Intervista a Patrizio Cencioni, nuovo presidente Consorzio del Brunello10 min read

Siamo andati ad intervistare il nuovo presidente del Consorzio Brunello di Montalcino Patrizio Cencioni, che era già stato presidente nel “post Brunellopoli”. Ne è venuta fuori una chiacchierata che ha toccato moltissimi temi del mondo Brunello.

 

 

 

Winesurf

Ancora tu, ma non dovevamo rivederci più? Battisti a parte, perché hai accettato di rifare il presidente?

Patrizio Cencioni

Non ho quasi avuto possibilità di scelta. Prima mi sono dovuto candidare perché molti giovani volevano farlo ma solo se c’ero anch’io, dopo c’è stato il plebiscito alle votazioni, ma io continuavo a dire no. Poi si è mosso il mondo…

W.

Cosa vuol dire si è mosso il mondo?

PC.

Sia da parte delle aziende, sia dalle istituzioni ho ricevuto un sacco di sollecitazioni. Considera che alle elezioni avevo ricevuto 150 voti su 200…. Così ho aspettato fino agli ultimi giorni ma poi ho “dovuto” accettare.

W.

Eri stato presidente nel momento di Brunellopoli, nel 2007-2008, quando nessuno voleva metterci la faccia.

PC.

Allora c’era stato  lo scandalo di cui parlavi, che commercialmente non è che ci abbia nociuto più di tanto perché le fascette aumentarono anche in quel periodo. Confesso che mi sono preoccupato di più quando nel 2008 cominciarono a fallire le banche negli Stati Uniti: alla fine ci sono voluti comunque due anni per riportare la situazione quasi alla normalità.

W.

A proposito di banche, i problemi di due grosse banche Come Monte dei Paschi e Popolare dell’Etruria potrebbero portare a  ripercussioni quasi da “fantagricoltura”  su Montalcino?Per spiegarsi, potrebbe succedere che un grosso gruppo estero, con la voglia di affacciarsi nel mondo del vino di qualità, decide di entrare nel portafoglio azionario del Monte, poi impone il rientro dei prestiti e  in poco tempo si impossessa di molte cantine. La vedi possibile una cosa del genere?

PC.

Forse qualche situazione critica c’è ma non sono tantissimi. L’economia a Montalcino marcia discretamente.

W.

Però si sente parlare di diverse aziende in vendita…

PC.

Si, ci sono state recentemente delle acquisizioni, anche per situazioni contingenti come alla Cerbaiona per l’età di Diego Molinari, ma indubbiamente qualche movimento  in più rispetto al passato c’è stato. Questo anche perché il marchio Brunello tira forte sul mercato e quindi è appetitoso acquistare aziende anche a cifre superiori rispetto a uno-due anni fa.

W.

Uno dei cambiamenti importanti dopo il 2007 è stato l’arrivo di diversi imbottigliatori che prima non esistevano. Come lo vede il consorzio questo cambiamento? E’ stato un passo avanti o un passo indietro?

PC.

All’inizio ci ha preso un po’ di sorpresa, perché non eravamo abituati a una cosa che comunque esiste in molte  altre importanti denominazioni, come Chianti Classico o Barolo.

Da settembre 2008, con il fallimento delle banche americane, ci fu uno stallo nel mercato USA. Poi per fortuna, passati 6-8 mesi il mercato riprese, ma in quel momento ci fu l’arrivo di diversi commercianti, soprattutto dalla Toscana.

Il prezzo dello sfuso allora non era alto e così fecero dei buoni affari. Questo portò ad un ulteriore incremento che poi si è stabilizzato attorno al milione di bottiglie, che vuol dire circa il 12-14% del totale imbottigliato. (circa un milione di bottiglie su una produzione di nove, n.d.r.).

W.

Parlavi di prezzo dello sfuso: ad oggi a quanto siamo arrivati?

PC.

Per il Brunello annata 2011 siamo sui 13 euro a litro. Ci sono richieste anche per il 2012, ma dato che la vendemmia non è stata quantitativamente importante ed in più ha avuto anche 5 stelle, probabilmente il prezzo di quest’annata lieviterà.

W.

