Isola della Scala: due delle tre “anime platoniche” del vino.4 min read

Riso a destra e riso a sinistra: vialoni di Vialone Nano (battutona!!!) costeggiano i pochi chilometri che dall’uscita Nogarole Rocca portano ad Isola della Scala ed a “Vino Vino Vino” la manifestazione che riuniva produttori biodinamici, biologici, naturali et similia. Questa in realtà era una delle due iniziative organizzate nei giorni di Vinitaly: la seconda, “Vin Natur” con altri produttori (anch’essi biodinamici, biologici, naturali etc.) aveva sede vicino a Vicenza.

Lascio comunque il riso e mi immergo nel vino cercando il  filo conduttore che lega  tutti questi  produttori.  Ci metto un po’ a capire che oltre la simpatia e la disponibilità questo filo è praticamente inesistente. Il credo biodinamico infatti non è da tutti condiviso, come del resto il “semplice”  biologico o il più fumoso “naturale”. Assaggio vini che vanno dal varietale spinto alla sua completa assenza: che puntano sulla pulizia aromatica o che la sfuggono come gli uomini la peste, che ricercano complessità futuribili ed incerte o che si buttano sulla tanto esecrata (da chi???) semplicità.

Mi ritrovo insomma in un mondo enologico dove impera l’anarchia, dove tutti aspirano ad una casa comune salvo, una volta costruita non mettersi mai d’accordo su come arredarla.  Non basta l’evidenza di due manifestazioni distinte (per produttori che dicono di rifarsi agli stessi principi generali….), ma all’interno di ogni gruppo (con simpatia da me ridefiniti “gruppuscoli”) le distanze ideologiche/enologiche sono veramente forti. Un esempio per darvi il polso della situazione: ad Isola della Scala il venerdì pomeriggio doveva esserci una riunione dei produttori per discutere dei loro problemi. Bene! Non solo molti non erano d’accordo sull’ordine del giorno della riunione,ma anche sul farla o meno.

Se però lasciamo da parte le divisioni, che mi hanno riportato al tempo dei vari gruppi (gruppuscoli  appunto) nella sinistra extraparlamentare della mia giovinezza, l’assaggio di tante diversità enologiche non può lasciarti indifferente.
Ciò perché la stragrande maggioranza di questi vini sono fatti non per colpire la mente o il palato, ma il cuore e quello che la Sacra Rota potrebbe definire “spirito coeundi”. 

Per spiegarmi meglio rispolvero la platonica tripartizione dell’anima in razionale, irascibile e concupiscibile, che non per niente il filosofo spiega partendo dal concetto di sete.
Queste tre anime hanno sede in altrettante parti del corpo: la razionale risiede nella mente, l’irascibile nel cuore e la concupiscibile nel….basso ventre. Quasi sempre noi assaggiamo vini in maniera razionale, cercando cioè di estraniarsi dalle “fuorvianti” sensazioni  che possono arrivarci dalla passione ( anima irascibile) per una certa tipologia di prodotto, definiti non a caso “vini del cuore” o addirittura dal trasporto fisico (anima concupiscibile) verso quei nettari che ti risvegliano percezioni quasi carnali.
Vini così estremi, prodotti spesso solo in minima parte dall’anima razionale del produttore (nonostante faccia di tutto per convincerti del contrario) portano a valutazioni equivalenti. Si lascia perdere la fredda razionalità e si diventa iracondi o addirittura focosi cercando di difendere la propria posizione, che sia pro o contro quel vino. Per questo io non amerò e non mi “unirò” mai a bianchi dal colore aranciato dove il varietale non esiste, o a rossi che camuffano puzze per profumi. Allo stesso modo godrò come un riccio grazie a vini dove il varietale è l’anticamera di complessità future e dove certe ruvide scompostezze portano a particolarità uniche (che magari altri potranno tranquillamente definire come puzze insopportabili).

Purtroppo nel campo dell’irascibile e del concupiscibile il filosofo abdica al guerriero,  che notoriamente si appoggia non su sofismi ma su robuste spade, risolvendo le questioni a suon di mazzate e senza fare prigionieri.

Ecco: queste sono tipologie di vini dove non si fanno prigionieri, dove non esistono le mezze misure, dove il ragionamento serve solo prima dell’assaggio.

Sei avvisato…tu ipocrita lettore, mio simile, fratello!

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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