Rossese di Dolceacqua: un vino alla conquista di se stesso.3 min read

Dolce acqua/ la tempesta passata non è/ ma vedo/dolce acqua.

Queste parole mi ruminavano in testa sabato scorso mentre, passando da una coda all’altra, mi avvicinavo a Dolceacqua ed ai suoi Rossese. Le parole sono  il testo di una vecchia canzone dei Delirium e purtroppo il “delirium” di viaggio è continuato anche dopo essere uscito a Bordighera, visto che il primo cartello stradale con su scritto Dolceacqua  l’ho trovato solo dopo 6 chilometri (caro Sindaco, mi sente???). Comunque sono andato a naso e forse grazie ai profumi del Rossese sono arrivato in questo piccolo paese che non mi aspettavo così bello.

Il motivo del viaggio era una degustazione (sponsorizzata dalla Comunità Montana Intemelia ed organizzata dal Club Papillon) di Rossese sia dell’ultima annata sia del 2008 e del 2007.

Dolceacqua è praticamente al confine con la Francia, ed il Rossese di Dolceacqua è un vino che, almeno in questo momento, confina con se stesso. Mi spiego meglio: una certa perplessità nell’avvicinarmi a questo assaggio ce l’avevo ed il motivo era abbastanza chiaro: quando, in passato, avevo assaggiato dei Rossese, questi mostravano (quasi tutti) dei grossi problemi al naso. In altre parole puzzavano. Il mio inguaribile ottimismo e l’aver degustato recentemente Rossese di buon livello mi avevano spinto al viaggio, ma diverse perplessità restavano. Mi fa piacere dire che i vecchi confini del Rossese, un vino con tanti problemi di naso e che invecchiava presto sono in buona parte stati superati. Le tanto attese truppe di liberazione hanno le sembianze sia di giovani produttori (Ka Mancinè, Tenuta Anfosso, Du Nemu) sia di aziende affermate (Terre Bianche, Maccario Dringemberg, Altavia).

Ad oggi, dopo aver assaggiato oltre trenta vini dal 2009 al 2007 mi sento di dire che i nuovi confini della  neo Repubblica del Rossese di Dolceacqua sono delimitati da colori rubino non profondi ma brillanti, nasi estremamente piacevoli dove sentori di spezie, miele, frutta rossa ben si armonizzano e strutture eleganti ma non esili, pur se i tannini in questi vini sono una componente da trattare con i guanti bianchi. Insomma, in buona parte (ma attenzione, diversi vini hanno ancora dei problemi, specie al naso) la conquista di questi nuovi orizzonti mi pare un dato quasi certo. Ne è prova la presenza di molti produttori a questa degustazione, il mettersi in gioco personalmente ed accettare consigli e critiche “bicchiere alla mano”.
Comunque questo nuovo “Stato” ha un’estensione minima, declinata sul 3. Nella denominazione attualmente ci sono circa 30 ettari vitati, 31 produttori  e la produzione non supera le 300.000 bottiglie. Briciole se paragonate, ad esempio,  con DOC del vicino Piemonte.

Ma veniamo a parlare un po’ meglio dei vini che ho potuto assaggiare. Nove campioni erano dell’annata 2009 (e di questi solo uno aveva chiari problemi al naso..per la zona è un bel passo avanti): mediamente questa vendemmia non sarà certo etichettata come la migliore del secolo ma ha sfornato vini finemente  profumati, forse troppo leggeri ma sicuramente piacevoli. I 2008 degustati si sono mostrati più strutturati ma i “vecchi confini” si sono presentati più spesso. Inoltre ho notato una certo “annacquamento” aromatico che purtroppo non depone molto a favore dell’invecchiamento in bottiglia per anni del Rossese.
Nel dato negativo uno positivo: “l’annacquamento” era solo aromatico: i vini in bocca mostravano buona freschezza e discreta grinta. Per questo credo che, con una maggiore attenzione in vigna e soprattutto in cantina, queste carenze potranno essere superate nel giro di qualche anno.
Alla fine, come sunto  mi tornano a mente le parole della canzone dei Delirium, adattate al caso “Dolceacqua/la tempesta passata non è/ma vedo/Dolceacqua….”

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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