Al 2012 avete dato cinque stelle…per la serie 5 stelle non si negano a nessuno. ma andiamo avanti. Se avessi una bacchetta magica, cosa cambieresti nel passato del Brunello?

PC.

Non è facile trovare qualcosa di preciso, anche perché negli ultimi 20 anni c’è stato un progresso di immagine e di qualità veramente notevole e rispetto a tante denominazioni abbiamo fatto passi da gigante, anche perché il Brunello non è un vino con una storia millenaria. Si è sviluppato e affermato negli ultimi 30 anni e di questi gli ultimi 20 sono stati quelli più densi e importanti. (attimo di riflessione n.d.r.) .magari essendo in tanti produttori (scherzando n.d.r.) qualcuno andrebbe “raddrizzato”

W.

Vuoi fare qualche nome?

PC.

Naturalmente la mia era un battuta! Ognuno la pensa a modo suo ma alla fine c’è sempre  intesa tra piccoli e grandi. Poi ci sono i casi isolati, che sono bravi solo loro, ma quello credo che ci sia da tutte le parti. Comunque, tornando ai cambiamenti non credo ci sia da cambiare molto, forse qualcosa nella promozione.

W.

Ma come si vota nelle assemblee del Consorzio? Un voto a testa  o cosa?.

PC.

Ci sono tre gruppi : viticoltori che hanno 1 voto fino a mille quintali di uva e poi fasce a scaglioni, produttori di vino che hanno un voto fino a 1000 ettolitri all’anno e poi gli imbottigliatori anche questi a fasce. Quasi tutti i produttori di Montalcino sono nella prima fascia e quindi hanno tre voti..

W.

Veniamo ai mercati: quale è stato quello che ha tirato di più nello scorso anno?

PC.

Da tanto tempo sono gli Stato Uniti, dove siamo arrivati ad un 30% del totale e siamo sul livello dell’Italia, poi Germania, Canada, Svizzera.

W.

E se la stessa bacchetta magica servisse per il futuro, cosa chiederesti?

PC.

Forse un ampliamento sul mercato asiatico, Giappone a parte.

W.

Da Brunellopoli in poi il “mondo Brunello” nel suo insieme ha collezionato una serie di autogol più o meno clamorosi (richieste di variazione di disciplinare, assemblee infuocate, caso Soldera, n.d.r.) eppure, scandalo dopo scandalo, il brunello è  andato sempre meglio. Come te lo spieghi?

PC.

Perchè il brand del vino e del territorio è salito in maniera esponenziale.

W.

Quindi parafrasando “parlatene soprattutto male ma parlatene!”

PC.

Infatti nel 2007-2008, fino a quando non scoppiò lo scandalo delle banche americane le fascette erano in crescita, per di più avendo in vendita un’annata non certo eccezionale come la 2003. Poi l’economia si fermò sia lì che qui, ma non certo per Brunellopoli.

W.

A proposito, ci sono in vista variazioni ai disciplinari?

PC.

I disciplinari sono stati aggiornati nel mandato precedente sia per quanto riguarda il territorio di produzione, anche in previsione di possibili accorpamenti di comuni al di sotto dei 5000 abitanti, sia dal punto di vista dell’origine geologica dei terreni.

W.

In che senso?

PC.

Nel vecchio disciplinare si diceva che il Brunello si poteva fare in tutto il comune di Montalcino che, da vecchie carte, era di origine eocenica.

Con nuove carte ci siamo accorti che alcune zone del comune, peraltro molto vocate (Zona tra Castelnuovo dell’Abate e Sant’Angelo in Colle, forse fino a Camigliano) non sono di origine eocenica e quindi si correva il rischio che uno potesse impugnare il disciplinare e dire che il Brunello fatto in quelle zone non eras Brunello perché non aveva origine eocenica. Per cui abbiamo cambiato il disciplinare dicendo che il Brunello si può fare solo nel comune di Montalcino, stop.

W.

Sono previste delle zonazioni a Montalcino?

PC.

No. E’ prevista solo una carta molto particolareggiata del territorio.

W.

Quindi le MGA modello Barolo non verranno prese in considerazione

PC.

A Montalcino c’è talmente differenza di terreni nell’arco di pochi metri che non è assolutamente possibile fare una zonazione o delle menzioni, perché dovrebbero essere realmente di pochi metri quadri, delle vere e proprie “micromicrozone”.  Credo che il 90% e più dei produttori non ne voglia nemmeno sentir parlare.

