Un futuro roseo (ma non rosé) chiamato Franciacorta7 min read

Oltre 260 Franciacorta sono passati sotto i nostri nasi nei quattro giorni di assaggi che ci hanno visti ospiti del Consorzio. Se ci mettiamo anche le visite pomeridiane e le cene probabilmente abbiamo degustato più di  100 Franciacorta al giorno. Un bel numero indubbiamente ma quasi il minimo per riuscire a farsi un quadro almeno sufficiente di questa zona oramai leader nelle bollicine.

Negli scorsi anni ho parlato abbondantemente della situazione vigneti che,  tra il boom dei nuovi impianti e alcuni terreni poco adatti alla viticoltura di qualità, non è certo rosea. Questa situazione però non potrà cambiare se non con gli anni, con una stabilizzazione del numero degli ettari ed un conseguente invecchiamento degli stessi. Oggi come oggi troppi ettari franciacortini sono estremamente giovani e danno uve “giovani” non certo adatte a produzioni di altissima qualità.

Ma se le vigne devono avere i loro tempi i franciacortini hanno bruciato le tappe nell’attrezzare le loro cantine e soprattutto nel cercare di capire come intervenire al meglio sulle uve da vinificare. In molti incontri abbiamo toccato con mano come la tecnologia in cantina sia, per fortuna,  affiancata dalla conoscenza. Si sa quello che bisogna fare e quale è il momento giusto per farlo. In altre parole: in Franciacorta (Lapalisse docet…ma non è così scontato)hanno capito che fare un vino spumante non è la stessa cosa che fare un vino bianco. Alcuni processi, soprattutto dalla pressatura all’inizio della fermentazione sono diversi e da svolgere con grande attenzione, specie(dico io) se si ha a che fare con uve di vigneti molto giovani. Se non rischiassi di essere frainteso direi che i franciacortini cercano non di estrarre il meglio dalle loro uve ma solo quello che serve per fare un buon spumante: questo  perché qualche volta le due cose non coincidono. Infatti la vendemmia è talmente anticipata che non solo la maturazione fenolica è un concetto illusorio ma anche quella alcolica deve essere, in parte, evitata. Uve con 12° 13° gradi potenziali non faranno mai un grande vino spumante ed in questo la Champagne (dove si è sempre fatto di necessità virtù) insegna. Tutto questo in attesa che le vigne diventino grandi…..

La cantina però serve anche per altri processi e l’ultimo veramente importante è la sboccatura. Qui sta uno dei grossi nodi di questo territorio che, proprio a causa del suo successo, si ritrova in una situazione da “gatto che si morde la coda”.

La sboccatura (aprire le bottiglie, togliere i lieviti in punta, riabboccare con liquer d’expedition o con lo stesso vino) è un processo semplice ma sottopone il vino ad uno stress notevole. Un vino che parte dalla cantina sboccato da poco è certamente nelle condizioni peggiori per essere degustato: sbattimenti vari  e soprattutto l’aggiunta della solforosa non dico che mutizzino il vino ma ci vanno molto vicini. Se a causa delle continue richieste del mercato si sbocca praticamente tutti i mesi (invece di cadenzare temporalemente la cosa) e non si permette ai vini di “riprendersi” dalla sboccatura, moltissimi vini franciacortini verranno (vengono) bevuti e gustati al 40-50% del loro potenziale. Questo a lungo andare non potrà che creare un effetto negativo sul mercato stesso.

Lo abbiamo provato sulla nostra pelle: sia scarsi sviluppi aromatici sia insufficienti complessità gustative si riscontravano soprattutto in vini sboccati da uno-due mesi. Per non parlare poi dei mal di testa da solforosa, che non sono certo un bel viatico per sfondare nei wine bar. Per ovviare a questo, nel nostro piccolo, abbiamo preso una decisione: il prossimo anno faremo raccogliere i vini dal Consorzio a maggio ma li assaggeremo a novembre, dandogli così tutto il tempo per “digerire” la sboccatura.
Comunque ci sembra molto strano che una denominazione che tiene il vino in bottiglia fermo in cantina per almeno 18 mesi non riesca a stabilire un tempo minimo di giacenza (almeno 3- 4 mesi) dopo la sboccatura e prima della commercializzazione.

