Sangiovese di Romagna: parlano o no, ‘sti mercati?5 min read

La fredda cronaca.

La Romagna chiude il ciclo di anteprime sul Sangiovese con la quinta edizione di Vini ad Arte, il primo appuntamento faentino dell’anno con le eccellenze enologiche.  La manifestazione è una creatura del Consorzio Convito di Romagna, (www.convitodiromagna.it), un gruppo formato da otto aziende tra le più rappresentative della produzione vinicola di qualità romagnola. Dopo quattro anni di solido rodaggio la manifestazione punta risolutamente verso l’alto, allargando l’aspetto organizzativo e arricchendo di contenuti la parte dedicata a convegni e dibattiti.

In questo progetto è risultata importante la partecipazione dell’Enoteca Regionale dell’Emilia Romagna che ha colto al volo l’occasione per promuovere spunti di discussione e riflessione sui temi caldi del momento. Il convegno di lunedì mattina, rivolto a operatori di settore, produttori e stampa, era focalizzato sull’ambizioso titolo “Sangiovese di Romagna, parlano i mercati”. Dopo il tradizionale saluto dei Presidenti Gian Alfonso Roda di Enoteca Regionale e Enrico Drei Donà del Convito di Romagna, sul palco si sono alternati numerosi relatori: il Presidente del Consorzio Vini di Romagna Giordano Zinzani, seguito da Paul Medder, di Wine Intelligence (UK) che ha presentato un’analitica ricerca sui consumi ed il posizionamento del Sangiovese nel mercato internazionale. Giampiero Nadali, di www.Aristide.biz, ha sviscerato l’influenza ed il ruolo dei new media per raggiungere il consumatore, mentre Giovanni Longo, ex presidente dell’associazione delle enoteche italiane, ha puntato i riflettori sul mercato italiano, con riferimento ad enoteche e ristoranti. Preziose le testimonianze sui mercati tedesco ed inglese di Kathrin Brunath (Stopper Vini) e del giornalista  Neville Blech.

Grazie alla sagace e navigata regia di Antonio Paolini, nonostante il “fuori orario”, il convegno è stato stimolante e ricco di spunti di riflessione per il lavoro futuro di tutta la filiera enologica romagnola. Non ha certo perso tempo Enrico Drei Donà per indicare, nel suo intervento conclusivo, il difficile compito che attende il futuro dell’enologia romagnola. Una sfida che il Convito di Romagna vuole affrontare coinvolgendo nel loro progetto, anche altre cantine.  

Fin qui la concisa e schematica cronaca, probabilmente laconica, spoglia di pathos e totalmente priva di interesse per chi legge. Ma se siete giunti a questo punto, coraggio il più è fatto. Vi ho almeno risparmiato il contenuto del commento che mi è stato chiesto di fare.

 

Ri-facciamoci da capo.

Ecco il mio start-up (visto che è trendy l’uso della lingua della Perfida Albione), cioè l’inizio. Se fossi un produttore ottimista sarei felice: il mio vino sarebbe talmente in fondo alla scala (di gradimento, notorietà, vendite e, perché no, anche pagamenti) che qualunque movimento mi farebbe risalire. Se invece fossi un pessimista, dovrei smettere di credere alle favole ed incassare il fatto che il Sangiovese di Romagna è come la fanciulla dalle belle ciglia: tutti la vogliono ma nessuno la piglia. Se invece fossi realista…arriverei alla conclusione che per guadagnare anche un solo centimetro, un solo grammo, una sola bottiglia in un mercato che si contrae è necessario farsi il mazzo con un duro e faticoso lavoro quotidiano.

Dal momento che non è questo il tema ed io non sono un produttore, rimandiamo ad un prossimo pezzullo e torniamo a bomba. Cioè il vino Sangiovese di Romagna e le sue anteprime. Tra le degustazioni per la stampa e quelle per il pubblico, la serie di vini presenti erano sufficienti a farsi un’opinione del livello raggiunto dalla miglior produzione romagnola. Anch’io mi son fatto un’idea, ma prima aggiungo due righe sulle anteprime 2009. Volutamente non ho partecipato alla degustazione proposta dei vini 2009. Non per una forma di protesta silenziosa (avranno notato la mia assenza?) o per snobismo.

Semplicemente per auto tutela. I vini rossi prelevati dalla botte, magari destinati a riserve, sono poco più che mosti fermentati se messi in rapporto al lungo ciclo evolutivo che li attende. Sono materia di analisi più per enologi e tecnici che per degustatori ed opinionisti. Di fronte ad una prova di assaggio dovrei formulare un giudizio perché, più o meno esplicitamente, mi verrebbe chiesto. Ma che giudizio? Tecnico su difetti e caratteristiche? Profetico sul futuro? O egocentrico sull’eloquio? Molto probabilmente non mi piacerebbero a causa dei tannini o delle componenti slegate, ed il risultato sarebbe di sedimentare nella memoria un flash negativo su quei vini. Meglio evitare ed attendere l’anno seguente. Cosi ho fatto, assaggiando “solo” tutti i Sangiovese Riserva 2007: ecco il cahier de doleances. 

 

Famolo buono.

Sulla carta e nella memoria dei più fortunati il 2007 viene ricordato come un anno caratterizzato da un andamento irregolare. Inverno mite, piogge scarse ed Estate siccitosa e calda. Inutile dilungarsi su questi aspetti perché sapete già cosa questo possa significare per il vino. Una partenza svantaggiata quantomeno. Dopo la degustazione di 28 vini, intervallati dalla pausa “buffet” la mia idea, molto in sintesi, è che ci troviamo di fronte ad un millesimo di notevole caratura. Probabilmente i picchi di eccellenza saranno meno rispetto all’annata precedente, ma il livello medio è considerevolmente alto. Si registra un’apertura al naso già abbastanza pronunciata in molti vini, e nella stragrande maggioranza l’ingresso in bocca annuncia una maturità del frutto, ottimamente sostenuta da tannini maturi. L’eccessiva percezione alcolica, sulla carta legittimamente attesa a causa del clima secco e caldo, non si è avvertita. Vini buoni, per la maggior parte dotati di quella morbidezza da tutti ricercata, e non privi di un certo carattere nervoso. Alcuni vini, cinque per l’esattezza, li accredito di una lunghezza in più. In questa fase sono, verosimilmente, il meglio dei loro territori. Qui va precisato, per gli extra-romagnoli, quanto sia variegato il nostro territorio (vedi articolo precedente che magari non avete letto…) ricco di argille a differenti stadi evolutivi, di calanchi, infiltrazioni di gesso, barriere con sedimenti marini, sabbie gialle, rosse e via di questo passo.

 

Fi(fa)nalino.

Last but not least (Perfida Albione docet). Un plauso all’ufficio stampa e all’organizzazione in generale. Efficiente e puntuale, come il servizio dei sommelier durante la degustazione.
 
 

 

 

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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