Luca Ferraro: il Prosecco non è una bevanda!6 min read

Dopo la richiesta da parti di alcuni grandi produttori per la rimozione del blocco degli impianti di Glera, ipotizzando un futuro dove il "Mondo Prosecco" potrebbe arrivare a produrre un miliardo di bottiglie, abbiamo pensato di sentire cosa ne pensa un piccolo e giovane vignaiolo, Luca Ferraro.

 

 

 

Buongiorno Luca, intanto fatti una bella presentazione

 

Luca Ferraro, vignaiolo alla Bele Casel

 

 

 

Ho detto bella, non bella corta. Comunque che vino produci e in che zona?

 

Produciamo quattro tipologie di Prosecco, tre a rifermentazione in autoclave e una a rifermentazione in bottiglia, l’amato ColFondo.

Tutte le vigne che gestiamo sono in collina all’interno della denominazione Asolo-Montello, una delle due zone storiche del Prosecco.

 

 

 

A proposito di zona, ci potresti spiegare meglio quanto è grande la “zona” dove si produce Prosecco?

 

La realtà del Prosecco è parecchio confusionaria, a volte difficile da spiegare, una zona enorme con un cuore che ha fatto la storia di questo vino. Di fatto ci sono:

3 consorzi di tutela.

2 DOCG (Asolo e Conegliano-Valdobbiadene) circa 8.000 ettari e 83 mln di bottiglie

1 DOC (Padova, Vicenza, Belluno, Treviso, Venezia, Pordenone, Trieste, Udine, Gorizia) circa 21.000 ettari e circa 400 mln di bottiglie.

 

 

Scusa, scusa un attimo. Ho capito bene?  83 e 400 milioni di bottiglie!!!! E come vedi questo grande successo del Prosecco?

 

Devi sapere che fino a poco tempo fa il 95% del Prosecco veniva prodotto nella provincia di Treviso. In  cinque o sei anni abbiamo assistito a una vera e propria rivoluzione. DOC tramutate in DOCG, IGT in DOC, cambi di disciplinare, cambi di peso politico, cambi di pesi economici. Aver provato sulla propria pelle lo squallido intento di non voler concedere la menzione “Superiore” alla DOCG Asolo, prezzi di vendita in bottiglia incomprensibilmente bassi e speculazioni che hanno fatto raddoppiare il prezzo del vino sfuso. Ho visto aziende andare in crisi a causa di contratti stipulati con la grande distribuzione prima della vendemmia 2014. Ho visto un consorzio bloccare la rivendicazione di Prosecco doc prima del 10% (sbloccata poi dopo qualche mese) e successivamente del 20% perché la produzione di vino era maggiore della richiesta di mercato.  Ho visto passare da un surplus di stoccaggio di vino sfuso ad una carenza preoccupante di prodotto. Insomma, tutto e il contrario di tutto.

Certamente non è impresa facile traghettare una barca da 500 mln di bottiglie, anzi. Non oso nemmeno immaginare le  pressioni alle quali vengono sottoposti i direttori e i presidenti dei consorzi in questione. Grandi imbottigliatori che premono per comprare vino sfuso al prezzo più basso possibile e che hanno un peso importante nelle scelte consortili, realtà molto diverse in un territorio disomogeneo che lottano per rivendicare i loro diritti e i loro voleri. e domande da porsi secondo me sono altre: quanto durerà il successo del Prosecco? Saremo in grado di alzare il valore di questo spumante e del nostro territorio?

 

 

Credi quindi che questo successo possa avere delle controindicazioni?

 

Credo proprio di si.  Un aumento così repentino della produzione comporta un bel po’ di implicazioni: impianti in zone poco vocate, problemi con la gestione dei trattamenti fitosanitari, poca coesione tra aziende, prezzi delle uve in drastico calo, monocoltura, perdita di uve autoctone ma meno redditizie.

 

 

Di recente alcuni grossi produttori si sono espressi per la rimozione del blocco degli impianti. Cosa ne pensi?

