Rossi liguri: un mondo a parte nel bene e nel male3 min read

Il nostro primo assaggio di vini liguri è stato dedicato interamente ai rossi, anche se sapevamo che questa scelta poteva risultare penalizzante. In effetti grandi risultati non ci sono stati ma non possiamo dire di essere usciti delusi dall’assaggio. Anche i vini che avevano problemi al naso hanno avuto la loro utilità: sono serviti a farci tornare indietro nel tempo, ad una viticoltura non ancora “tecnologicamente pura”.  Se poi ci mettiamo anche il fatto che buona parte dei “nasi incerti” si sono aperti e, con il tempo, hanno portato a risultati almeno sufficienti, questa prima “immersione” nei vini liguri può essere vista come abbastanza positiva.

Certo, se consideriamo di essere a 100 km in linea d’aria  rispettivamente a nord dalla Langa ed a sud da Bolgheri, non possiamo non sottolineare che ci troviamo in un mondo a parte. Un mondo a parte con pregi e difetti. I pregi sono da ascrivere soprattutto ai vitigni: Ormeasco, Rossese, Garnaccia, Pollera nera, alicante,sono uve che qui hanno trovato un modo di esprimersi diverso dall’usuale. Non si va quasi mai a ricercare la potenza, ma si privilegia l’eleganza e la freschezza, anche per vini che possono invecchiare qualche anno. Quindi quasi impossibili da trovare sono i vini tannici ed astringenti (se si escludono alcuni Colli di Luni, ma lì la vicinanza con la Toscana si “sente troppo”) e via libera a rossi che da altre parti verrebbero tacciati, come minimo, di poca concentrazione.

Esempio classico L’Ormeasco, alias dolcetto: poco più a nord lo troviamo in forma quasi monolitica ed invece a Pornassio ne abbiamo una versione elegantemente esile e floreale, ma non per questo meno interessante. Il Rossese, specie a Dolceacqua, è certamente  il vitigno che ci ha dato le sensazioni migliori. Profumato, sapido, nervoso ma  mai aggressivo,piacevolmente acidulo,  con buone (ma non esageriamo!!) possibilità di invecchiamento. Un vitigno che, se ben coltivato e vinificato, incarna l’idea che possono avere fuori regione dei rossi liguri.

I difetti viaggiano invece su due direttrici: vinificazioni approssimative e prezzi piuttosto alti. I composti solforati che ci hanno in diversi casi “titillato” il naso non sono certo una bel biglietto da visita per conquistare consensi, specie se accompagnati da prezzi che raramente rimangono sotto i 10 Euro. Capiamo che quella ligure è una viticoltura difficile e dispendiosa ma volendo entrare in competizione con il mondo bisogna stare attenti ai prezzi e migliorare in cantina. Chi lo ha fatto (vedi aziende come Durin, Ka Mancinè, Terre Bianche e l’inossidabile Lupi) hanno tutte le carte in regola per  giocarsela alla pari con i grandi nomi dell’enologia nazionale. In definitiva i vini liguri escono a testa alta dall’assaggio e noi, che amiamo tanto la piacevolezza e la facilità di beva di questi vini, ne siamo felici. Appuntamento a primavera con i bianchi. Buone feste!!!

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


DEGUSTAZIONI CORRELATE


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE