Barolo 2008: buono ma.. largo alle menzioni “umane”5 min read

A Natale tutti parlano di brindisi e di bollicine e per questo, bastian contrari da sempre, dedichiamo questo spazio “vinoso” ai risultati e ai commenti dei nostri assaggi di Barolo.

Anche qui abbiamo seguito la solita trafila dei Barbaresco. Prima assaggi a maggio (Nebbiolo Prima) secondo assaggio a novembre (Con gli IGP) ed alcuni riassaggi per chiarirsi meglio le idee. Il risultato è un pacchetto di quasi 250 barolo del 2008 che, se non sono esaustivi al 100% della denominazione, certo un quadro piuttosto chiaro lo mettono in mostra.

Iniziamo subito con la media stelle che, neanche a farlo apposta si attesta a 2.69, cioè praticamente la stessa dei Barbaresco 2009 (2.63). Questo vuol dire ben poco se non che oramai questi due grandi vini viaggiano su livelli qualitativi veramente alti.

 

Dieci  vini a 4 stelle (4.08%), trenta a 3.5 (12.24) e ben ottantacinque a 3 stelle (34.7%) sta a testimoniare che oltre il 50% dei vini assaggiati viaggi su livelli alti o altissimi e che comunque un altro 26.5% (65 vini)che ha preso 2.5 stelle può sicuramente migliorare nel tempo. Insomma l’annata 2008 mostra buone o ottime caratteristiche spalmate su quasi tutta la produzione. Ma quali sono queste caratteristiche? Prima di tutto dei nasi non proprio finissimi ma ben bilanciati e una tannicità abbastanza viva ma non certo austera e quasi monolitica come nel 2006. Un’annata che, almeno sulla prontezza ricorda il 2007 e che, se dovesse avere un voto da 1 a 10, potrebbe tranquillamente piazzarsi attorno a 7.5/8-.

 

Normalmente adesso ci metteremmo  a parlare delle differenze tra i vari comuni ma questa volta vogliamo fare una cosa diversa. L’ispirazione a quello che stiamo per scrivere ci è venuta da Vittorio Manganelli, grandissimo amico e profondo conoscitore di Langa, che nei mesi scorsi ha pubblicato un articolo sulle menzione geografiche (vedi qui) che subito non abbiamo commentato proprio perché ci aveva fatto accendere una lampadina…a orologeria. Vittorio in quell’articolo propone una sua personale e molto condivisibile divisione qualitativa delle Menzioni Geografiche che, messe in campo senza parametri  di valore effettivo rischiano di fare più confusione che altro. Vittorio prova a metterci ordine e stila una classifica di valore di questi crù.

Se sarà impossibile mettersi d’accordo su una classificazione le menzioni potranno invece servire a lasciar perdere quella stravecchia e ormai superata divisione per comuni che tutti citano ma che oramai serve a ben poco. Sto parlando di quella filastrocca che, partendo dai più eleganti ai più potenti recita : Barolo, Castiglion Falletto, La Morra, Monforte e Serralunga. Ad ogni dove si sente glorificare l’eleganza dei Barolo di Barolo, la potenza di quelli di Serralunga, la finezza dei nati a La Morra etc.

Secondo me sarebbe l’ora di smetterla di fare queste suddivisione generaliste perché non rappresentano più la realtà. Molto meglio parlare di una menzione (quando questa ha però senso, vedi Bussia, diventata quasi una provincia autonoma) o ancor meglio del modo di fare vino di un singolo produttore….ma andiamo con calma.

La mia potrebbe sembrare una battaglia di assoluta retroguardia, con tanta di quella muffa e fuffa attaccata che la metà basta ma…Alla cosa sto rimuginando da diversi anni: ad ogni assaggio dove i barolo sono divisi per comune regolarmente mi imbatto in barolo del comune di Barolo con tannini duri e potenti e , al contrario, in vini di Serralunga magari tannici ma molto più pronti e godibili dei cugini. Per non parlare di La Morra e Monforte, vini magari (ma non è proprio scontato) futuribilmente più eleganti di altri ma per un bel periodo non certo più pronti, fini e piacevoli. Dove sta il problema? Il “problema” se così si può chiamare è la variabile umana che, a seconda di come imposta vigna e vinificazione porta inevitabilmente a premere più o meno l’acceleratore su potenza o eleganza, su prontezza o su grande longevità.

Per questo, tanto per tornare all’esempio di prima,  da anni trovo dei Serralunga molto più pronti di tanti vini di Monforte o La Morra! In questi due comuni troviamo tanti che oramai definire modernisti è più che superato, ma che comunque lavorano in vigna e in cantina in maniera molto diversa da quelli che definire tradizionalisti è altrettanto superato.

La tecnica, quella buona, oramai è praticamente in tutte le cantine di Langa ma sembra che nessuno si renda conto che  produrre uva in maniera più moderna e vinificarla con particolari attenzioni porta a produrre spesso delle Ferrari (peraltro volute dal mercato) mentre si pensava ad una volvo familiare.

Basta avere una resa leggermente inferiore, macerare per qualche giorno in più o in meno, usare legni piccoli e nuovi al posto di botti grandi ed i vini, magari provenienti dallo stesso vigneto, saranno molto diversi. Questo oltre alle notevoli differenze di terreno, climatiche e di esposizione, che in Langa non seguono certo i confini comunali.

In definitiva: credo che le menzioni geografiche, aldilà del valore qualitativo che gli andrebbe attribuito  (Vittorio ha fatto bene a lanciare il sasso)  servano per scappare da questa generalizzazione che oltre ad essere falsa, rischia di risultare fuorviante.

Quindi d’ora in avanti lasciamo da parte le vecchie divisioni comunali e iniziamo ad usare veramente le menzioni, valutandole però assieme all’essere umano, perché ogni produttore di Langa fonde la sua conoscenza tecnica nel proprio particolare vigneto  e non si limita a fare “solo” un vino elegante perché ha la vigna a Cannubi o uno potente perché ha una giornata piemontese in  Vigna Rionda.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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