Liberatore: la tipicità si difende con l’informazione.13 min read

Giuseppe Liberatore, direttore del Consorzio Vino Chianti Classico, è stato rieletto presidente di Aicig (Associazione Italiana Consorzi Tutela Indicazioni Geografiche). Prendendo a pretesto la rielezione ci siamo incontrati ed abbiamo parlato di prodotti agroalimentari ma soprattutto di vino.


Winesurf
Cosa è l’Aicig?

Giuseppe Liberatore
L’ Aicig, è l’associazione che riunisce tutti i consorzi di tutela riconosciuti dal ministero,  si parla quindi di prodotti DOP e IGP, e non di vino. Si va dall’olio extravergine d’oliva, al Parmigiano, al Limone di Sorrento.

W.
Dammi tre buoni motivi per non classificarlo come il solito carrozzone.

G.L.
Perché in Italia non esiste un’associazione trasversale che riunisca tutti i prodotti e a tutti i livelli di mercato. Come detto si va dai grandi ai piccoli produttori (dal Parmigiano Reggiano al limone di Sorrento n.d.r). Inoltre l’associazione ha costi minimali, visto che il bilancio è sotto i 100.000€ ed i soci si tassano per circa 50.000€. La nostra è un associazione che fa lobby, il che significa essere interfaccia con il ministero e con la comunità per i problemi  generali delle DOP e IGP. A livello nazionale facciamo corsi di formazione per gli agenti che vanno a controllare i prodotti, poi diamo supporto tecnico per i vari problemi relativi ai marchi, tipo registrazione etc.  Considera che Aicig è nata snellissima; addirittura nello scorso triennio il consiglio direttivo era formato da tre persone.

W.

Oltre che esperto di DOP e IGP sei anche direttore di un grande consorzio di vino. Quindi Sei forse la persona più adatta per spiegarci cosa accadrà nel cambio da DOC-DOCG  a DOP e da IGT a IGP.

G.L.
La Unione Europea voleva  uniformare i due sistemi. È quindi  Il vino andrà ad uniformare la propria normativa (vedi la legge 164, che credo non potrà rimanere tale) con quella europea. 

  
W.
Ma,  in soldoni:  le DOC e le DOCG si trasformeranno in DOP…

G. L.
Ti spiego: la nuova catalogazione dice che ci saranno DOP e IGP (Denominazione di origine Protette e Indicazione Geografica Protetta  n.d.r.)  nella prima andranno tutte le DOCG e DOC , nella seconda  le IGT.  Ma tu produttore non sarai  per forza obbligato a scrivere DOP  e IGP sulla bottiglia E potrai continuare ad usare le tue menzioni:  DOCG, DOC e IGT. Il problema qual’e: non essendoci appunto un obbligo, con tutto facoltativo, tu consumatore ti potresti trovare un Chianti Classico dove c’è scritto  DOCG oppure DOP oppure DOCG/DOP. Nessuna opzione è scartata. Questo è quello che mi preoccupa. Probabilmente nella fase iniziale tutti useranno DOC e DOCG, ma fra un po’ qualcuno userà DOP o DOC/DOP e questo potrebbe creare confusione nel consumatore.

W.
Quindi uno potrebbe scrivere anche IGT/IGP?

G.L.
Naturalmente! Inoltre noi siamo sfortunati rispetto ad alcuni paesi, tipo la  Francia, dove  “Vin de pays/IGP” suona bene, mentre IGT/IGP certamente no.

W.
Quindi si potrebbe arrivare ad una sovrapposizione di menzioni. Mentre per quanto riguarda le sovrapposizioni di DOC? Sai come si tema che alcune DOCG possano “annullare” altre DOC che insistono sullo stesso territorio.

