Trentino fa rima con spumante…. meno con Muller Thurgau.4 min read

iniziamo ruotando sul numero tre, come le lettere iniziali di Trentino e anche come le tre tipologie di vini secchi assaggiati nei tre giorni passati a Trento e dintorni. Trento DOC Metodo Classico, Nosiola e Muller Thurgau (avevamo anche il Vino Santo Trentino ma a questo dedicheremo spazio in un secondo momento) sono stati degustati dalla nostra commissione, ovviamente composta da tre persone (il sottoscritto, Alessandro Bosticco e Pierlorenzo Tasselli), nella sede della Camera di Commercio che si trova a pochi passi dal bellissimo Castello del Buonconsiglio, al numero (giuro, parla di lupetto!!!)  3 di Via Suffragio.
Adesso, pur staccandoci dal numero tre, continueremo a dare i numeri. Il vitigno Trentino DOC arriva a quasi 9000 ettari, di cui quasi il 60% è a bacca bianca. I due vitigni bianchi più piantati sono Chardonnay e Pinot Grigio, che assieme coprono circa il 75% del totale. Il Muller Thurgau, buon terzo, invece arriva quasi a 700 ettari mentre la Nosiola non riesce a superare i 100 ettari. Cosa potremmo dedurre da questi dati: in prima istanza che il Trentino è una terra per bianchi semplici, piacevoli ed immediati, con poco spazio per le varietà autoctone. Ma frequento da troppi anni questa terra per fermarmi ad una analisi così superficiale. I vitigni suddetti sono indubbiamente adatti per vini facili ma molti segnali vanno in direzione opposta. Uno di questi è proprio il Trento DOC Metodo Classico. Non vi nascondo che prima dell’assaggio avevo qualche dubbio: molte volte in passato avevo assaggiato spumanti trentini di scarsa profondità e complessità e nonostante alcune superbe eccezioni, non mi aspettavo molto. Invece sono, anzi, siamo rimasti favorevolmente stupiti. In pochi anni le peraltro poche case spumantistiche trentine hanno fatto passi da gigante ed oggi propongono al mercato vini con nerbo, freschezza e buona profondità. In alcuni casi abbiamo trovato spumanti di grande potenza e complessità e comunque sempre prodotti per niente scontati. L’unico problema, anche se la produzione è sopra i sette milioni di bottiglie, può essere dato dal ristretto numero di produttori e dalla massa che tutti assieme (se si escludono i giganti come Ferrari, Cavit e Mezzacorona) possono immettere sul mercato. Ci sarà quindi bisogno di un’allargamento della base e non mi sembra cosa facile nel breve periodo. Le uve per fare Metodo Classico ci sarebbero, perchè dello chardonnay prodotto solo un quarto oggi va per bollicine, però senza nuovi soggetti che scendono in campo il rischio è di presentare più che una regione, solo alcuni grandi e nobili marchi. Un altro problema, secondo me molto più grave, l’ho trovato guardandomi intorno e osservando troppe pompe da irrigazione in funzione. Una viticoltura di qualità non può che passare attraverso una diminuzione delle pratiche irrigue e magari anche dei tanti, forse troppi trattamenti in vigna. Qui devono scendere direttamente in campo le grandi cooperative, che sino ad oggi ad onor del vero hanno fatto grandi cose per presentare al meglio i vini trentini. Adesso la loro attenzione dovrebbe rivolgersi più verso l’interno, a quei produttori quasi adagiati sulle ottime remunerazioni che da anni spuntano per le loro uve. Credo che sia il momento per togliere acqua, trattamenti e soprattutto per dare il definitivo scrollone a chi produce uve come se facesse mele o cavolfiori. La riprova di ciò è nell’assaggio dei Muller Thurgau 2006, vino oramai conosciuto e senza grossi problemi di vendita, che ha trovato nella Val di Cembra una connotazione, anche di immagine, ideale. Ebbene quasi tutti i vini degustati non si sono distaccati da una sufficienza risicata, ma soprattutto hanno mostrato corpi troppo eterei e profumi poco definiti, come se il Muller venisse bene da solo, senza che il produttore ci debba mettere del suo. Molto più interessanti, sotto tutti i punti di vista, Le Nosiole 2006. Sicuramente il vitigno non è un fulmine di guerra ma in quasi tutti i vini degustati abbiamo trovato attenzione, rigore, voglia di fare e di dimostrare che  con questo vitigno autoctono si possono avere ottimi vini bianchi, adatti anche ad un breve invecchiamento. Una bella conferma per uno come me, che ha sempre visto in questo vitigno un’ alternativa seria a tante uve internazionali ed internazionalizzate, che portano con sé ben poco del carattere di questa terra. Per i risultati delle degustazioni dovrete avere ancora qualche giorno di pazienza: arriveranno dopo la metà di luglio, proprio nel momento più caldo dell’estate, quando una fresca Nosiola o un calice di Trento Classico,(vabbé, anche un Muller….) potrebbero essere la cosa giusta al posto giusto.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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