Anteprima Vernaccia di san Gimignano: il futuro nel passato4 min read

Tra Palazzo Comunale e Duomo, un turista che si trova in Piazza del Duomo di San Gimignano, ha a disposizione un serie di bellezze architettoniche e pittoriche che da sole valgono il viaggio da qualsiasi parte del mondo.

 

Per questo ritrovarsi a presentare una degustazione nella Sala Dante del Palazzo Comunale, accanto alla Maestà di Lippo Memmi che sembra guardarti dall’alto in basso ( e lo fa da quasi 700 anni!!) è una di quelle cose che devi fare senza rifletterci molto, altrimenti il rischio è di sentirsi piccolo piccolo, inadatto, per poi sparire nella notte.

 

Per fortuna non solo era giorno fatto, ma la degustazione celebrativa dei cinquanta anni della DOC Vernaccia di San Gimignano (prima DOC bianca in Italia) ha riempito di tovaglie bianche e di calici brillanti la sala e ha diminuito non poco l’impatto con affreschi da cui è difficile staccare gli occhi.

 

Questa degustazione celebrativa cadeva naturalmente all’interno dell’Anteprima Vernaccia di San Gimignano durante la quale si è presentata la nuova annata 2015, commettendo così una serie di infanticidi enoici, perché è oramai chiaro che la Vernaccia di San Gimignano è un bianco che ha bisogno almeno di un anno per poter iniziare ad esprimersi.

 

La cosa è risultata ancora più chiara dopo la degustazione di cui sopra in Sala Dante, dove dieci vernacce dal 2007 al 2013 (presentate da importanti giornalisti come Daniel Thomases, Ernesto gentili, Gianni Fabrizio, Fabio Pracchia e Guido Ricciarelli) hanno fatto toccare “con bocca” come questo vino abbia oramai le stimmate del prodotto che non solo può ma deve invecchiare. Tra i dieci vini c’erano infatti vini “base”, selezioni e riserve e ognuno di questi vini parlava un linguaggio che fino a poco tempo fa si riteneva sconosciuto per la Vernaccia. Un linguaggio che si è formato negli anni e che è stato “presentato” dai cinque colleghi, con interventi che hanno cadenzato la storia della Vernaccia e della sua percezione nella stampa e nel pubblico dagli anni settanta del secolo scorso ad oggi.

 

In questo percorso storico verso la qualità, è stato riconosciuto da tutti come sia stato  momento fondamentale il primo assaggio fatto in Sala Dante quasi quindici anni fa, quando vennero presentate (tra risolini più o meno accennati di tutta la stampa presente) una serie di vernacce con diversi anni sulle spalle. Erano tutte marcate Panizzi e quindi mi sembra giusto in questo momento ricordare e ringraziare quel grande uomo di Gianni Panizzi, milanese trapiantato in loco, che fu uno dei primi a vedere nella vernaccia quello che potremmo definire “il futuro nel passato”.

 

E che il futuro sia veramente nel passato lo abbiamo appurato non solo degustando vini con più o meno anni, ma scorrendo la storia recente di questo vino e constatando che piano piano si sono lasciate da parte imprecisioni agronomiche e eccessi di cantina per giungere ad un vino-vitigno che oggi si esprime senza timori derivanti da note aromatiche giovanili non certo prorompenti (che in passato avevano portato all’utilizzo di vitigni internazionali)  e da una potenza spesso sostituita da sapida freschezza.

 

Tra i dieci calici che avevamo davanti, con dentro vini serviti almeno un’ora prima di essere bevuti (alla stregua dei grandi vini, finalmente!)  si è visto anche il futuro di questo bianco, che dovrà giocoforza passare attraverso un forte rispetto per la terra. Terra che utilizzata e lavorata con rispetto (e in maniera come minimo biologica) potrà e dovrà essere il trait d’union tra il passato e il futuro.

 

Per quanto riguarda invece il presente, anche questo si è delineato nei 10 calici: colori vivi e brillanti sia per vini di 2 che di 9 anni, nasi complessi, ma soprattutto bocche con strutture dinamiche e vivaci, con sensazioni sapide profonde e stuzzicanti.

 

Alla fine è successo quello che ogni anno accade “a riflettori spenti”  in questa degustazione, cioè una serie di “Non credevo che la Vernaccia potesse arrivare a questo livelli” modulati più o meno ad alta voce.

 

Mi accorgo che non ho parlato per niente delle caratteristiche della vendemmia 2015: meno male, perché non volevo farlo. Per maggiori informazioni aspettate i nostri assaggi del luglio prossimo, quando i vini cominceranno ad essere leggibili.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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