G.L.
Si sono dette tante cose, ma l’impianto attuale verrà salvaguardato. Quindi se tu vuoi ottenere più denominazioni dallo stesso vigneto tu dovrai iscrivere questo vigneto a tutti gli albi delle denominazioni che vuoi rivendicare. Per esempio : se in un vigneto vuoi fare solo Rosso di Montalcino dovrai iscriverlo al Rosso e produrlo con le regole del Rosso DOC; se invece dallo stesso vigneto vorrai produrre Brunello e Rosso potrai tranquillamente farlo ma la parte del Rosso dovrà essere fatta con le regole del disciplinare più restrittivo,  cioè quello del Brunello.  Questo è stato deciso proprio nell’ultima riunione di pochi giorni fa.

W.
Quindi non esiste più il discorso “a caduta” di prima.

G.L.
Preciso!

W.
Se sbaglio correggimi: la IGP garantisce o il prodotto  o la filiera produttiva del prodotto. Se così fosse anche per il vino, un prodotto  che diventa IGP, tipo un Supertuscan,  potrà essere fatto anche con Sangiovese fatto delle Marche o di Napa Valley?

G.L.
No, questo non sarà possibile, anche se nello Speck Alto Adige  (per esempio) la carne non viene dall’Alto Adige. Nelle nuove IGP è chiaro che dovrà essere garantita la provenienza delle uve e rimane in piedi esattamente il discorso dell’85%, cioè che quel vino deve nascere all’85% nella zona di produzione. Rispetto ad oggi c’è un altro aspetto positivo. Prima poteva avvenire solo la produzione delle uve, ora si contemplerà anche la vinificazione. Quindi un vino IGP dovrà essere prodotto e vinificato nella zona di produzione. Così assomiglierà molto più ad una DOC, anche perché ci saranno più controlli di filiera, anche se meno severi  rispetto a quelli attuali delle DOCG.

W.
Insisto: il restante 15% degli IGT non è che potrà arrivare anche da fuori nazione.

G.L.

Oggi come oggi non dovrebbe essere possibile.

W.
Non dovrebbe…

G.L.
Non potrebbe! Diciamo che dovrebbe venire dal territorio di riferimento di quella IGT.

W.
Ma se la volessimo guardare con occhio più “birichino”?

G. L.
(Leggera incertezza di Liberatore  n.d.r.) ….Le regole adesso son queste, area  del paese di riferimento. Ma non credo che poi gli IGT abbiano interesse a prendere vino fuori Italia.

W.
Parliamo un po’ di altri prodotti:  discorso aranciata che potrà essere fatta senza arancia. Un’ associazione come la vostra non crede sia una battaglia da portare avanti?

G.L.
Sono assolutamente d’accordo: noi possiamo essere uno dei soggetti, ma questa è una questione istituzionale. Noi non possiamo fare i portabandiera di tutto. Se ti parlassi di tutte le contraffazioni con cui abbiamo a che fare faremmo notte. Purtroppo non possiamo  combattere la cosa a suon di cause, anche se abbiamo qualche nuova idea in proposito.

W.
E queste idee dimmele subito, perché la domanda successiva riguarda proprio questo: quali sono in Italia i prodotti più a rischio contraffazione?

G.L.
I prodotti conosciuti, quelli che tirano e più sono conosciuti più il rischio è alto. Per quel che ci riguarda stiamo mettendo in piedi, insieme a Buonitalia e Rete Camere, un progetto per gli Stati Uniti dove, invece di imbastire cause su cause, stiamo pensando di fare campagne di comparazione. Per esempio, vorremmo prendere pagine di giornali per dire quali sono i prodotti realmente garantiti. Insomma: fare una campagna informativa più che molte campagne legali.

W.
Abbiamo un ricordino del Gallo Nero….

G.L.
A parte quello da loro, per esempio, il chianti bianco o nero è pienamente legittimo. Lo registrano come  un marchio privato, come se  tu registrassi “Macchi Chianti” e non puoi andargli a dire niente. Purtroppo con gli USA  adesso si sono rotti di nuovo i rapporti: c’era un accordo USA/UE che cercava di mettere dei paletti sulle Denominazioni protette. Ma loro non ci vogliono sentire da quell’orecchio e comunque vogliono sempre  far salve tutte le cose fatte fino a quel punto. Così non si può fare: anche perché ci hanno fatto sciroppare cose, a livello di accordo, come l’acqua nel vino….. che loro possono mettere fino al 8%…. 