Mentre scrivo quest’articolo la vendemmia in Franciacorta è iniziata da poco, con un “ritardo” rispetto alle medie degli ultimi anni di circa quindici giorni. Questo “allungamento” potrebbe essere un fattore positivo, ma alcune grandinate, le temperature fredde fino a giugno, caldissime a luglio e le incertezze metereologiche di agosto, non fanno propendere per una grande vendemmia. Comunque è troppo presto per giudicare, meglio limitarsi a parlare dei vini in bottiglia. A proposito di bottiglie: non per ripetermi ma bisognerebbe iniziare seriamente a pensare ad una diminuzione del loro peso. Se lo hanno fatto in Francia fior di maison non vedo perché non possa essere fatto nella “piccola Francia”.

Veniamo finalmente a parlare del contenuto delle bottiglie, divise per tipologie.

 

Franciacorta Dosage Zero

Sicuramente la tipologia che garantisce la migliore qualità media. Profumi netti, precisi, palati austeri, profondi, intensi.  Oggi la categoria non è molto vasta (poco più di venti vini)  ma dovrebbe svilupparsi in futuro, soprattutto grazie all’invecchiamento progressivo dei vigneti. Infatti I vini non dosati (anche se non millesimati) nascono quasi sempre dalle migliori uve, perché interventi correttivi alla sboccatura (alias dosaggi migliorativi) sono praticamente impossibili. Una tipologia che il consumatore può scegliere quasi ad occhi chiusi. Voto medio 8.5

 

Franciacorta Extra Brut

Qui siamo nel mezzo al guado, tra il “né carne né pesce” ed il  “vorrei ma non posso”. Aldilà delle frasi fatte la sensazione è che questa tipologia, di solito dedicata a prodotti di pregio,  rimanga sempre più schiacciata tra i non dosati ed i Brut di alto livello. I punteggi medi non sono molto bassi ( stelle 2.38)ma ogni anno, specie sul fronte dei millesimati, ci aspetteremmo di più sia in profondità che in complessità aromatica. Voto medio 6.5

 

Franciacorta Brut

Croce e delizia del Franciacorta. Qui si trovano i vini di “approccio” ed i grandi millesimati che hanno fatto conoscere questa terra nel mondo.  In realtà quest’anno la tendenza è stata più verso la delizia che la croce, grazie non solo ai millesimati ma ai vini senza annata. Questi hanno stravinto il confronto con i Saten non millesimati (vedi dopo) anche se in teoria dovrebbero collocarsi un gradino sotto. Mediamente i Brut non millesimati usciti in commercio quest’anno hanno discreto equilibrio e sufficienti componenti aromatiche, mentre i millesimati (pur tra grandi diversità) mostrano mediamente più freschezza  ed una potenza mitigata, che porterà a belle evoluzioni future. Voto medio 7+

 

Franciacorta Saten

Qui casca l’asino! Si corre seriamente il rischio che il Saten diventi la “Coca Cola della Franciacorta”. Va bene facilità di beva ma i vini assaggiati quest’anno, pur essendo semplici e facili erano spesso anche scomposti, a causa di una dicotomia tra acidità e zuccheri residui che la scarsezza di struttura tende ad esasperare. Spero sia stata colpa delle sboccature molto recenti ma il panorama è piuttosto desolante. Capisco anche di essere  in una tipologia che ancora deve trovare la sua giusta strada, ma  non la si può cercare cambiando continuamente rotta. Storicamente parlando, prima erano troppo dolci, poi sono diventati più freschi ed aciduli, adesso sono un coacervo delle due cose che (magari a causa di uve da vigneti troppo giovani e di rese troppo alte) forse si equilibrerà col tempo. Voto medio 5+

 

Franciacorta Rosé

Non vorrei essere lapidario ma…..riparliamone tra qualche anno. Per vinificare bene il Pinot Nero (non in bianco) occorrono sia ottimi vigneti sia grande esperienza. Se queste due caratteristiche latitano  la strada non può essere che in netta salita. Concediamo tempo ai produttori franciacortini, che dal loro punto di vista devono però capire di dover proporre questo vino “da collaudare” ad un prezzo molto più basso. Perche? Pur lasciando da parte il colore, spesso buccia di cipolla scarico e non brillante (segnalo il caso estremo di un rosè color paglierino carico…ma come ha fatto ha passare alla commissione di assaggio????) i nasi sono quasi sempre piatti ed in bocca non spiccano né per potenza, né per eleganza né per equilibrio. Se poi ci mettiamo anche il fatto che da quando li abbiamo assaggiati la prima volta 5-6 anni fa la situazione generale è rimasta sempre la stessa….Voto medio 4.5

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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