Solaris2 min read

È subito necessaria una disambiguazione, come la chiamerebbe Wikipedia: qui non si parla del celebre film di Andrej Tarkowskij, nè del romanzo fanta-filosofico che gli dette spunto, ad opera di Stanislaw Lem.

 

"Solaris" non è nemmeno l’ultima marca di crema abbronzante.

 

Si tratta invece di un vitigno, oscuro nonostante il nome luminoso. Un incrocio, anzi un incrocio di incroci con un contorto albero genealogico.

 

È uno degli innumerevoli discendenti della ricerca scatenata per decenni nel secolo scorso dagli agronomi di lingua francese e più che altro tedesca, alla caccia di un’uva che resistesse bene agli infestanti e sopportasse meglio il freddo e la scarsa insolazione. Se poi dava anche un buon gusto, meglio.

 

Ebbene nel giro di poche settimane mi sono imbattuto per ben due volte in questa realtà di ultra-nicchia, con risultati interessanti.

 

In atmosfera ancora natalizia mi è capitato il trentino "Zero Infinito" di Pojer e Sandri, come alternativa bio-frizzante alle bollicine aromatiche di stagione. Il nome si riferisce alla mancanza totale di interventi chimici in vigneto e in cantina.

Lieviti autoctoni, nessuna filtrazione: è un "col fondo" finito di fermentare in bottiglia. Il vino risulta gradevolissimo e di carattere, con fruttato fragrante ma non invadente (in primo piano pesca e salvia). La beva è facile, la pressione garbata; il finale chiude su un leggero amarognolo dopo l’altrettanto leggera dolcezza iniziale. Con gli abbinamenti può essere un gran gioco.

 

Com’è noto, una certa corrente di pensiero crede che la ricerca genetica possa andare a braccetto col bio. Zero Infinito può essere un buon esempio a favore.

Non manca qualche altra vinificazione italiana di quest’uva, ma adesso sono nel Regno Unito per Pasqua e leggo ancora "Solaris" in bella evidenza su un’etichetta al supermercato, anche questo un 2014.

 

Dodici sterline, compro e stappo, è un’altra musica. A un bianco pallido pallido eppure molto luminoso corrisponde coerentemente un corpo esile e tagliente: insomma un vino nordico e non può essere una sorpresa visto che è prodotto alla latitudine di Berlino. Lunga e gradevole la persistenza, giocata su un aroma fresco che sauvignoneggia. Alla grande su fish and chips.

 

Winbirri, l’azienda produttrice, ospita pure altri vitigni "da incroci innovativi" per imbottigliare vini monovarietali, come il Bacchus e il Seyval Blanc. Quest’ultimo, tra i più popolari in Inghilterra, contiene nel suo dna qualche traccia non-vinifera e pertanto il suo uso è ufficialmente interdetto nella EU.

 

Chissà che David  Cameron non ne abbia fatto oggetto di trattativa segreta sulla Brexit…

 

 

 

Alessandro Bosticco

Sono decenni che sbevazza impersonando il ruolo del sommelier, della guida enogastronomica, del giornalista e più recentemente del docente di degustazione. Quest’ultimo mestiere gli ha permesso di allargare il gioco agli alimenti e bevande più disparati: ne approfitta per assaggiare di tutto con ingordigia di fronte ad allievi perplessi, e intanto viene chiamato “professore” in ambienti universitari senza avere nemmeno una laurea. Millantando una particolare conoscenza degli extravergini è consulente della Nasa alla ricerca della formula ideale per l’emulsione vino-olio in assenza di gravità.


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