Sicilia: vini buoni ma……3 min read

La nostra prima degustazione di vini siciliani si è incentrata sui rossi delle annate 2004 e 2005, ed in particolare sul Nero d’Avola, vitigno che riteniamo “ambasciatore” di questa grande realtà vinicola. Il resto dei vini provengono quasi totalmente dalle solite uve internazionali e solo pochi campioni toccano realtà importanti come Il Cerasuolo di Vittoria (nuova e prima DOCG isolana con l’annata 2005!) ed il comprensorio dell’Etna, a cui dedicheremo assaggi specifici.
Veniamo al Nero d’Avola: la degustazioni ci ha presentato vini corretti, ben fatti, quasi sempre equilibrati ma che in troppi casi ricordavano ben poco il vitigno di provenienza. Questo, che per noi è un bel problema, si ritrova sia nei vini base che in quelli importanti e crediamo sia causato da un insieme di fattori. Quattro o cinque anni fa molti produttori siciliani mi avevano fatto questo tipo di discorso: “Vedrai Carlo, tra qualche tempo presenteremo al mondo i nuovi cloni di Nero d’Avola, con profumi e caratteristiche completamente diversi dalla vecchia tipologia.” Questa frase mi metteva più paura che altro, visto poi che la cosa si è puntualmente avverata. Ligio al dettato andreottiano che “A pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina.” io posso anche credere che i Nero d’Avola che non sanno di Nero d’Avola vengano fuori da nuovi cloni e da studi importanti e seri. Nessuno però mi può togliere dalla testa  un percorso del genere: l’azienda X pianta in qualche parte della Sicilia un bel numero di ettari di vigneto, tra cui molto Nero d’Avola, visto che il mercato lo richiede. Ma questa richiesta su vigne spesso troppo giovani, porta a produzioni alte che diluiscono il prodotto e fanno perdere le caratteristiche del vitigno. Se invece la stessa azienda deve anche produrre un Nero d’Avola di punta allora cerca di lavorare diversamente, di avere uve migliori da portare in cantina. Purtroppo la sempre giovine età dei vigneti porta uve non certo adattissime per l’invecchiamento. Ma ci sono varie strade che partono da un’aggiunta autorizzata (siamo tutti IGT!) di altre uve, per arrivare all’uso del legno che copre ed armonizza il tutto. Si presenta così  al mercato un “nuovo” Nero d’Avola, dai profumi particolari etc.etc. Non so quanto queste mie ipotesi siano lontane dalla realtà: spero molto, anche se…… “Andreotti docet”
Sul fronte dei vini da vitigni internazionali ci siamo trovati ad assaggiare prodotti indubbiamente buoni con delle marche aromatiche e gustative che ricordano vini di zone molto più fresche. Questo è una caratteristica che trovo da diversi anni nei vari Merlot-Cabernet-Syrah  siciliani di alto livello e che è esplicativa di come il clima isolano, in certe zone, possa essere molto diverso da come ce lo immaginiamo. Recentemente ero sull’Etna ed ho toccato con mano una viticoltura che sembra quasi altoatesina, specie nei cosiddetti uvaggi bordolesi. Quest’assaggio ne è la conferma indiretta. Il rischio è magari quello della perdita di identità ma bisogna anche dire che quasi tutti questi vini sono molto immediati e piacevoli, cosa che, in un mercato fatto di vinoni monolitici, non guasta.
Due parole sul Cerasuolo di Vittoria che ci ha proposto alcuni vini veramente degni di nota. Alcuni lo hanno rivisitato in chiave moderna. Per adesso non ci sembra che esca dal seminato della tipologia anzi, certi ammodernamenti lo hanno reso più immediato senza snaturarlo. Speriamo solo che non si vada molto oltre.
Una nota sui prezzi: non siamo certamente al tre per due! Forse mancavano all’appello alcune cantine sociali che hanno fatto scuola ma non trovare un vino sotto i 7€ in enoteca ci ha fatto abbastanza impressione. Vuol dire che il prodotto si vende tutto………
Per concludere: la Sicilia si è mostrata ancora quell’enorme serbatoio di buoni vini che tutti conosciamo. A questo punto occorrerebbe una maggiore caratterizzazione sui vitigni autoctoni: forse il tempo e vigneti più vecchi ed adatti alla bisogna ce la porteranno.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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