le uve vengono pagate, mediamente, così tanto.
Ma tanta grazia di Dio a qualche risvolto non proprio positivo. Il successo dell’Amarone ha fatto almeno due morti. Da una parte il già moribondo Recioto e dall’altra il giovine e pimpante Valpolicella Superiore, divenuto oramai praticamente solo una base per il Ripasso, quindi per un altro vino (almeno in parte) passito. Ma c’è anche un terzo cadavere, per adesso virtuale, ma che potrebbe materializzarsi nel futuro. Il mandante di questo possibile omicidio si chiama “voglia di strafare” o “ tanto non potrà che andare sempre di bene in meglio”, che tradotto in termini medico-enologici prende il nome di Brunellite cronica.
Speriamo infatti che i produttori veneti non si facciano prendere dalla voglia di strafare, il che porta ad allentare tanti freni inibitori ed a produrre sempre e comunque molto Amarone, in barba a condizioni climatiche non perfette, grandinate e quant’altro.  Niente per ora è stato trovato e dimostrato ma spulciando le denunce delle uve sembra che alcune pesanti grandinate degli ultimi 3-4 anni siano passate senza colpo ferire. Poi si assaggiano certi Primitivi di Manduria e magari ti vengono in mente strane idee…..
Ma lasciamo stare le idee e veniamo ai fatti, cioè all’annata 2004 che abbiamo degustato. Come sempre un grazie al Consorzio di Tutela ed al suo direttore (Grazie Emilio!) per averci organizzato l’assaggio. Cosa dire? L’annata è sicuramente buona e solo la nostra proverbiale spilorceria non ci ha portato a quantità industriali di punteggi molto alti. Questo perché molti vini hanno (zuccheri residui a parte) strutture veramente imponenti e concentrazioni tanniche di valore assoluto. Questo senza apportare note amarognole. Sul lato profumi i legni stanno lasciando spazio al frutto e soprattutto a quelle note tra l’alcolico e la frutta sia fresca sia passita  che sono la colonna portante, almeno secondo noi, dell’Amarone. Praticamente quasi nessun vino è stato escluso per difetti palesi ed anche questo è un bel passo avanti, che giustifica l’altissimo voto medio di 2,66 Stelle sugli oltre 80 vini degustati.
Sul fronte dei Ripasso (e dei Superiori) 2006 non possiamo lanciarci nelle stesse lodi. Ripassare il vino non è infatti una pratica facile: può portare a diversi problemi e sembra che ancora una discreta fetta di produttori non abbiano imparato a dovere il sistema. Infatti circa un 10-15% di vini sono stati o esclusi per difetti  o hanno ottenuto il nostro minimo punteggio. Una grande fetta poi (circa il 30) sembra si basi sul concetto “col ripasso si sistema tutto”. Invece si sistema ben poco, se non conferire spesso solo un filo di zuccherosa rotondità al vino, con profumi che non riescono a ricordare il procedimento da cui nascono. Allora sarebbe meglio lavorare con maggior attenzione in vigna e produrre un Superiore, senza Ripasso, di tutto rispetto. Il Ripasso lasciamolo, come era in passato, al Valpolicella base, che così salirebbe di grado (non solo alcolico) e diverrebbe quel grande vino quotidiano che sembra tutti vogliano a parole e non nei fatti.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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