Claudio Rosso: è dura ma io ci provo!12 min read

Ad un anno dal mandato abbiamo intervistato Claudio Rosso,  Presidente del Consorzio Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe, Roero. Ne è venuto fuori un bel botta e risposta con domande pepate e risposte all’altezza.

 

Presidente da un anno, lo rifaresti?
Ci penserei un pochino perché non immaginavo di capitare in una situazione così delicata e difficile, che richiede oltre a una grande pazienza e disponibilità ad ascoltare posizioni diverse, moltissimo tempo. E’ anche il mio mondo, non c’è che dire, ma l’impegno è comunque grande.

 

Consorzio Barolo Barbaresco Alba Langhe e Roero. Manca la Sardegna per rifare lo stato sabaudo. Quando è che vi date un nome con maggiore “appeal”?
Questo e vero, ma bisogna pensare che storicamente si viene da unificazioni di consorzi diversi. Qualcuno si domanda anche se un’associazione consortile unica sia giusta, perchè magari un consorzio Barolo e Barbaresco potrebbe lavorare in maniera diversa. Io credo comunque che la zona dell’albese raccolta intorno ad un solo consorzio sia una possibilità da non perdere. Che si debba presentarlo in maniera più semplice mi è chiaro ma è comunque una cosa difficile. Come chiamarlo? Forse dovremmo dare un premio al giornalista che ci troverà il nome adatto. …
Sono convinto che il nome centrale sia Alba, semplice ed esprimibile in tutte le lingue. Però questo è anche un territorio che ha vissuto di campanili. Più che di Alba dovremmo parlare di “Repubblica di Alba”, con dentro varie sottozone. Pensa un po’ che pur con il nome così lungo ci sono discussioni perché non mette abbastanza in risalto il Roero DOCG ……

 

Erga Omnes: in quanto tempo riuscirete a monitorare tutti i vigneti.
Il discorso dei vigneti mi lascia abbastanza tranquillo, perché il lavoro che sta facendo la Regione e la Provincia è notevole. Credo che nell’arco di un anno il monitoraggio sarà  completo. Addirittura, parlando di piano controlli, stiamo pensando (sempre in capo ad un anno) di diminuire la quota a carico della parte viticola proprio perché tutta una serie di controlli potrebbero essere non più necessari. 

 

E quindi, sempre ci sia, quale è per voi il problema legato dell’Erga Omnes?
Riguarda il piano dei controlli nel suo insieme, soprattutto per quelli in cantina. Il piano dei controlli, che però chiamerei più volentieri certificazione, è fondamentale: ma anche se  il Piemonte e la provincia di Cuneo hanno lavorato bene negli scorsi anni il meccanismo non è completo. Il lavoro che è stato fatto, in particolare dalla Camera di Commercio, ha ancora qualche buco soprattutto per quanto riguarda la movimentazione dello sfuso.
 

Passiamo ai vostri amati Cru di Barolo. Sul problema di mapparli per poterli poi riportare in etichetta c’e chi sostiene che bisognerebbe segnalarli tutti, come a Barbaresco, e chi invece vorrebbe censirne solo pochi, i più importanti. Il Consorzio cosa pensa?
Questa discussione è attualissima. Abbiamo fatto una riunione nei giorni scorsi e mi sono impegnato a portare avanti una modifica al disciplinare del Barolo nei tempi più brevi possibili. La situazione è questa: adesso la Camera di Commercio non può rilasciare l’autorizzazione a riportare un cru in etichetta se non è normato dal disciplinare.
Anche se abbiamo verificato che tra i produttori ci sono punti di vista diversi,  noi non possiamo lasciare le cose così come stanno. Io credo, per come si è lavorato sul Barbaresco e per come il Ministero interpreta le Menzioni Geografiche, la strada sia di mappare tutti i cru e di poter dare come seconda opzione (quasi a caduta n.d.r.) la possibilità della Denominazione Comunale (quindi es: “Cannubi” nel primo caso e “Barolo di Monforte” nel secondo, n.d.r.). C’è da dire che la mappatura del territorio porta con se una grande fiducia nel lavoro tecnici che vanno a autorizzare vigneti,  perché non li permettano in posti non adatti.

 

Tra Cannubi e ed un cru secondario ci sarà sempre comunque una bella differenza. Come si fa a spiegarla al consumatore?

Il valore del cru è dato dal valore del vino e come questo nel tempo sia stato apprezzato e divulgato. Noi non possiamo fare una scala di valori, ma una mappatura, indicando tutti i nomi che fino ad ora sono stati usati ed evitando che se ne possano creare altri in modo abusivo. Spero nell’arco di pochi mese, massimo tre, di trovare un percorso condiviso da tutti e poi portare il tutto al ministero. Se ne parla da oltre 10 anni ed ora non si può più rinviare. Mi impegno entro l’estate ad arrivare in fondo a questa questione. Ci sono discussioni accanite solo su due-tre zone precise, ma non possiamo tenere fermo tutto per un contenzioso che, se non si risolverà  adesso, si risolverà in altra sede. L’eterno rinvio  può diventare l’eterno riposo.

