L’Uva di Troia è la terza varietà autoctona a bacca rossa in ordine di importanza della Puglia. Non è altrettanto conosciuta e popolare del Negroamaro e del Primitivo, e certamente è meno diffusa di queste varietà, sia per estensione delle superfici vitate ( neppure lontanamente paragonabile a quella delle altre due con i suoi meno di 1.500 ettari), sia per ampiezza dell’area di coltivazione.
L’Uva di Troia si trova infatti praticamente soltanto nella sezione settentrionale della Puglia, diversamente dal Negroamaro (ormai arrivato anche nella Capitanata e nella Daunia) e dal Primitivo, distribuiti un po’ in tutta la regione, anche al di fuori delle zone tipiche.
Alla base delle nostre degustazioni, una trentina di vini a base di Uva di Troia , in purezza o in blend con altre varietà (principalmente Montepulciano, partner tradizionale dell’Uva di Troia).
Il gruppo più consistente ovviamente proviene dall’ambito delle denominazioni di Castel del Monte o dell’IGT Murgia, per la restante parte dalla provincia di Foggia. Si è trattato di vini di differenti annate, ma l’impressione generale è che, sia pure tra le incertezze di alcune annate non facilissime, specie nell’area di Castel del Monte, ci sia un lento, ma chiaramente rilevabile progresso sulla strada della qualità.
Non è certo un caso che più del 50% dei campioni assaggiati abbiano raggiunto almeno le 3 stelle, con alcune punte di grande qualità, e che nessuno dei vini degustati, anche quelli più semplici, sia andato sotto i due punti e mezzo ( che rappresentano comunque un prodotto buono e godibile) anche nell’area più giovane della Daunia, dalla quale non sono mancate alcune positive sorprese.
Questo anche considerando millesimi più complicati, come il 2014, nel quale, diversamente dalle attese più pessimistiche, non sono invece mancati alcuni vini soddisfacenti. Vini che talvolta sono apparsi un po’ semplici e con note di rusticità, ma sempre piacevoli e dotati di una bella bevibilità, con tannini non eccessivamente rudi e senza fastidiose note vegetali.
Questi risultati ci inducono a sperare che, man mano che i produttori avranno finito di riassestare gli impianti con ceppi più qualitativi e le vigne avranno raggiunto una maggiore maturità , la qualità non possa che crescere ulteriormente .
Basta del resto leggere i nomi dei vini che hanno ottenuto i punteggi migliori: non ci sono solo i nomi , ben conosciuti, dei produttori “storici”, che hanno comunque complessivamente ben figurato, ma anche aziende più giovani che, con gradualità, stanno assestandosi su stabili livelli di qualità.