Lambrusco-Pride: dall’osteria alle tavole dei gourmet4 min read

Credo si possa anticipare ai nostri lettori che prossimamente saremo on-line, nella sezione degustazioni, con i vini dell’Emilia-Romagna. In fondo la nuova legge che limita la pubblicazione di notizie riservate non è ancora in vigore, quindi rischio zero. Con l’occasione spieghiamo anche, rispondendo contemporaneamente ad alcune proteste ricevute, che la degustazione è stata divisa in due parti, per ragioni che sinteticamente chiameremo “logistiche”. Una prima parte dedicata ai vini romagnoli più significativi, Albana e Sangiovese ed una seconda, più avanti, focalizzata sui vitigni emiliani Lambrusco e Malvasia.

Mi sento parzialmente obbligato ad anticipare l’articolo che avevo preparato, a puro titolo scolastico-introduttivo, qualche info sul Lambrusco, sperando di tralasciare il meno possibile e di non esagerare con le bufale.

 

L’elite enogastronomica ha da sempre bollato come vini gazzosa i Lambrusco, relegandoli in un ruolo secondario. Negli ultimi anni però, dando vita ad una sorta di Lambrisco-Pride, sono venuti alla ribalta prendendosi una sonora rivincita. Al Vinitaly già da qualche anno, allo stand della Emilia-Romagna, i produttori di Lambrusco sono letteralmente presi d’assalto. File interminabili per il rosso spumeggiante emiliano anche al banco d’assaggio che l’Enoteca Regionale gestisce all’interno dello stand. Come mai questo scatto bruciante che lascia al palo altri concorrenti più blasonati? Parte del merito è da attribuire al radicale cambiamento qualitativo del prodotto, sensibilmente migliorato dal punto di vista organolettico grazie anche al rinnovamento delle attrezzature; un ulteriore punto di merito, che ha visto coinvolti molti produttori, è quello di aver saputo creare una immagine nuova, più giovane e moderna, grazie all’apporto di un packaging accuratissimo. E infine i prezzi. Quando molti li aumentavano vertiginosamente, i produttori di Lambrusco li hanno congelati, favorendo l’acquisizione di nuove fette di mercato.

Ma questo da solo non spiega il gradimento del pubblico: alcune persone intervistate, equamente divise tra giovani e meno, hanno candidamente dichiarato che il Lambrusco piace per la leggerezza, l’aspetto spumeggiante e l’esuberanza dei profumi. Il vitigno Lambrusco, ma è più opportuno parlare di vitigni Lambrusco, appartengono alla famiglia delle Vitis Labrusche di origini selvatiche ma di secolare integrazione nel paesaggio modenese. Oggi il Lambrusco gode appieno del magico momento che coinvolge tutti i prodotti indigeni, le tradizioni locali e le specialità regionali (nonché i vini dotati di bollicine, n.d.r.). La restituita dignità del Lambrusco ha molti padri, a cominciare da Giacobazzi che per primo, nell’innovativa lattina, cercò di farne un emigrato di successo, per finire con Ceci, il primo produttore di Lambrusco ad aver conseguito il prestigioso trofeo dei 5 grappoli nella guida AIS Duemila Vini. Nel modenese sono tre le varietà di Lambrusco: Sorbara, Salamino di Santa Croce e Grasparossa di Castelvetro. Vitigni con caratteristiche differenti, entrambi impiegati congiuntamente per la produzione del vino Lambrusco.

Lambrusco di Sorbara: la scarsa produttività è compensata da una maggiore qualità dell’uva. Spesso, per facilitarne la fecondazione, viene allevato assieme al Lambrusco Salamino, nello stesso vigneto. Uva poco colorante, il Sorbara ha un intenso profumo di violetta.
Lambrusco Salamino di Santa Croce: gli acini hanno la buccia pruinosa blu-nerastra spessa e consistente. Molto produttivo e costante, dona colore rosso rubino carico ed il suo profumo è fortemente fruttato.
Lambrusco Grasparossa di Castelvetro:ha acini di colore blu scuro o nerastro, con buccia consistente e polpa succosa. Vitigno robusto ed a maturazione tardiva. Colore rosso rubino intenso, con deciso profumo vinoso. Probabilmente, nella grande e variegata famiglia dei Lambruschi, è il più pieno e corposo.

A questo punto, tanto per complicarci un po’ l’esistenza, andrebbe precisato che per l’imbottigliamento come DOC, vanno rispettate le seguenti proporzioni:

Lambrusco di Sorbara:
Lambrusco di Sorbara: minimo 60%
Lambrusco Salamino: massimo 40%

Lambrusco Salamino di Santa Croce:
Lambrusco Salamino: minimo 90%
Possono concorrere alla produzione di detto vino le uve di altri Lambruschi Ancellotta e Uva d’Oro, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 10%

Lambrusco Grasparossa di Castelvetro:
Lambrusco Grasparossa:minimo 85%. Possono concorrere alla produzione di detto vino le uve di altri Lambruschi Uva d’Oro e Malbo Gentile, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 15%

Il Lambrusco, nella cui famiglia rientrano anche le varietà Marani, Maestri, Montericco e Viadanese, è un vino che si sposa magnificamente con i piatti della cucina emiliana. Ne esalta la genuinità dei sapori, e si apprezza meglio da giovane. L’abbinamento ideale è con antipasti come prosciutto crudo, mortadella e parmigiano reggiano, oppure con primi piatti come i tortellini (rigorosamente in brodo) o paste asciutte farcite. Anche tra i secondi gli abbinamenti non mancano: prendete per esempio i bolliti e per finire il dessert con il tradizionale "Bensone" o gli amaretti di Modena.

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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