W.

E arriviamo alle “Degustazioni Precox”. Cioè giornalisti che assaggiano prima di altri, che ricevono e recensiscono vini “atti a divenire” e non in commercio, che degustano anteprime delle anteprime delle anteprime. Pensate come consorzio di regolarizzare la cosa o lasciate che questa giungla continui?

PC.

L’intenzione l’abbiamo, ma in pratica è molto difficile impedire alla singola azienda di inviare i campioni.

W.

Se però venisse fatta una precisa delibera consortile dove si regolamenta la cosa, dicendo che i vini possono essere fatti degustare alla stampa dal giorno successivo alla reale messa in commercio…

PC.

Di questo sicuramente ne parleremo, perché la linea del consorzio può essere simile a questa, però poi si scontra con  la linea delle aziende.

W.

Mi sembra di capire che ne parlerete…e basta.

PC.

Sicuramente ne parleremo (sorride n.d.r.). In quanto a risultati vedremo. Magari se si trattasse di due mesi si potrebbe anche chiudere un occhio… se la cosa andasse oltre andrebbe sicuramente regolata.

W.

I rischi li conosci, si rischia di parlare dell’uovo nel sedere della gallina che deve ancora nascere. Ma adesso passiamo ad una domandina facile: come vedi il mondo del giornalismo enogastronomico italiano?

PC.

C’è la domanda di riserva? Scherzi a parte è difficile dare una risposta: ci sono persone competenti e persone che hanno cavalcato la moda del vino e dell’enogastronomia. Quest’ultime forse se facevano un altro mestiere era meglio. Perché una cosa è la passione ma un’altra è la competenza, ma non vorrei farmi dei nemici.

W.

Pensi che il futuro delle guide sia cartaceo  sul web?

PC.

Il cartaceo lo vedo sempre più difficile, anche per i tempi di uscita. Sul web si può lavorare più velocemente

W.

Quale consiglio vuoi dare come presidente ai giornalisti italiani e esteri?

PC.

Forse di non visitare solo le solite quattro o cinque cantine ma di allargare lo sguardo a tutto il territorio, perché ci sono tantissime aziende che meritano di essere conosciute e visitate.

W.

A proposito di territorio, quale è la percentuale di vigneti  biologici?

PC.

Sinceramente non te lo so dire.

W.

Più o meno?

PC.

Non saprei dirti: adesso qualche azienda grossa è in conversione ma non so dirti precisamente e comunque siamo su percentuali basse.

W.

Questo è in controtendenza con altre zona importanti che hanno grande attenzione al biologico. Come te lo spieghi che a Montalcino non ci sia grande sensibilità su questo tema?

PC.

Personalmente sono convinto che fondamentalmente le uve  debbano essere sane, specie per vini da lungo invecchiamento. Commercialmente può dare un valore aggiunto e sicuramente in questo periodo non è certo di moda andare contro il biologico…detto questo qui a Capanna usiamo rame e zolfo.

W.

Insomma mi pare di capire che a Montalcino non ci sia proprio un fuoco sacro che arde per il biologico.

PC.

C’è questo movimento e se va avanti a me fa piacere. Io non sono certo contrario.

W.

Comunque il consorzio sposerà iniziative per la conversione a biologico?

PC.

Per adesso no.

W.

Dal biologico passiamo ai cinghiali e a i caprioli: come sta andando?

PC.

Siamo invasi e non sappiamo quanti possano essere. Pensa che quest’anno, in una vigna ben recintata abbiamo avuto anche il lieto evento di un parto, trovando un capriolino nato da poche ore….

Per i caprioli il problema grosso è a primavera, perché mangia i germogli morbidi e continua a mangiare sulle stesse piante. Quindi le altre crescono mentre quelle prese di mira vengono “potate” costantemente fino a che muoiono. I cinghiali mangiano le uve ma è più facile tenerli fuori dalle vigne. Per i caprioli invececi vogliono reti alte più di due metri e spesso non bastano.

W.

Ma non era stata approvata una legge regionale per moltiplicare gli abbattimenti?

PC.

In teoria si, in pratica non abbiamo visto niente.

 

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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