Alto Piemonte: un altro pianeta (per fortuna)4 min read

A pensarci adesso vengono i brividi di freddo ma  ai primi di luglio, tutti quei bagnanti lungo la Sesia se la godevano alla grande. Avendo come contraltare l’Arno a Firenze ci siamo azzardati a chiedere notizie sull’acqua. “E’ pulitissima! Nessun problema per fare un bel bagno.” Qualche dubbio ci era rimasto ma arrampicandoci tra le vigne che dominano Gattinara i dubbi si sono sciolti come, appunto, neve del Monte Rosa nel Sesia. Da quelle colline vitate del nord Piemonte  guardando verso nord, ovest e sud non si vedevano altro che boschi e colline, inframezzati ogni tanto da paesi che sembravano fagocitati dal verde. Di notte  poi, le poche luci che si intravedevano in lontananza ricordavano più lampade singole  sommerse in un mare di alberi che cittadine con tanto di abitanti.  Quasi quasi tanto verde per chi, come noi, arrivava diritto dalla Langa, faceva quasi paura. Ma la paura lasciava presto il posto allo stupore di trovarsi in un specie di altro pianeta o in un anfratto spazio-temporale, distante  anni luce da quella che viene chiamata “viticoltura moderna”.

Non fraintendeteci! Denominazioni come Gattinara, Ghemme, Boca, Fara, Sizzano, Lessona, Bramaterra, hanno ben poco da invidiare ai moderni mezzi di conduzione agronomica e di cantina: è solo l’approccio ed i tempi che sono diversi.  Qui il vino non è l’ossessione giornaliera, Il solo ed unico credo e modo di sostentamento: è una delle molte componenti del “quieto vivere naturale”. Sarà perché da queste parti è passata tanta storia e se ne sono viste  tante.

Senza andare tanto lontano partiamo da fine ottocento quando da grande serbatoio di vino (con diverse migliaia di ettari) il nord Piemonte si è piano piano ridotto a zona di confine per la viticoltura (con poche centinai di ettari divisi in una decina di denominazioni). Come conseguenza il bosco ha riconquistato terre adattissime alla vigna.

Non mi era mai capitato, nel’inserire  gli indirizzi delle aziende sul database di trovarmi di fronte a diversi comuni con una sola cantina nel loro territorio. Chissà che effetto fa  sentirsi il solo depositario del verbo viticolo nel luogo dove vivi. Anche questa è una grande diversità, che porta ad una viticoltura di “testimonianza”. Non so infatti come definire cantine con produzioni da 500 a 1000 bottiglie se non pervicaci ed ammirevoli testimoni di quanto sia bello lavorare la vite.

 

Anche se le cose dai tempi di Quintino Sella  sono cambiate molto, per fortuna molte altre sono rimaste immutate.  La più importante forse è che il Nebbiolo (chiamato anche Spanna) qui ha sempre i fini profumi  e la burbera-bonaria austerità che lo hanno reso famoso. Ad addolcire i suoi tannini e la sua acidità, ove necessario, ci pensano uve come Vespolina, Bonarda e Uva Rara.

Vi sarete accorti che sto parlando di “vini del nord Piemonte” e non di “vini di montagna”:  questo per il semplice motivo che qui la montagna è lontana ed al massimo le vigne arrivano a 500-550 metri. Il clima non è poi così diverso dalla Langa e ricorda molto quello della zona di Dogliani, dove le montagne della Langa si fanno sentire più che ad Alba e dintorni.

L’aumento medio delle temperature ha certo avvantaggiato questa piccola zona, permettendo delle maturazioni fenoliche più equilibrate: nel contempo le escursioni notturne sempre accentuate conferiscono al nebbiolo quella freschezza di cui non può fare assolutamente a meno. 

Ma smettiamo di parlare (bene) di queste terre e veniamo ai vini. Grazie al Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte ( un grazie particolare a Lorella Antoniolo) oltre a poter visitare la zona abbiamo raccolto e degustato un’ottantina di vini delle diverse denominazioni e di diverse annate.  In una nostra personale classifica mettiamo ai primi posti le due denominazioni  che la G prima di averla dal Ministero l’ avevano già nel nome: Gattinara e Ghemme. Nella prima nascono vini più austeri e muscolari nella seconda più ampi ed armonici. Ma non posso scordarmi vini molto meno conosciuti come il Sizzano ed il Lessona: il primo indimenticabile per note saline e quasi terrose al naso ed in bocca, il secondo per il bel mix tra freschezza e austerità.

Come vedrete nei risultati degli assaggi quasi il 50% dei vini hanno ottenuto punteggi eguali  o superiori alle 3 stelle. Questo vuol dire che le molte denominazioni del territorio presentano una qualità media molto alta, che spesso si sposa anche ad un prezzo molto interessante.

Forse i vini dell’Alto Piemonte ci sono entrati nel cuore, anche perché assaggiandoli non ci siamo mai trovati di fronte a vini scontati, fatti con lo stampino..un po’ come i panorami che abbiamo ammirato e che consigliamo come deputativi da luoghi dove la viticoltura monogamica regna padrona.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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