Gavi 2008:la somiglianza della diversità.3 min read

La prima sorpresa per il Gavi 2008 è venuta dai collaboratori di Winesurf, che quest’anno si sono dichiarati quasi all’unanimità disponibili per l’assaggio. Di solito dovevo pregare quasi in ginocchio tizio o caio di partecipare, ma questa volta erano tutti “a disposizione”. Interessante segnale: vuol dire che tra i giornalisti di settore c’è maggiore interesse e considerazione per questo vino, di cui mi è stato spesso attribuito il ruolo di italico paladino.

Proprio per smentire questa diceria affermo subito che la vendemmia 2008 è sicuramente inferiore alla 2007. In meno ha concentrazione e potenza, anche aromatica. Quella che lo scorso anno ti faceva percepire i profumi quasi da lontano. Occorre però dire che la 2007 è stata un’annata eccezionale, di quelle che capitano poche volte e dove era abbastanza facile fare un buon vino. Il 2008 è stato più difficile, sia dal punto di vista meteorologico (Davide Ferrarrese e la sua rubrica “che tempo fa”docet) sia dal punto di vista interpretativo delle uve giunte in cantina.

I risultati finali mi fanno comunque pensare che questa piccola denominazione sia, negli ultimi anni, cresciuta parecchio. Durante gli assaggi di diversi  bianchi 2008 fatti da giugno ad oggi, in alcuni casi subentrava una certa noia e qualcuno diceva la fatidica frase “Sembrano tutti uguali!” Questo con i Gavi 2008 non è successo: il punto di forza dell’annata ( e quello che dovrebbe essere il punto di forza di qualsiasi denominazione) è stata proprio “la somiglianza della diversità”. In altre parole è entrato in campo il fattore “T”, cioè terroir: abbiamo trovato vini che, pur palesando la loro “Gavità”, mostravano differenze dovute sia alla mano dell’uomo ma soprattutto al terreno. Per esempio: i Gavi provenienti da terreni più calcarei erano sapidi, freschi e fini, quelli da terre più argillose, più grassi e rotondi. Soprattutto quasi tutti avevano caratteri precisi, ben distinguibili.

 Questo non solo ha permesso alla degustazione di non scadere nel monotono, ma ci ha dato l’idea di una denominazione che (almeno in buona parte) sta mettendo in luce diversità quasi “langarole”, dove un Barolo di Serralunga difficilmente può essere scambiato per uno proveniente dal vigneto Cannubi a Barolo.
Con questo non voglio affermare che i vini di Gavi siano delle precise mappe geologiche del territorio ma solo che credo (non so quanto volendolo scientemente…) che i produttori locali abbiano imboccato una strada “virtuosa” , basata sul serio e continuo lavoro nel vigneto e sulla quasi assenza di facili correttivi in cantina.
Gioca in favore di questo indirizzo la non eccessiva voglia di ampliare gli ettari vitati, anche se alcuni vigneti nuovi piantati dove prima crescevano i girasoli non sono certo un segnale positivo.

Ma veniamo ai valori numerici degli assaggi: quattro vini 2008 con 4 stelle sono un buon risultato ma la cosa che vogliamo sottolineare sono i 34 (su 64!) che hanno ottenuto le 3 Stelle. Praticamente più della metà dei Gavi 2008 si attesta su un buonissimo livello e questo grazie anche alle “stimolanti” diversità degustative. Diversità, voglio sottolinearlo ancora, non dovute all’innesto di altre uve (i pochi casi trovati non fanno testo e quasi sempre non hanno ottenuto buoni punteggi) ma al trittico “terra-vigna-uomo” che si è mostrato vincente in un’annata non facile. Speriamo che le prossime annate vadano ancora di più in questa direzione: solo così una piccola denominazione come Gavi potrà crescere realmente.

Per chiudere voglio contraddirmi (ancora????) e fare proprio il paladino del Gavi, con una comunicazione “quasi “ di servizio. Mi rivolgo ad un singolo produttore (ma possono avvalersene anche altri) e gli confermo che se non si decide a cambiare i tappi non solo danneggia il suo vino (vedi quest’anno!!!!) ma, essendo un riferimento per la denominazione, non le fa fare certo una bella figura.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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