Amarone: ma in commercio c’è il 2008, il 2007 o tutti e due?3 min read

Abbiamo dei lettori che sono più curiosi ed impiccioni (bonariamente s’intende!) di noi. Qualche giorno fa ci è arrivata dal signor Giuseppe Ronchi (che ringraziamo) una foto in cui si vede sullo scaffale di un supermercato una bottiglia di Amarone 2008.

“Ma come- commenta Giuseppe – nemmeno un mese fa c’è stata l’anteprima dell’annata 2007 e praticamente in contemporanea mi trovo in vendita l’annata successiva?”

Non vi nascondiamo che ci ha un po’ spiazzato: così per prima cosa siamo andati a controllare il disciplinare che, testualmente dice "Il vino « Amarone della Valpolicella» prima della immissione al consumo deve essere sottoposto ad un periodo di invecchiamento di almeno due anni con decorrenza dal 1° dicembre dell’annata di produzione delle uve.”

Questo periodo di invecchiamento, “allungato” fino al 1^ gennaio nel disciplinare della DOCG, permette quindi  l’ingresso in commercio dell’Amarone 2008 anche se nemmeno un mese fa è stata presentata alla stampa l’annata 2007.

Perché accade questo?

Per capire meglio abbiamo telefonato al presidente uscente Luca Sartori, il quale ci ha spiegato che il nome Anteprima Amarone era stato scelto, magari non felicemente, fin dall’inizio di questa manifestazione. La cosa si è poi portata avanti (anche se quest’anno era stato proposto  sia il cambio del nome sia del format) soprattutto perché “La stragrande maggioranza dei produttori invecchia almeno un anno di più il suo amarone, prova ne sia che molti hanno presentato all’anteprima dei campioni da botte.”

Presentare così l’annata “mediamente” in commercio in quell’anno è diventata, piano piano, una regola. Una regola che però rischia di creare un boomerang di immagine, specie tra i consumatori attenti, che si ritrovano da una parte commenti, recensioni, scoop,  su vini di quella che, nei fatti, non è l’ultima annata in commercio.

Qualcuno potrebbe inoltre far notare che un grande vino come l’Amarone dovrebbe avere per disciplinare più di due striminziti anni di invecchiamento e che far passare l’arrivo della DOCG senza avere  allungato il periodo di almeno un anno sia stata una grande occasione persa. Esistono comunque esempi di grandi rossi, vedi il Barbaresco, con lo stesso periodo di invecchiamento dell’Amarone, anche se siamo tutti d’accordo che un Barbaresco di due anni assomiglia più ad un punto interrogativo che ad un vino.

In realtà quello che colpisce e che speriamo il consorzio correggerà è la grande differenza tra comunicazione e realtà: da una parte si esibisce un’ annata, la si discute, la si presenta neanche tanto velatamente come quella che andrà in commercio, mentre in realtà sugli scaffali si può trovare già la vendemmia successiva.

Siamo convinti che moltissimi produttori di Amarone (consapevoli dei tempi che occorrono per produrre un grande vino)  tengano il proprio vino in cantina per 3-4 o più anni prima di metterlo in commercio, ma proprio per questo una comunicazione giusta dovrebbe essere quella che, pur seguendo ufficialmente  il disciplinare, si focalizza in maniera chiara sull’annata che “la stragrande maggioranza dei produttori” metterà quell’anno in commercio.

Qualsiasi altro modo crea solo confusione e di tutto ha bisogno l’Amarone in questo momento, salvo  di essere immaginato o percepito come un vino “ballerino”, di cui è difficile cogliere i confini commerciali.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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  1. Questa è una delle tante ragioni per cui c’è tanta differenza di prezzo tra Amaroni di differenti aziende, sicuramante chi decide di allungare i tempi di maturazione ed affinamento di un vino sopporta costi ben maggiori di chi non lo fa. Condivido l’augurio che per vini tanto importanti(e dunque non solo Amarone) ci sia un po’più di rigidità  dei disciplinari,ed un comportamento più uniforme da parte dei produttori, affiancato da una maggiore chiarezza e completezza comunicativa, sarebbero per primi i produttori e quelli seri, a trarne vantaggi,

  2. A parte qualche Casa storica , salto i nomi ma una decina in tutto al massimo, sono pochi i produttori che possono mettere in piedi una verticale di quindici anni o delle migliori annate degli ultimo trenta anni. E questo non solo perché
    pochi erano i produttori attivi una trentina di anni fa, ma soprattutto perché non tutto l’Amarone é vino da invecchiamento o richiede invecchiamento prima di essere immesso in commercio. La zona allargata é abbastanza vasta sia per altidudine, che per climi e diverse sono le rese ed i modi di interpretare questo vino. Il consumatore puà³ trovare sugli scaffali da Amarone “atletici”, equilibrati fino a Amarone “palestrati” cugini strett per forza in alcool a un Porto Ruby. In questa luce é forse fuorviante parlare di invecchiamento, maturazione o vini da invecchiamento. L’Amarone come vino da uva passita é per sua natura é pronto da bere non appena immesso in commercio. Poi “puà³” invecchiare, cioé alcuni Amarone invecchiano bene – ma sono la minoranza
    e come in tutti distretti vinicoli ci sono differenze tra produttore e produttore. Come si deve orientare il consumatore ? ahinoi: informandosi su quello per cui spende soldi – vale per tutti gli alimentari – ma vieppiຠper il vino, in cui sotto la stessa denominazione si celano diversissime forme del gusto. Forse si potrebbe dividere in Annata, Riserva, Riserva Speciale, secondo i gradi di invecchiamento e/o alcool, ma qui entro in un campo legislativo che non é il mio. Forse meglio comunicare (Consorzio ed altri) che l’Amarone é un vino per tutte le stagioni e che già¡ due anni di invecchiamento sono sufficienti, per certe tipologie, volumi e scelte aziendali, a fornire un Amarone pronto da bere.