 

Mi risulta che  la proposta sia stata fatta da due big del panorama Prosecco.

Mi chiedo come sia lontanamente concepibile pensare di raddoppiare la produzione solo per seguire il mercato.  Possibile che l’ipotesi di un probabile crollo del prezzo di uve e vino non ci ponga delle domande lecite e sacrosante?  Chi saranno coloro i quali dovranno pagare le negative conseguenze di questo comportamento?

Dal mio punto di vista il voler aumentare l’offerta diventerebbe una droga deleteria per il mercato e abbasserebbe di conseguenza i prezzi di acquisto.

 

 

Cosa proponi invece?

 

Propongo che tutte le scelte di sviluppo siano condivise con la filiera, vignaioli compresi.

Propongo che si prendano delle decisioni che valorizzino il prodotto, ed eviterei di compiere “manovre” che come principale intento  abbiano la svalutazione del prodotto.

 

 

 

Non ti senti il solito italiano che cerca di tagliare le gambe a chi ha successo?

 

Affatto. Il mare è grande e c’è posto per tutti; io faccio il mio, loro facciano il loro ma l’esagerazione prima o poi si paga e ahimè viene ripartita.  Mi sento fiero produttore di un vino che piace e che viene apprezzato da un’infinità di persone. Mi sento fortunato ad avere gli strumenti per provare a far conoscere il territorio dell’Asolo DOCG. Se però non saremo in grado di dare il giusto valore economico al nostro lavoro, sarà purtroppo un successo solo a metà.

 

 

 

Mettiamo che io sia un cinese o uno statunitense  che non si intende di vino (cioè la stragrande maggioranza di quelli che bevono vino) e voglio bere una bottiglia di Prosecco. Mi sai dire un buon motivo per il quale io debba essere contento se il prezzo del Prosecco sale?

 

Vedi, il Prosecco racconta un’annata, un territorio, la mano del vignaiolo. Non lo ritengo una bevanda,  e non voglio lo diventi.  Chi vuole speculare sul prezzo non può pretendere di avere un prodotto qualitativo e rispettoso del territorio da cui proviene ed è meglio si orienti verso bevande alla spina.

 

 

 

A certi livelli anche 10 centesimi (moltiplicati per milioni di bottiglie) possono fare la differenza, ma… mettiamola così. Per arrivare a quasi 500 milioni di bottiglie ci sarà voluto indubbiamente tanta bravura ma anche tanti investimenti: le piccole aziende da sole non ci sarebbero mai arrivate. Non credi che il brand “prosecco” a prezzi bassi  meriti maggiore considerazione e soprattutto debba essere aiutato a rimanere bene in piedi?

 

Carlo, se vuoi che ti dica che le industrie del Prosecco hanno fatto il bene della denominazione posso anche dirtelo.
Il punto è che serve rispetto di entrambe le parti e puntare all’abbassamento del prezzo delle uve non mi sembra sia rispetto reciproco. Perché, proprio come dici tu, 10 centesimi al kg di uva su 4 o 5 ettari possono fare la differenza.

 

 

 

Non credi che i grandi numeri del prosecco DOC  (e in parte DOCG) possano servire da testa di ariete per far entrare anche prosecco più cari e migliori, nonché altre bollicine italiane, nel mercato mondiale e, a lungo andare, fare le scarpe allo champagne?

 

Lo champagne lasciamolo da parte, hanno un prodotto, una storia e un prezzo nettamente diverso. Sai qual è l’aspetto più deprimente? Che nel mondo Prosecco puoi lavorare vigne non trattorabili spendendoci 3 o 4 volte il tempo che ti servirebbe se quelle vigne fossero in pianura, puoi fare il prodotto più buono del mondo, lavorare eticamente per rispettare terreno e uva e lavorare bene con la promozione ma non riuscirai mai ad alzare i prezzi della bottiglia a livelli “decenti”.
Lo sai che a livello globale  5€ a bottiglia sono già troppi e rischi di essere buttato fuori dal mercato?  

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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