Per una Schiava non più schiava del suo declino4 min read

A volte uno dice il destino…dopo venti anni che viaggio per l’Alto Adige vinicolo vengo invitato per due volte consecutive ad un evento con protagonista la schiava. E’ successo a dicembre ed è risuccesso pochi giorni fa.

 

Due contesti diversi, ma un unico vitigno protagonista al cui capezzale pare si stiano raccogliendo tutta una serie di forze altoatesine, nel tentativo di salvarlo da un destino inesorabile.

 

La Schiava è il più diffuso e popolare vino-vitigno dell’Alto Adige e si presenta sotto varie denominazioni:  Lago di Caldaro, Santa Maddalena, Colli Meranesi o semplicemente, Schiava Alto Adige. Si tratta di un vino leggero e fruttato, dai tannini morbidi. La Schiava è il vino piacevole e gioviale dell’Alto Adige.

 

Negli ultimi 30 anni anni la Schiava è passata dal vitigno altoatesino  più piantato a quello meno dell’Alto Adige a quello meno considerato (e piantato)  e il suo declino produttivo continua ancora senza vedere la fine .

 

Agli inizi degli anni ottanta rappresentava circa il 65% della superficie vitata, oggi siamo intorno al 16% con un trend ancora al ribasso.

 

Ma cosa è successo? Il fattore economico è il sicuro protagonista di questa contrazione di superficie: varietà più note, facili da coltivare e vinificare  e molto più redditizie per il contadino lo hanno convinto a spiantare la vigna di Schiava e ripiantare altro.

 

Ma  perché il consumo di questo vino, tremendamente attuale, in quanto leggero, piacevole, facile e adatto a mille situazioni diverse della tavola italiana, è andato in crisi?

 

Probabilmente il fenomeno è determinato da un cambiamento generazionale in corso:  i giovani altoatesini hanno identificato nella Schiava il vino dei nonni e dei genitori,  dunque di poco appeal  e fascino, mentre hanno riconosciuto nei nuovo vitigni una dimensione più trendy e dal consumo più facile. Questo ha relegato la Schiava nella parte sempre più bassa dello scaffale, in bottiglioni da litro o più, con una corsa dei prezzi sempre più al ribasso.

 

Eppure, viste le caratteristiche di questo vino un mercato esisterebbe. Per lo meno nazionale, visto il successo negli ultimi anni di tipologie e varietà che non spiccano certo per potenza e complessità sulla tavola e che si stanno adattando ai nuovi modelli di consumo alimentare sempre più all’insegna del light.

 

Il problema è grande e al momento di non facile risoluzione: come riuscire a preservare il vino simbolo della tavola altoatesina, e mantenerlo a prezzi popolari in tutte le osterie del suo territorio, facendolo diventare remunerativo per il contadino?  E contemporaneamente come cercare di aggredire un promettente mercato nazionale con un’immagine vincente, sdoganandolo dalla bottiglia da litro?

 

Ma attenzione, Il paradosso è che se per la sopravvivenza del vitigno si stanno eliminando le bottiglie da litro, migliorando la comunicazione e tentando di portare il vino su fasce di prezzo più remunerative, con  questa manovra si rischia anche di fare scomparire la Schiava dalle osterie altoatesine.

la sfida è appena cominciata e noi ci mettiamo a disposizione per la difesa di questo vitigno, amandolo ed avendolo assaggiato e recensito ogni anno.

 

Ma qualcosa si muove:  ci sono cantine che stanno credendo fortemente in questo vitigno e cominciano a metterlo sotto la lente di ingrandimento: l’imminente fusione tra la cantina Produttori Caldaro e la Erste + Neue porterà ad avere 150 ha di vigneto a base Schiava, su circa 800 adesso disponibili nella provincia. Dunque una base importante nelle mani di chi ci sta provando, sia con iniziative di comunicazione (degustazioni verticali e i “pirati del Lago di Caldaro”, vedi sotto) sia a livello legale con le proposte di modifica del disciplinare per un innalzamento della qualità media.

 

Nel settore comunicazione, come accennato,  vi segnalo una simpaticissima iniziativa da parte dei due giovani enologi delle cantine Produttori Caldaro e Prima + Nuova:  Andrea Moser e Gerhard Sanin hanno deciso di rompere gli schemi locali, proponendosi al pubblico italiano in un modo piacevolmente scherzoso ma efficace. Porteranno bottiglie di Lago di Caldaro (dunque praticamente uva Schiava) in giro per l’Italia, pedalando lungo lo stivale su un tandem, a tappe forzate per raggiungere la meta finale a Capri in venti giorni circa. Sono partiti il 15 maggio da Caldaro e potete seguire i Kalterersee Piraten di questo simpatico evento e tutte le tappe su questa pagina facebook: https://www.facebook.com/kalterersee.rocks/ .

 

Non c’è che dire…l’Alto Adige ha bisogno di  ventate di aria nuova, quindi bravi Andrea e Gerhard.

Gianpaolo Giacomelli

È nato a Lerici, vive a Castelnuovo Magra ed è quindi uomo di confine tra Toscana e Liguria. Al momento della “scelta” ha deciso di seguire la passione per le cose buone invece del comodo lavoro dietro una scrivania. Così la “scelta” lo ha portato a Londra a frequentare i corsi per Master of Wine, finendo tempo e soldi prima di arrivare agli esami. A suo tempo ha aperto un winebar, poi un’enoteca e alla fine ha un’associazione culturale, un wineclub, dove, nella figura di wine educator, propone serate di degustazione e corsi. Fa scorribande enoiche assaggiando tutto quello che può, sempre alla ricerca di nuovi vini. Ha collaborato con varie testate del settore, contribuito alla nascita delle guide vini Espresso e Vini Buoni d’Italia prima di dedicarsi anima e corpo a Winesurf.


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