  3. Gentile signora Carla, Le scrivo non solo per risponderle ma per farle sapere che lei aveva vinto uno dei premi del nostro gioco Vintrovabile. Purtroppo spedire messaggi alla sua mail è risultato impossibile. Ho provato anche stamani e tornano indietro. Mi faccia sapere un modo per contattarla. Mi mandi una mail personale a carlo.macchi@winesurf.it. saluti

  4. Leggere che l’Amarone, poichè deriva da appassimento, sarebbe pronto da bere subito, mi suona come una licenza alla pedofilia.
    Andiamo pure avanti cosà¬, massacriamo tutto: poi quando anche l’Amarone non varrà  più nulla per tutti, forse qualche produttore si batterà  il petto recitando il mea culpa. Troppa produzione, idee confuse, mancanza di senso del futuro…e bravi veronesi!

  5. Se ben conosco Carlo Merolli nella prima metà  del commento c’è la chiave per chi vuole comprare e, forse, bere un “AMARONE” (“forse” per alcuni dubbi sulla bevibilità  di alcune interpretazioni), nella seconda un velato consiglio su come far fuori qualche milione di bottiglie di amarone (ormai prodotte e da vendere) da parte di una persona che vende all’estero Amarone da 35 anni, quindi almeno 25 anni prima che avesse successo commerciale. Il consumatore, e quello interessato più degli altri, ha oggi i mezzi per comprare bene evitando pedofilia e furti. I disciplinari sono fin troppo rigidi, i controlli pressanti, ma nulla dicono e fanno riguardo alla differenziazione delle origini. Dai francesi e dai loro bicentenari “grands crus” dobbiamo, purtroppo, ancora imparare molto. Si pensi solamente che la legislazione ha sostituito, oggi, VQPRD (prodotto in regione determinata) con DOP dove l’origine, semprechè “protetta”, non riporta più “determinata” (viene quasi il dubbio che sia stato fatto a posta). All’appassionato che storce il naso davanti ad un amarone 2008, posso consigliare di consultare una qualsiasi guida di 20/30/40 anni orsono : forse non troverà  la miglior qualità , ma certamente tanta esperienza e l’indicazione di dove storicamente si faceva Amarone, quindi delle zone vocate.

  6. Dunque, sono state dette molte belle cose. vediamo di metterla in fila. Sicuramente un Amarone immesso al commercio dopo due anni non è (o non dovrebbe essere) un Amarone cattivo ma un Amarone pronto da bere, magari con meno potenza e più sana ruffianeria, quindi adatto ad un consumo facile, immediato. Invece gli Amarone che entrano in commercio dopo 3-4 anni sono vini impostati in maniera diversa. Molto più strutturati potenti, magari anche più alcolici, puntano alla longevità  pur strizzando l’occhio (grazie alle dolcezze dell’appassimento) ad un consumo immediato. Non è certo un male che in una DOC vi possano essere vini con prospettive diverse, bisogna solo chiarirsi sulla comunicazione. In Italia l’Amarone è visto come vino da grande invecchiamento, anche se non ha certamente la storia per imporsi come tale. Ad imporlo è stato un buon marketing ed alcune caratteristiche innegabili. In realtà  poi l’Amarone è proprio un vino da grande invecchiamento, forse più oggi che 10-15 anni fa. Se da altre parti, dove magari come aperitivo si prende un whisky, l’amarone è visto anche come un vino piacevole e da tutto pasto, ben vengano i Carlo Merolli di turno che lo propongono come tale. La comunicazione consortile dovrebbe però essere imporntata ad una chiarezza assoluta, cosa che con una manifestazione chiamata “Anteprima Amarone” non salta subito agli occhi.

  7. diciamo subito che molto è stato fatto, negli ultimi anni, per valorizzare e promuovere l’Amarone, vedi fascetta per ogni bottiglia e limite massimo di uve da mettere a riposo, ma molto c’è ancora da fare.
    Per esempio, e lo si diceva proprio all’ultima Anteprima tra colleghi della stampa e produttori, la necessità  di alzare di almeno un anno il periodo di invecchiamento da disciplinare.
    Almeno per la docg e proprio per limitare questi spiacevoli inconvenienti che possono minare l’immagine dell’Amarone nel mondo. Un altro problema riscontrato da molti è quello sul suo prezzo di vendita finale. Calcolato, per chi compra in azienda, si va da dieci a più di cento euro alla bottiglia, mentre per il tradizionale Valpolicella Classico si rimane quasi sempre intorno ai cinque/sei euro.
    In molti caso anche questo è dovuto al fatto che diversi tempi di invecchiamento, oltre che di terroir, corrispondono molto diversi prezzi di vendita.
    E su questo, inevitabilmente prima o poi, bisognerà  dare una risposta concreta.

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