Degustator: seconda parte6 min read

E dopo il fegato d’oca vennero le aragoste, dopo le aragoste i formaggi di fossa (una specie di formaggi morti, seppellitti e poi riesumati. Pare che tutti i produttori di questa tipologia di formaggi si chiamino Lazzaro e vantino esperienza secolare) e poi le carni più strane.  Dal canguro, che va mangiato in piedi saltellando per integrarsi con lo spirito dell’animale, allo struzzo (da gustare con la testa infilata in qualcosa di stretto), al formichiere (solamente da inalare modello striscia di coca), passando per il coccodrillo(che da quanto è buono ti fa piangere di gioia), la iena maculata (da abbinarsi invariabilmente con il riso), per giungere all’armadillo imperatore ed al ghepardo, carne preferita da tutti i fast food del mondo.

Poi i pesci, dai più piccoli che per mangiarli occorreva munirsi di lente d’ingrandimento per distinguerli dalle briciole di pane, sino ai mastodonti del mare (ovviamente già affettati o sporzionati).

Ma accanto a questi animali strani ma conosciuti abbiamo assaporato carni di bestie particolari. Come il nuovo prosciutto italiano da maiale rosa. Un tempo questo animale, originariamente di “Razza Marx” aveva carni rosse ed era restio ad ogni forma di governo, tanto che si cibava esclusivamente di ghiande provenienti da quercie di tipo Pre- Occhettiano. Oggi invece lo si trova nelle zone abitate, sempre vicino ad un podere ( o potere, non riuscivo mai ha capire bene la T e la D nello strano modo che aveva Deg di parlare) intento con il muso a grufolare nei moderni pastoni e pastette. Ovviamente le carni hanno perso in nerbo e consistenza ma, forse proprio per questo hanno trovato molti altri sbocchi di mercato.

Buonissimo è anche il pesce Clinton, di forma cilindrica leggermente ingrossata all’altezza della testa. Si trova nelle acque dell’Atlantico del nord, molto vicino alle coste degli Stati Uniti. Proprio in questo stato però ne è stata proibita la commercializzazione dopo uno scandalo, dovuto probabilmente ad eccesiva manipolazione delle carni, che ha coinvolto il più grande distributore del paese.

Di ogni genere alimentare Deg ci parlava per ore, ce ne spiegava le caratteristiche, i pregi e i difetti e ci presentava le varie scuole di pensiero sul come cucinarlo.

Purtroppo Fidel lo interrompeva spesso con battutacce che lo facevano imbufalire. Per esempio, durante la lezione sul bue di Kobe, quella bestia sfigata che in Giappone viene tenuto imbracato e sospeso da terra per tutta la vita massaggiandolo regolarmente con la birra, Fidel chiese che tipi di gru venivano usate per permettergli di montare “quella vacca di Kobe” e se i vitellini di Kobe, quando nascevano, venivano presi al volo oppure battevano delle orribili gropponate in terra.

Ma bene o male si giungeva sempre alla fine della parte teorica. I veri problemi iniziavano quando si iniziava a mangiare, pardon a degustare. Sia io che Fidel, dopo aver ascoltato per ore discorsi sul cibo avevamo una fame astrale e ci fiondavamo su tutto quello che arrivava in tavola. Deg cercava di bloccarci perché per lui i cibi andavano assaporati a poco a poco e invariabilmente scoppiava un tafferuglio alimentare di proporzioni bibliche.

Regolarmente ne uscivamo vincitori ed altrettanto regolarmente Deg ne usciva sconfitto e spesso con danni fisici. Infatti quasi sempre buona parte del cibo (nonché dei piatti) finiva per essere lanciata contro il malcapitato istruttore e nei giorni in cui c’erano le ostriche Deg venne ricoverato in ospedale per tagli ed escoriazioni in tutto il corpo dovute ad un utilizzo improprio delle ostriche chiuse, da parte di un Fidel incazzatissimo e super affamato.

Ma quando la nostra fame si era placata mi divertivo a guardare Deg mangiare. Come ho  accennato prima lui non mangiava mai, degustava. Ne prendeva una minima quantità, la odorava da tutte le parti per minuti emettendo strani miagolii e poi la infilava in bocca. Ma non la masticava, per un po’ di tempo sembrava quasi che avesse l’ostia consacrata e che temesse di morderla. Naturalmente i mugolii potevano crescere di intensità oppure trasformarsi in un sordo brontolio a seconda se il cibo fosse o meno di suo gradimento.

Fidel non si faceva mai scappare l’occasione di sfotterlo ma Deg rispondeva per le rime ponendo l’accento sui grugniti di piacere che il bambino (bambino per modo di dire: aveva 13 anni ed era alto 1.90) emetteva tutte le volte che mangiava.

 

Non vi ho detto nulla sulla sezione vini ed abbinamenti gastronomici. Anche qui Deg non si limitava a  parlarci dei vini più conosciuti, ma la lezione era sempre su vini stranissimi, carissimi ed introvabili. Ma questo ci è stato davvero utile e devo dire che mi sono fatta una certa conoscenza nella materia. E così abbiamo assaggiato lo Yetiwine, prodotto a 6500 metri di altezza sull’Himalaia, con un gusto che definirlo abominevole e fargli un complimento. Si abbina perfettamente però a ghiaccioli, gelati e alpinisti.

Poi abbiamo avuto la fortuna di gustare il Bianco delle Bermude, nella sua classica bottiglia triangolare: vino dal gusto indefinito ha come particolarità quella di potere, a suo piacimento scomparire dal tavolo dove viene bevuto, scatenando così invariabilmente discussioni al momento del conto.

Uno dei vini che è più piaciuto a Fidel è l’ “America Boia e Guerrafondaia”, rosso dal corpo esplosivo prodotto ad Alamogordo, nel deserto di Jornada del Muerto in New Mexico  ed affinato per anni in acceleratori di particelle.

Il piccolo si è poi scoperto con una predilezione per questa tipologia di vini. Ama molto infatti anche il ChernoVyn, proveniente dalla Russia e fatto spremendo le spine di strani cactus a forma di vite. La sua morte è abbinarlo con la nana muta, anzi mutante.

Io prediligo invece vini più leggeri come l’air-bag wine, vino morbido e avvolgente in cui viene sempre voglia di infilare il naso: molte case automobilistiche lo forniscono di serie sui loro modelli di punta.

Ma sui vini dolci sia Io che Fidel ci troviamo perfettamente d’accordo. Le nostre preferenze vanno al “Tu es Petrus” prodotto per me quasi divino. I grandi esperti lo considerano la vera pietra miliare, il capostipite dei cosidetti Vin Santi. Questo vino, prodotto nella lontana Galilea da un gruppo di agricoltori un tempo dediti alla pesca, non ti tradisce mai. Per essere comunque veramente certi di ciò si sconsiglia di abbinarlo a carne di gallo.

Ma perdendomi a parlare di vino ho tralasciato il racconto che però è giunto quasi alla fine.

Ma questa parte mi sembra giusto farvela raccontare da lui, dal mio amico.

 “Deg! Smetti di ingozzarti come un maiale di crema di arachidi e Nutella, lascia stare la pappa del cane che ti fa venire i bruciori di stomaco e vieni a dire a questi nostri amici come ti trovi bene qui con noi!

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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