 

Problema fascette per le DOC. Un gruppo di piccoli ma importanti produttori hanno tirato fuori alcune serie rimostranze. Come si muoverà il Consorzio?
Il parere della stragrande maggioranza dei produttori è quello che la fascetta è utile e importante.
Inoltre, aldilà di problematiche puramente tecniche (tipo che consegna, riscuote, gestisce le fascette. n.d.r.) la vera tematica  è che  le aziende hanno bisogno di lavorare al riparo da operatori che ancora nella nostra zona moltiplicano pani e pesci. L’ idea sarebbe che entro l’estate i vini DOC di Langhe e Roero abbiano la fascetta.
Resta aperto, tra l’altro, uno dei temi portati avanti dal gruppo che dicevi prima, sulla differenza percepita dal consumatore tra DOC e DOCG. Non credo sia molto grave ma è un problema da considerare. Veramente importante però è che noi proteggiamo le nostre denominazioni da vini che provengono da altre zone. Bisogna ammettere che chi ha posto delle critiche non ha mai detto di non volere la fascetta, ma ha puntato il dito su altri problemi, tipo semplificare alcuni meccanismi per facilitare il lavoro delle piccole aziende e comunque nessuno credo voglia lasciare spazio a vini di dubbia provenienza.
Pensa, che per quanto riguarda il costo del piano controlli, questo dovrebbe essere meno di 1.50€ al quintale. Cifra insignificante rispetto al valore dei prodotti e all’incremento che grazie a questo il vino potrebbe avere ed in parte ha già avuto. Se un domani si decidesse di affidare a privati questi controlli, cosa che sta emergendo adesso da alcune dichiarazioni, bisognerà stare attenti perché un controllo fatto da privati  può avere un costo molto più alto. In agricoltura biologica per esempio la certificazione di prodotto può costare anche il 2-3% del fatturato.
Ragioniamoci quindi con calma, facendo attenzione a chi, quando parla, sta magari portando acqua al mulino di qualche struttura privata, già pronta dietro le quinte per operare.

 

Nomi?

Ho in mente alcuni organismi già esistenti sul territorio nazionale. ora non credo sia il caso di andare nei dettagli… (ride)

 

Parliamo di promozione. La tua idea credo sia quella di creare un gruppo tra enoteche regionali ed altre associazioni del territorio per poter attingere ai fondi messi a disposizione da Regione, Banche etc  e così poter fare promozione. Pensi che questa sia l’unica strada per il Consorzio o che invece, in futuro, potrete andare avanti da soli?

Prima di promozione vorrei parlare di comunicazione, che mi sembra un lavoro più istituzionale per un Consorzio e dove, purtroppo, siamo all’anno zero! Non abbiamo mai lavorato per crearci, per esempio, un ufficio stampa. La mia volontà è quella di attrezzarsi perché siamo nel 2008 ed ogni giorno ne sentiamo la mancanza. Ma incontriamo dei problemi: ti faccio degli esempi: un ufficio stampa si può fare a progetto. Costa tot euro l’anno: dividiamo tra i soci e andiamo avanti. Qui il problema è che qualcuno può arrivare a dire che con questo ufficio si danno vantaggi anche a quelli fuori consorzio e lì si arena il ragionamento.
Potremmo fare allora come fanno altri consorzi in varie zone d’Italia: nel costo fascette ricarichiamo la quota per la comunicazione e promozione. Ma per  questo non siamo ancora pronti e credo sarà difficile ottenere un si da tutti i produttori, anche se sarebbe la cosa più seria da fare.

 

Quindi, prima che il Consorzio diventi  maggiorenne….

Passerà ancora un po’ di tempo. Vedi: rispetto ad altre parti d’Italia c’è un’ idea di base, non dovuta ad ignavia  ma ad un modo di vedere il consorzio come responsabile del solo settore tecnico. Le altre cose devono essere fatte fuori. Io credo che, con calma, pian pianino, poco per volta, qualcosa si dovrà fare.
Per quanto riguarda l’idea dell’associazione con enoteche e associazioni che hanno funzione di organizzare eventi promozionali, questa  nasce da fatto che alcuni enti, come la Cassa di Risparmio di Cuneo, finanzia più facilmente forme associative rispetto a quelle consortili. Facendo gruppo abbiamo anche capito che poteva diventare un bello strumento………e questo ha spaventato il mondo della politica che ha cercato di frenare questo tipo di associazione. Speriamo sia stato solo uno stop per capire cosa si vuole fare e non per bloccarci definitivamente.

