Mai come quest’anno abbiamo toccato con mano (e con bocca) il notevole miglioramento qualitativo del Montefalco Sagrantino e del suo “scudiero” Montefalco Rosso. Questo lo volevamo dire subito e a chiare lettere perchè, come vedrete dai risultati delle degustazioni (cliccando sui link a fondo pagina) non solo abbiamo trovato vini che si sono avvicinati alle cinque stelle, ma una percentuale altissima (il 58% dei Sagrantino e il 61% dei Montefalco Rosso) ha ottenuto almeno 3 stelle.
Sono risultati di cui siamo felici perché premiano l’impegno di un territorio piccolo per arrivare ad una crescita finalmente omogenea e non solo basata su alcuni grandi nomi.
Conosciamo Montefalco da tantissimi anni e abbiamo vissuto il primo grande boom della fine del millennio, la crisi della seconda metà dello scorso decennio e questa “rinascita” ci sembra basata su basi più solide e durature.
I numeri parlano di poco più di mille ettari vitati e di circa 3.5 milioni di bottiglie prodotte (2.1 mil. Di Rosso, 1.4 di sagrantino): siamo ancora lontani da 5 milioni di qualche anno fa, ma sicuramente i numeri attuali ci sembrano più adatti al mercato che questo vino sta (ri)costruendosi in Italia e nel mondo.
E lo sta facendo cercando di lavorare su due fronti:
1.Rendere elegante un vitigno riottoso come il Sagrantino.
2. Dare una caratterizzazione diversa al Sangiovese del Montefalco Rosso.
Ne primo caso ci sta riuscendo ma… (qui arriviamo al “ma” del titolo) siamo ancora molto lontani da un “tranquillo” uso a tavola del vino. I migliori Sagrantino sono indubbiamente vini quasi infiniti per potenza e consistenza tannica, ma ci ricordano delle Ferrari impegnate nel traffico cittadino.
Tanti cavalli che non possono essere liberati e anzi, rendono difficoltosa e impegnativa la guida. Così un calice di sagrantino, sicuramente grande in assaggio diventa un monolite a tavola e crediamo ci sarà da lavorare ancora molto per arrivare alle finezze che, per esempio, caratterizzano un vino tannico e potente come un Barolo di Serralunga.
Consideriamo anche l’attenuante che le due annate maggiormente rappresentate (2011 e 2012) siano indubbiamente calde ma la “polpa espolosiva” del sagrantino è nello stesso tempo il pregio e il limite del vitigno.
Vitigno che ci sembra anche vinificato e maturato in maniera più adatta per poter invecchiare al meglio. La dimostrazione è un paragone tra i 2012 e i Sagrantino di un’annata altrettanto calda come la 2003: quelli non si tenevano in bocca dalla invasiva presenza di alcol e tannini, questi, pur nella ridondanza del vitigno, hanno molta più linearità e coerenza. Insomma, dieci anni non sono passati invano.
Ma veniamo al secondo caso, i Montefalco Rosso: la strada intrapresa è sicuramente giusta, ma… attenti alle lusinghe del merlot, che sicuramente dà rotondità ma che altrettanto sicuramente toglie finezza e complessità al sangiovese. Troppi vini, pur buoni, si assomigliano, troppi nasi non presentano il sangiovese nella sua veste migliore, forse troppi produttori stanno puntando sul vitigno facile (ma omologato) rispetto a quello più complesso (ma caratteristico). Interessante in diversi casi l’utilizzo della barbera, che porta ad una freschezza generale più marcata.
In conclusione un grazie al consorzio per averci ospitato e organizzato l’assaggio: con dei vini di questo livello come faremo a perderci la prossima anteprima?