Gomma gommina, vieni in cantina3 min read

Già nei trattati di Plinio il Vecchio, quando vengono descritti i festeggiamenti dei romani, si parla di vino dolcificato con miele. Da sempre il vino come tale ha delle caratteristiche non gradite al 100 % per il consumatore.
Nel corso dei secoli la tecnica di “addolcire” il vino ha subito una certa evoluzione. Se ci soffermiamo agli ultimi 20 anni, diversi metodi vengono utilizzati dagli Enologi per eliminare certe asperità del vino.
Ovviamente la concentrazione naturale degli estratti dell’uva è un metodo naturale per ottenere questo risultato: la perfetta maturazione polifenolica permette di ottenere dei tannini dolci e morbidi alla degustazione. Inoltre un’uva a perfetta maturazione ha anche un equilibrio zuccheri/acidi pressochè perfetto.
Ma questo risultato si ottiene lavorando in vigneto, diradando, aspettando la giusta data di raccolta e selezionando i grappoli migliori.
Soprattutto nelle zone viticole del Nord non sempre è facile arrivare a questi risultati, anche perchè dal punto di vista economico sono piuttosto onerosi. Molte volte si preferisce ricorrere a tecniche di correzione nelle ultime fasi precedenti l’ imbottigliamento.
Lasciando perdere tecniche illecite, come l’uso della glicerina, che guarda caso è stato abbandonato non appena è stato messo a punto un metodo di analisi affidabile, le due prassi più utilizzate sono il residuo zuccherino e la gomma arabica.
Il primo metodo è stato reso possibile dallo sviluppo tecnologico della microfiltrazione, per cui tutti i microorganismi che potrebbero rifermentare in bottiglia vengono trattenuti ed il vino risulta quindi stabile nel tempo. Il residuo zuccherino altro non è che un’interruzione della Fermentazione Alcolica quando mancano 5-10 g/l di zucchero, con l’impiego del freddo o dell’Anidride Solforosa. In questo modo si mantiene un residuo zuccherino naturale dell’uva, che ha la funzione di “ammorbidire” i vini secchi.
L’altra soluzione, decisamente più semplice e applicata dagli Enologi, è l’impiego di Gomma Arabica. Si tratta di una sostanza colloidale naturale, viene estratta da Acacia seyal o Acacia verec, le cui piantagioni maggiori sono in Africa, in particolare in Senegal.
La gomma arabica viene impiegata soprattutto nell’industria alimentare, nei dolci, nelle caramelle, nei succhi di frutta, è indicata come E 414 come additivo alimentare.
Nel settore enologico viene utilizzata per diversi motivi: effetto ammorbidente, stabilizzazione del colore, stabilità tartarica. Si tratta di un polisaccaride, quindi una molecola complessa, ma dalle caratteristiche organolettiche dolci e soprattutto non fermentescibile. Per questo motivo può essere aggiunta poco prima dell’imbottigliamento, facendo delle prove di laboratorio per determinarne il dosaggio. Generalmente se ne utilizza da 0,5 a 5 g/l, a seconda della tipologia di vino e dell’effetto voluto.
La legge ne consente l’uso su vino finito e non ne limita l’impiego, tranne negli Stati Uniti, dove è limitato il contenuto massimo a 5 g/l, ed in Giappone, dove non è autorizzata.
La determinazione nel vino è praticamente impossibile, in quanto è totalmente solubile, decisamente stabile nel tempo, praticamente inodore ed incolore, quindi a meno di avere un riferimento senza Gomma Arabica, anche per un degustatore esperto è molto difficile rilevarne la presenza. Non è nemmeno prevista l’indicazione in etichetta, per cui un consumatore non ha mezzi per distinguere un vino aggiunto da uno nature.
L’impiego della gomma arabica ha dei costi relativamente bassi, alla cantina non costa più di 5-6 €/kg, per cui si va ad un costo al litro di qualche centesimo, in funzione del dosaggio
Sicuramente è un coadiuvante enologico molto diffuso, per un motivo o per l’altro viene quasi sempre impiegato, non fosse altro per l’effetto “placebo” che ha sull’enologo, permettendogli sonni tranquilli
Sarebbe simpatico approfondire la notizia secondo cui la maggior parte delle piantagioni di Gomma Arabica sia di proprietà della famiglia Bin Laden, per cui in teoria i terroristi mussulmani si finanziano con i proventi della vendita del vino. Strano il mondo, no?

Andrea Sturniolo
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