 

Tutti i vini di alto livello, dal Barolo all’Amarone, al Barbaresco, al Brunello, aumentano, e non di poco, il numero di bottiglie. Come vedi questa situazione?

In una situazione mondiale di crisi, i vini di alto livello avranno sempre uno spazio. Detto questo però, per quanto riguarda il Barolo (dove è stato piantato molto) è giunto il momento di fermarsi e di ragionare sul concetto degli albi potenziali. Si tratta cioè di gestire la denominazione e di capire, dati produttivi alla mano, cosa fare. Ma facendo una cosa seria e non agendo su spinte emotive. Occorrerà prendere la mappa del Barolo, vedere dove eventualmente domani si potrebbe piantare, disegnare così un albo potenziale e stabilire, anno dopo anno, se questi impianti potranno crescere e di quanto.

 

Passiamo a temi più leggeri. Tu a casa che vino bevi?
Io bevo il Dolcetto di Diano d’Alba

 

A questo proposito: quel è il vino più misconosciuto e quello più sopravvalutato in Langa?
Non so se è misconosciuto ma a me piace molto il Pelaverga di Verduno.

 

E quello più sopravvalutato?

Mi appello al quinto emendamento!!!!!! (ride)

 

Solito giochino della torre. Dio ti convoca per dirti che è arrabbiato con la Langa e vuole distruggerla. La puoi salvare solo sacrificando un vino: quale?
Ma tu fai delle domande tremende! Comunque, se proprio devo rispondere, chiedo perdono a Massimo Martinelli e sacrifico il Dolcetto delle Langhe Monregalesi, non perché non dovrebbe esistere, ma perché credo che il dolcetto dovrebbe arrivare possibilmente ad una sola denominazione, magari con alcune sottozone.

 

Siamo quasi alla fine. Un aggettivo in positivo ed uno in negativo per ognuno di questi vini di Langa. Barolo
Nobile: in negativo un vino non immediato.

 

Barbaresco
In positivo elegante, in negativo…..non è mai riuscito a diventare una sottozona del Barolo (poi si mette a ridere) Sto scherzando!

 

Roero
E’ il sogno di una zona che ambisce a darsi prestigio, un vino in cui i produttori credono fortemente. In negativo è che il territorio è troppo piccolo per poter aver peso sul mercato.

 

Roero Arneis
Apprezzato, di successo. In negativo….c’è un vecchio detto….che credo tu sappia, ma posso dirtelo solo a microfono spento.
( Probabilmente si riferisce a quello che recita “Se è Arneis non è buono, se e buono non è Arneis” n.d.r.)

 

Questo è facile: Dolcetto
Vino del piacere quotidiano che ha come difetto quello di chiamarsi Dolcetto e di creare così una grande confusione.

 

Barbera d’Alba
Il barbera d’Alba è un grandissimo vino ed ha come difetto che ce n’è troppo poco.

 

Non sarà certo la stessa cosa per la Barbera d’Asti.
Beh.. indubbiamente lì non c’è lo stesso problema. Comunque il pregio della Barbera d’Asti è che in alcune zone più vocate, tipo Vinchio e Vaglio, è un vino strepitoso. Se viene invece piantata in pianura…..le cose cambiano di molto.

 

Langhe Nebbiolo
Vino importante per l’azienda perché gli permette di fare una giusta politica di presentazione del nebbiolo, sotto vari aspetti. Il difetto è che rientra in una denominazione “Langhe” troppo generica.

 

Per ultimi i temi etici. Non credi che, se si usano sostanze aggiunte nel vino, occorra dichiararle in etichetta.
Questo è un discorso importante. Sono convinto che alcuni prodotti, di mero lavoro di cantina, sia inutile citarli. Ma quei prodotti che potrebbero creare problemi allergici, andrebbero riportati in etichetta. Ti dirò anche che non sono per niente contrario al che si scriva una frase ricordando che si tratta di un prodotto alcolico.

 

In particolare: ci sono sostanze e macchinari di cantina che alla fine portano ad avere vini più concentrati e rotondi, quindi pronti per ottenere anche punteggi più alti dalla stampa (tipo gomma arabica n.d.r.). Non credi sia giusto, per non penalizzare chi non li usa, dichiararli?
Come prima cosa credo sia giusto che questi mezzi tecnici  o prodotti possano  essere uguali per tutti a livello internazionale. A livello locale trovo che alcuni mezzi tecnici le aziende possano usarli come vogliono loro, senza dover fare l’elenco della spesa, anche perché sono convinto che se c’è un prodotto in cui non si usano sostanze preoccupanti questo è proprio il vino.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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