Sannio, dove si coltivano emozioni3 min read

Poche regioni come la Campania possono vantare il primato di avere tre grandi vitigni bianchi autoctoni. Se ne potrebbero forse aggiungere altri meno noti, ma sono prevalentemente Fiano, Greco e Falanghina a tenere alto questo primato.

 

In verità la falanghina è sempre stata considerata il vitigno meno blasonato, il più snobbato anche dalla critica.

 

Se greco e fiano hanno la loro terra d’elezione nell’Irpinia, la culla della falangina è il Sannio beneventano. Un territorio molto vasto che in superficie vitata conta 10.000 ettari con 7.900 produttori e  circa 1 milione di ettolitri di vino.

 

Numeri  che assegnano a quest’area il primato assoluto nella regione mettendola al primo posto nella produzione di reddito agricolo derivante da economia  vitivinicola.

 

La cosa che sorprende di più nel Sannio è la capacità di aver sconfitto quel pregiudizio tutto italiano verso la cooperazione.

 

Le realtà più grandi qui sono rappresentate da cooperative ( cantina Sociale  di Solopaca, La Guardiense e Cantina del Taburno) che riescono, con tutte le contraddizioni qualitative delle cooperative,  a mantenere  un livello qualitativo medio più che accettabile.

 

Coniugare quantità e qualità non è certo facile, ma in Sannio ci stanno provando e direi con buoni risultati medi. Naturalmente le punte più significative sono affidate come al solito ai “solisti” che hanno un effetto trainante, ma sarebbe riduttivo se anche loro non avessero le spalle coperte da strutture produttive con gradi numeri. Non è quindi sicuramente un caso se lo slogan adottato dal Consorzio di tutela è “Pizza e Falanghina” a sottolineare la vocazione fortemente popolare di questo vino che si lega ad uno dei cibi più  consumati nel mondo ed in Campania in particolare.

 

A questo proposito il Consorzio, guidato da un equipe di grande valenza, sta svolgendo un lavoro veramente encomiabile (raro esempio anche se non unico) nel comunicare e promuovere questo vino, assolutamente dimenticato sino a qualche decennio fa, supportandolo con  una serie di ricerche scientifiche concretizzatesi in un lavoro che ha per titolo “nel Sannio coltiviamo emozioni”.

 

Il titolo del libro potrebbe sembrare altisonante, ma credetemi ci sta tutto. Il Sannio però  non è solo falanghina, è anche tanto altro a cominciare dall’aglianico, che qui trova uno dei  capisaldi storici del vitigno aggiungendosi a quelli del Vulture ed al Taurasi, senza parlare del greco e della coda di volpe.

 

Certo parlare di falangina in termini generali potrebbe sembrare riduttivo, bisognerebbe addentrarsi nelle sue varie sfaccettature derivanti dalle diverse situazioni geomorfologiche, ma non è questa la sede idonea e la lasciamo ad un prossimo approfondimento.  Sono semplici ed epidermiche impressioni di un  wine tour  egregiamente organizzato dal Consorzio del Sannio, dal suo presidente Libero Rillo dal direttore Nicola Matarazzo e da Pasquale Carlo, a cui va ovviamente il mio ringraziamento.

Vino, cibo, paesaggio, accoglienza, veramente non saprei in quale ordine di priorità metterli, ma tutti assieme rendono grande questa terra ancora troppo poco conosciuta.

Pasquale Porcelli

Non ho mai frequentato nessun corso che non fosse Corso Umberto all’ora del passeggio. Non me ne pento, la strada insegna tanto. Mia madre diceva che ero uno zingaro, sempre pronto a partire. Sono un girovago curioso a cui piace vivere con piacere, e tra i piaceri poteva mancare il vino? Degustatore seriale, come si dice adesso, ho prestato il mio palato a quasi tutte le guide in circolazione, per divertimento e per vanità. Come sono finito in Winesurf? Un errore, non mio ma di Macchi che mi ha voluto con sé dall’inizio di questa bellissima avventura che mi permette di partire ancora.


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