W.
Non è che ampliando sempre più le regolamentazioni, tipo  OCM, e facendo maxi accordi tra macroeconomie, alla fine quella che ci rimette è la qualità finale del prodotto?

G.L.
Vedi: oggi bisogna per forza operare  a livello mondiale. Tu puoi pure fare le battaglie legali con gli Stati Uniti  ma devi ricordarti che loro sono anche il maggior mercato di riferimento. Oramai sono gli incontri ai massimi livelli, come a Ginevra o a Doha, quelli dove si fanno le regole. Noi chiediamo da tempo la protezione delle denominazioni ma siamo sempre in minoranza. Bisognerebbe sensibilizzare i paesi che hanno prodotti di qualità (come tanti stati del Sud America o dell’Africa) e fare cartello assieme. Comunque anche gli americani si stanno rendendo conto del problema, perché qualche furbetto è andato nella zona di Napa Valley ed ha imbottigliato dei vini chiamati Napa, ma che non lo erano. Per fortuna un giudice a Sacramento ha detto che non potevano farlo e questo sta smuovendo un po’ le cose.

W.
Torniamo all’Europa: sai cosa è E-Bacchus

G.L.
Non sono informato

W.
È un motore di ricerca della Commissione Agricoltura della UE dove, cliccando, ti vengono fuori tutte le DO e IG dei vini europei. Però c,è una cosa strana. Se selezioni  “Vini  a indicazione di origin” e “Italia” non trovi nessun vino. Invece se clicchi su “Vino da tavola con Indicazione geografica”  e “Italia” ci sono tutte le IGT italiane. Peccato che davanti a Indicazione Geografica ci sia la dizione “Vino da Tavola”.

G.L.
È assolutamente improprio ma purtroppo è vero, perché nella legislazione italiana gli IGT erano catalogati come Vini da Tavola con Indicazione Geografica, anche se nella 164 erano identificati come IGT . Con la nuova regolamentazione diventeranno a tutti gli effetti “Vini con Indicazione Geografica”. Ma il problema più grosso in futuro non sarà questo ma il fatto che non esisterà  più la dizione “Vino da tavola”. Questo diventerà solo “Vino” e potrà riportare (o non riportare) anche  la varietà dell’uva e l’annata. Ho sempre osteggiato questa cosa perché la tipologia “Vino” potrà creare confusione e mettere in crisi tutto il lavoro fatto con i vini IGT, che rappresentano, anche in termini di fatturato, quanto i vini  DOCG –DOC. Ma anche se noi siamo sempre stati sempre contro e nonostante che la filiera fosse tutto d’accordo con noi, purtroppo la cosa è passata. Come è passata la normativa nell’OCM che conferisce fondi per la promozione del vino ma solo in paesi terzi. Ma se il 67% del vino mondiale si consuma in Europa, noi dove dobbiamo andare a promuoverlo? Non si può lavorare con una mano che costruisce ed una che distrugge!

W.
Questo “vino” che sostituirà il vino da tavola come potrà essere fatto e da dove verrà?

G.L.
Potrà venire da tutti i paesi membri  ed avere anche la scritta “Community wine”.

W.
Che bellezza!

G.L.
La dizione “Community wine” non potrà invece essere usato per il “Vino “ con annata e/o vitigno.

W.
Quindi, vediamo se ho capito bene. L’ex vino da tavola, che diventerà solo “Vino”, potrà riportare la scritta “Community wine”  oppure solo  “Vino” se avrà annata e vitigno e  comunque potrà arrivare da qualsiasi paese della UE.

