Allevamenti o agenzie di viaggio per maiali?5 min read

Lungi da me di parlare (visti i tempi) di turismo sessuale. Con questo titolo mi riferisco a quello  che ha scritto Maddalena Mazzeschi sul contratto di soccida in questo bell’articolo. Le sue parole mi hanno prima stupito e poi fatto arrabbiare di brutto, perché sono anni che sotto il mio naso (e sotto quello di tanti altri appassionati di gastronomia “Slow”) accade questo vero e proprio scempio mentre continuiamo a riempirci la bocca con filiere corte, chilometri zero, etc. etc.

In breve: oramai a livello industriale, che è quello che alimenta la stra-stragrande maggioranza di noi  abitanti dei cosiddetti paesi industrializzati, le cosiddette “carni da macello” non si allevano e si macellano nello stesso posto. Questo per problemi legislativi (come in Olanda) e/o semplicemente perché costa meno.

Viene così inventata la soccida nella quale io, allevatore-macellatore (qualche volta anche trasformatore) di animali ad uso alimentare (soprattutto polli, tacchini, suini e ovini) rendendomi  conto che non conviene più allevare in proprio ma farlo fare ad altri in zone dove questo servizio, (grazie forse a leggi più permissive) costa meno, affido i miei animali ad un allevatore, di solito estero.  Così dall’Olanda, dal Belgio, dalla Germania  sono anni che arrivano camion stracarichi di animali appena nati, per essere allevati nel nord o nel centro Italia. Una volta cresciuti ed ingrassati a dovere riprendono il loro bel camion (e due viaggi!) e tornano in Olanda, Belgio o Germania per essere macellati. Ma non finisce qui: le carni fresche macellate possono tranquillamente riprendere la strada dell’Italia ( e tre!), magari per produrre prosciutti, salumi o per essere destinate alla vendita. Nel caso vengano trasformate in insaccati o prosciutti possiamo anche trovarci di fronte al quarto viaggio verso il nord Europa, dove amano tanto i salumi “Made in Italy”.

Alla faccia della filiera corta e senza che nessuno dica niente!!! Addirittura in Italias ci sono allevamenti specializzati solo nella prima fase di crescita e strutture adatte solo per gli ultimi mesi (o giorni per i polli) di ingrasso. Così, per esempio, il nostro maialino fa più chilometri di un frequent  flyer , passando dal luogo di nascita (mettiamo Olanda) ad un primo allevamento in Italia, successivamente  ad un secondo, per chiudere il cerchio tornando a casa nei Paesi Bassi.

Ma la cosa non si ferma qui: il nostro maialino olandese  non viaggia “nudo” ma accompagnato da una specie di valigia dentro cui si trovano il mangime che deve servire per tutto il periodo dell’allevamento nonchè  le medicine da somministrargli per farlo crescere “forte e sano”.  Così accanto ai camion con gli animali viaggiano anche i camion con i mangimi e le medicine. Sarebbe magari più semplice comprare il tutto vicino agli allevamenti ma molto spesso i proprietari degli animali sono anche produttori di mangimi e quindi…

Così ci sono zone della nostra bella Italia ridotte praticamente a stalle in conto terzi. Per esempio, solo in Provincia di Perugia oramai si allevano quasi un milione di maiali in soccida e la cosa non sembra tendere a diminuire, nonostante i problemi che l’allevamento comporta. Infatti se i maiali (o i polli) vanno e vengono la cacca (sic!) resta e deve essere smaltita. Questo è un grosso problema perché, come oramai ci hanno insegnato, uno delle attività più inquinanti del pianeta è l’allevamento degli animali ed il relativo smaltimento dei rifiuti.
Quindi, cari lettori, grazie alla soccida veniamo inquinati più volte: dalle migliaia di camion che viaggiano giornalmente sulle nostre strade per portare e riportare gli animali e dalla cacca che, in quantitativi sempre più industriali, non si sa come fare a smaltire e,  nel migliore dei casi, rischia di filtrare nel terreno ed inquinare le falde.

Ma c’è di più: oltre a viaggiare molto gli animali allevandi o allevati viaggiano anche male e spesso arrivano a destinazione disidratati, in condizioni critiche, per non dire già morti.

Tutto questo a causa di questo stramaledetto contratto di soccida, che sostituisce alla normale pratica di allevarsi gli animali dove servono (ed eventualmente di far viaggiare carni già macellate e/o lavorate, con notevole diminuzione di costi) il  portarli e riportarli a migliaia di chilometri di distanza.

Si assiste poi a scenette divertenti, come constatare che un Comune Slow come Castiglion del Lago si ritrovi sul suo territorio ben 45 mila maiali in soccida (tre maiali per ogni abitante) e  grossi problemi di smaltimento rifiuti.

Un associazione attenta come Slow Food, che fa della filiera corta e dell’etica alimentare una sua personale e giusta lotta, non può permettere nei comuni che si fregiano del suo marchio l’attuarsi di questi odiosi meccanismi, all’opposto di tutte le loro idee. Inoltre, prima di pubblicizzare o addirittura di ospitare al Salone del Gusto salumifici vari, grandi o piccoli, sarebbe forse il caso di informarsi su come e dove si approvvigionano di carni e, nel caso, rompere ogni rapporto? 

Ma oltre al danno la beffa. Chi alleva in soccida (soccidario) non ha il minimo interesse alla vendita del suo prodotto in loco, perché tanto viene ritirato regolarmente dal soccidante, cioè dal proprietario degli animali. Anche se volesse non potrebbe perché il soccidario viene pagato un tot al chilo di ingrasso e se arrivano cento maiali altrettanti devono ripartire. Così in una regione come l’Umbria, famosa per la sua norcineria, la stragrande maggioranza dei maiali allevati non può essere utilizzati se non dopo, per esempio,  aver fatto il tragitto Perugia-Amsterdam-Perugia.

Ultime annotazioni: ma i mangimi che i nostri polli, maiali etc si portano da casa, non saranno mica quelli alla diossina di cui si è tanto parlato? Chi controlla? Chi ci fa sapere qualcosa di certo?
Inoltre un maiale che nasce in olanda, viene allevato in Italia, riportato e macellato in Olanda, rispedito in quarti in Italia, al momento che va sullo scaffale (come carne fresca, prosciutto o salume) l’etichetta, alla voce “Nazionalità” cosa riporterà: Italia, Olanda o più semplicemente “Apolide”?

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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