Montepulciano: Il mito di Bacco, Arianna e del 30%4 min read

Bacco era triste, inquieto e non riusciva a capire perché: venne in suo aiuto Arianna “O’ Bacchino, allegro! Ho capito perché tu se’ triste: ti sei annoiato di bere sempre lo stesso vino. Passi che, per rispetto alla religione di quell’altri,  tu voglia bere sempre quello fatto da San Giovese, ma forse, facendo mettere agli umani qualche altra uva lì dentro, verrebbe fori un vino differente e forse ti piacerebbe anche di più! “O Ariannina” rispose Bacco “Ma lo sai che la tua gli è una bella idea! Cercherò di farlo capire a quelli di Montalcino: sono attaccati a i’ Sangiovese come mignatte, ma con qualche sogno e qualche strale ben lanciato, son sicuro gli viene voglia di cambiare il disciplinare e metterci un pochino di Merlot e Cabernet”.


Passa un po’ di tempo e Arianna domanda a Bacco come è andata la storia con quelli di Montalcino “O Ariannina,  un’ mi dire niente: mi sa che ho fatto un bel casino. Qualcuno di Montalcino l’avevo convinto, ma parecchi son duri come i sassi e un’ volevano cambiare. Allora mi so’ un po’ arrabbiato e ho cominciato a lanciare frecce tipo cupido, solo che chi veniva colpito s’innamorava non d’una donna o d’un omo, ma di’ Merlot o di’ Cabernet. Però, te tu lo sai, non so’ bravo a lancia’ le frecce: ho sbagliato mira e ho beccato quelli di Montepulciano: che voi..so’ vicini! Ora però vogliono mettere ancora più Merlot e Cabernet nel  Vino Nobile: parlano addirittura del 30%, come se il 20% un’ fosse già abbastanza.  A me un’ mi pare vero, ma se lo sa Giove ho paura che s’incazzi e mi faccia diventare astemio!”

 

Fuor di mito e di metafora:  il Consiglio del Vino Nobile di Montepulciano proporrà ai produttori, nella prossima assemblea, l’aumento al 30% dei “vitigni raccomandati e/o autorizzati dalla provincia di Siena” (alias Cabernet, Merlot, Syrah etc) nel disciplinare. Questo cambiamento, se venisse accettato, porterebbe sicuramente il Vino Nobile verso una “internazionalizzazione”estrema.

Partendo dal presupposto che ogni produttore ( nonché associazioni di produttori)è liberissimo di seguire la strada che meglio crede ,mi pare almeno una proposta in controtendenza. Non si sono ancora placate ( e credo non si placheranno presto) le discussioni su un possibile cambio di disciplinare abortito a Montalcino che Montepulciano (patria del Prugnolo Gentile etc) accetta ben un 30% delle solite uve internazionali nel proprio Sangiovese, ben sapendo cosa voglia dire tagliare anche il 70% di quest’uva con vitigni marcanti come quelli.  O si ripone grande fiducia nelle qualità semidivine del terroir poliziano, che riuscirà a sangiovesizzare anche il Merlot, o comunque a renderlo inequivocabilmente riconoscibile come “di Montepulciano”(cosa che già si evinceva con un 20%……..forse!), oppure si vuole avere le mani libere per fare quello che ci pare. Una terza motivazione potrebbe essere quella di volersi differenziare molto rispetto agli ingombranti cugini di Montalcino ed al loro Sangiovese in purezza……ma stento a crederlo. Comunque, chi ci guadagna? Non lo so! Forse chi l’ha richiesto. Chi ci rimette? Tutti quelli che lavorano solo il Sangiovese o comunque solo assieme a vitigni autoctoni.
A questo punto, se fossi nei produttori “sangiovesisti” farei la proposta di chiedere la dizione “Vino Nobile di Montepulciano – Sangiovese” per quel vino fatto almeno con il 95%  di Sangiovese ed il 5% di altri vitigni autoctoni,  mentre il resto potrà coniarsi solo della dicitura “Vino Nobile di Montepulciano”.  Del resto se si è sempre giurato e spergiurato che il Prugnolo Gentile (alias Sangiovese) è il vitigno basilare per il Nobile mentre  dal 1989 si sono accettati disciplinari dove il suo peso è sempre stato minore, tanto vale ammettere ufficialmente di ”essere stati colpiti dagli strali di bacco…….magari per sbaglio” e quindi avallare  le due possibilità e far decidere al mercato.
Oppure facciamo decidere a Giove…….

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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