G.L.
E ti dico di più : il vero problema è chi controlla. Chi da la garanzia al consumatore che, se  deve essere garantito occorrerà creare  una sistema di tracciabilità anche per il “Vino” (ex vino da tavola  n.d.r.)  dove il soggetto controllore possa verificare che le indicazioni riportate in etichetta siano veritiere.  Ma  un vino da tavola che si fa con x assemblaggi, che vengono da x paesi come fai a controllarlo? Se tu ci metti il vitigno vuol dire che almeno 85% è fatto con quel vitigno, ma oggi non esiste un’analisi che ti dice se in un vino c’è quella percentuale di un qualsiasi vitigno. Così la nostra preoccupazione è che questa sia una grande presa in giro.

W.
Non ci vuole molto per capire che nella UE è in atto uno scontro tra La Commissione Agricoltura e quella della Sanità. Pensi che sia questo il motivo del perché il governo francese sta mettendo tanti  bastoni tra le ruote al suo mondo del vino.

G.L.
Più che la Francia c’ è un “sistema” dei paesi nordici con problemi di alcolismo gravi, che si contrappone al mondo dei produttori di vino. Per questo da un lato in Europa partono un mare di soldi per contrastare l’alcolismo, dall’altra se ne spendono  altrettanti  non per proprio per dire “Bevete!”  ma quasi. Se quei soldi servissero per fare  seriamente informazione e comunicazione non credi sarebbe meglio? Ma purtroppo questi scontri diventano ogni giorno più duri.

W.
Scandalo brunello: che cosa ci ha insegnato, se ce l’ha insegnato.

G.L.
Per prima cosa: il mondo del vino è controllato dal 1963. Ora è possibile che dal 1963 al 2005 tutti sono stati virtuosi? Dal 1963 erano stabilite le mansioni e chi doveva controllare. Ora vorrei sapere chi, a suo tempo, ha controllato i vigneti. Anche allora dovevi farlo:  c’erano soggetti pubblici, le Camere di Commercio,  le regioni, lo stato. Per 40 anni non è avvenuto niente e su questo ti inviterei a riflettere.  Cosa ha insegnato Montalcino : prima di tutto che il sistema funziona. Oggi, grazie all’Erga Omnes, c’è un’ etica diversa rispetto a 5 anni fa. C’è molta più attenzione della aziende sul come devono comportarsi. E questo è positivo. L’insegnamento è forse che  in questi 5 anni è stato fatto un ottimo lavoro, ma  negli altri 40 anni era stato fatto poco.

W.
Il Consorzio del Vino Nobile vorrebbe portare dal 20 al 30% l’utilizzo di altre uve nel Vino Nobile: visto che il Chianti Classico ha quasi lo stesso uvaggio, come vedi la loro posizione e come vedresti la cosa se fosse proposta qui da voi?

G.L.
Anche noi  abbiamo fatto richiesta di variazione, ma questo punto è l’unico che non abbiamo toccato. Per noi non c’è nessun tipo di esigenza, anche perché negli ultimi anni siamo riusciti a fare un buon lavoro di ricerca ed oggi abbiamo cloni di sangiovese che ci permettono di gestire con il 20%  anche le annate più difficili. Una cosa secondo me più importante ma meno visibile l’abbiamo fatta e te la voglio dire perché rischia di essere fortemente sottovalutata. Abbiamo messo la regola che per commercializzare tra cantine del  vino “atto a divenire”, in definitiva tutto quel vino che passa di mano sfuso, questo  deve avere le stesse caratteristiche chimiche del prodotto che ha ottenuto la DOCG. Prima serviva solo l’analisi alcolica, ed una dichiarazione che il vino aveva la  gradazione minima di “detenzione in cantina” che per il Chianti classico è  11.5°. Oggi, con il nuovo disciplinare, tutto il prodotto che passa di mano deve avere le caratteristiche chimiche previste per il prodotto che ottiene la DOCG. Così circolerà vino di un certo livello e non robaccia.

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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