Il Santo è aperto, ma è il Vin!3 min read

L’occasione è stata straordinaria, nel senso letterale: l’azienda Marini di Pistoia ha aperto la sua vinsantaia al pubblico durante l’apertura annuale dei caratelli, quei barilotti di vari legni e capacità dove il tipico Vin Santo toscano viene invecchiato per anni.

È stato come poter assistere alla sboccatura e colmatura di uno spumante, a un travaso riparatore o a un assemblaggio da barrique diverse, tutte operazioni svolte con comprensibile riserbo da qualsisai produttore.

Il momento è infatti delicato, giacchè da ogni caratello escono vin santi decisamente diversi fra loro a partire da una massa unica, in questo caso Trebbiano della vendemmia 2006. Colori, profumi e sapori vengono a dipendere così tanto dall’ambiente di invecchiamento costituito da questi particolari contenitori da richiedere poi una più che sapiente selezione.

Abbiamo assaggiato quattro campioni da quattro caratellli diversi, seguiti da un bicchiere che conteneva il blend dei quattro precedenti in proporzioni uguali, tanto per capire dove può andare a parare l’enologo Alberto Bramini nelle prossime settimane. Si tratterà di formare una cuvée omogenea, bisognosa comunque di ulteriore affinamento: l’uscita commerciale è prevista nel 2011.

Onore a Marini per averci sottoposto in pubblico e "dal vivo" questi esempi sfiziosi, non privi di qualche problema classico della tipologia – acetica alta, ossidazione spinta, qualche sentore di muffa…¬- che saranno comunque in grado di contribuire alla complessità del prodotto finale come riscontrato nelle annate precedenti. Va da sè che, dopo la selezione a cui anche i qualificati ospiti hanno dato un contributo di parere, non tutto il Vin Santo tolto dai caratelli finirà nela cuvée.

Ecco un altro elemento da considerare quando si pensa alla resa uva/vino di questo prodotto particolare, che va a sommarsi ai danni quantitativi già prodotti dall’ appassimento e dalla perdita di liquido per traspirazione durante la lunga permanenza nel caratello stesso. Che fa comunque parte del gioco condotto in queste gloriose botticelle sigillate per anni con cemento, alcune con la "madre" e altre orfane, alcune di quercia nuova ed altre di castagno decisamente stagionato. La "sala degustazione" era lo stesso, classico sottotetto dove il nettare è maturato e dove è stato spillato sotto i nostri occhi: un ambiente certo un po’ freddo adesso a gennaio, ma riscaldato da passione umana e progressivamente saturo di profumi deliziosi. I quattro colori andavano dal dorato pallido all’ambrato, con limpidità assai variabile in dipendenza dal livello di "pescaggio" dentro il caratello. Profumi d’intensità anche variabile con il classico intrigante spettro tipico della categoria: frutta secca e passita, funghi, lievito, liquirizia, cacao, caramello, un tocco di balsamico e via con l’immaginazione ma il bouquet era ancora da formare e i singoli aromi si ritrovavano sparpagliati nei singoli campioni.

Il gusto dell’annata si è rivelato tendente alla morbidezza, ma con l’impressione che anche il rapporto alcol/zuccheri oscillasse non poco da un Vin Santo all’altro: e abbiamo assistito a solo a una parte della spillatura! Sempre buona la persistenza e un buon bilanciamento acido, ma questo era quasi scontato.

Come chicca finale ci siamo meritati anche l’assaggio del mosto 2009 appena fatto, destinato a rimpiazzare quanto prelevato dai caratelli e a fermentarvi più o meno rapidamnete e fino a un certo, poco prevedibile punto. Dolcissimo e tuttavia erbaceo, una delizia assoluta: magari fosse venduto al supermercato come succo d’uva passita! Del Vin Santo sono riuscito a portarmi via la loro strepitosa gelatina, cosa che vi auguro di fare se capitate da quelle parti.

www.marinifarm.it

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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