Nebbiolo Prima 2016: cosa è cambiato in 20 anni?4 min read

E così anche quest’anno sta per iniziare Nebbiolo Prima (da domenica 8 a venerdì 13), la manifestazione langarola che permette alla stampa specializzata italiana e estera di assaggiare (quasi) in anteprima le nuove annate di Roero, Barolo e Barbaresco: quest’anno degusteremo Barolo 2012, Barbaresco e Roero 2013.

 

Scrivo queste righe nelle usurate vesti di decano della manifestazione, in quanto sono ormai alla diciottesima partecipazione: dal 1999 ho infatti partecipato ogni anno (fino a qualche anno fa si chiamava Alba Wines Exhibition) e non vi nascondo che se non fosse stato per l’importanza dell’evento e per salvare il primo posto nella classifica “Over 15 partecipazioni” quest’anno, con la festa del Decennale di Winesurf di domenica 15 alle porte, avrei passato la palla a qualcun altro della redazione.

 

Ma è giusto che io partecipi e scriva queste righe, che sono anche di ringraziamento per chi, Albeisa in prima fila, ha creato un evento inossidabile che però da qualche anno sta cercando  (ma solo un po’) di cambiare veste rimanendo però fedele a se stesso.

 

Vediamo quindi cosa è rimasto uguale e cosa è cambiato in questi anni.

 

Per fortuna è rimasta sempre uguale la bravura, velocità, perizia e disponibilità dei sommelier  in servizio. Esistono pochissime altre manifestazioni  dove il servizio è così puntuale: se così non fosse in certi giorni non riusciremmo a degustare tutti i vini, dato che uno dei cambiamenti non certo positivi è stato quello di permettere ai produttori di portare più vini in degustazione. Questo ci costringe a dei tour de force che non fanno certo bene alla qualità finale dei risultati, e infatti anche quest’anno chiederemo ad Albeisa ed al Consorzio di poter tornare ad assaggiare a novembre.

 

A proposito di produttori: negli anni c’è stato un ricambio tra “famosi o presunti tali” e “saranno famosi”. In altre parole, quando  una cantina diventava famosa ( o pensava di esserlo)  cessava di partecipare alla manifestazione per evitare che il suo vino venisse comparato, uscendone male, con altri meno famosi.

 

Queste stesse cantine però non si vergognavano di telefonare ai giornalisti presenti all’evento per invitarli in cantina: insomma gli altri pagavano e loro godevano. Questo sistema è stato da me più volte messo alla berlina e sembra che con gli anni sia diminuito.

 

Attenzione! Per fortuna tantissime cantine importanti e famose partecipano anno dopo anno e a loro bisogna solo dire grazie, perché qualsiasi territorio cresce se ci sono sinergie e non furbi particolarismi.

 

Negli anni è cambiata anche la partecipazione giornalistica, privilegiando sempre più quella estera rispetto all’italiana. E’ senza dubbio giusto e qui a cantare il mea culpa dovremmo essere noi giornalisti italiani, che non siamo riusciti ad uscire (cacofonico ma vero) dal nostro orticello italico per parlare (in inglese, in tedesco, in cinese, in giapponese) ai consumatori di vini italiani nel mondo. Così è normale che vengano baldi giovani (o meno giovani) dall’estero a svolgere il ruolo che noi non siamo riusciti ad incarnare.

 

E naturalmente sono cambiati i vini: molto meno legno e molta più aderenza reale al territorio, molta più bevibilità senza sacrificare la logica tannicità del nebbiolo, molta più bravura dei produttori a salvare le annate difficili (senza diventare il mago di OZ…).

Piano piano, a partire forzosamente dal 2002 (annata che mi piacerebbe assaggiare adesso), siamo ritornati a colori “da nebbiolo” e la tempesta modernizzante (non modernista) sta passando all’orizzonte lasciando per fortuna solo sani insegnamenti dettati anche dal buon senso.

 

Sono cambiati i vini ma non i produttori: ti ospitano (non soltanto quando arrivi come giornalista) con una disponibilità veramente da rimarcare. Il bello della Langa è proprio il fatto che “Cantine aperte” c’è ogni giorno dell’anno.

 

Come ogni giorno dell’anno da molti, molti anni a questa parte, si trovano ristoranti, osterie, stellati, bettole, “bar a barol” (bar a vin mi sembra riduttivo) dove si mangia bene. La proposta gastronomica langarola è incredibilmente alta sia a livello qualitativo sia quantitativo. Tanti locali dove si mangia così bene non credo ci siano in nessun’altra parte d’Italia.

 

E visto che in questi locali non sempre si può o si deve ordinare un barolo o un barbaresco, devo chiudere l’articolo con una nota triste, ricordando due cari “amici” che non sono più tra noi e cioè le manifestazioni di presentazione dei Dolcetto e delle Barbera. Erano manifestazioni ben fatte e coraggiose; a proposito di coraggio, cara Albeisa e  caro Consorzio di Tutela, quand’è che pensiamo a qualcosa per il Langhe Nebbiolo ed il Nebbiolo d’Alba?

 

Insomma, negli anni sono cambiate tante cose, molte in positivo, ma la mania dei giornalisti di proporre sempre  cose belle ma (forse) impossibili è rimasta uguale.

 

 Nebbiolo Prima arrivooooooooo.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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