Peter Dipoli: ecco cosa penso del Pinot nero in Alto Adige5 min read

Peter Dipoli è un personaggio famoso nel mondo del vino: produttore dal 1987, ha anche una distribuzione vini in Alto Adige.  Fondatore delle Giornate del Pinot Nero e del Concorso Nazionale Pinot Nero di Egna. Uno dei pochissimi italiani ad aver frequentato e superato (assieme al sottoscritto, ogni tanto una botta di autostima ci vuole n.d.r.) la prima selezione per Master of Wine fatta in Italia nel 1996.

Dopo il nostro articolo sul Pinot Nero che ha fatto molto discutere, abbiamo pensato di chiedere a lui un punto su questo importante vitigno in Alto Adige.

 

 

Winesurf. Buongiorno Peter e grazie per questa intervista. Dove pensi che il Pinot Nero in Italia possa dare buoni risultati?

 

Dipoli. Buongiorno. Sono convinto possa dare buoni risultati nelle zone che si avvicinano climaticamente alla terra di grande elezione del vitigno che è la Borgogna .

 

W. L’Alto Adige è adatto? Tutto o qualche parte?

 

D. Ci sono circa 450 ettari piantati a  pinot nero in Alto Adige,  ma molti di questi sono in zone dove c’è troppo caldo.

 

W. Quali sono, secondo te, le zone migliori per il pinot nero in Alto Adige?

 

D. L’alto versante est, sopra i 350-400 metri, della Val d’Adige da Salorno fino a Montagna, poi l’alta collina di Appiano, diciamo quella attorno ad Appiano Monte dove adesso nascono anche ottimi pinot bianco. Poi rimangono  le colline di Cornaiano, Colterenzio e Monticolo, magari altri posti dell’alta collina sopra a Terlano, poi la festa è finita.

 

W. Mazzon in questo quadro come la vedi ?

 

D. Credo che nella zona di Mazzon vengano i pinot nero più completi , forse perché c’è stato anche più impegno da parte dei produttori . Ma anche la zona di Glen (poco sopra  a Mazzon, n.d.r.)  ha ottime possibilità: Mazzon è più basso ma ha esposizione ovest-nord-ovest, mentre Glen è 100 metri più alta è ha esposizione sud-sud-ovest .  Il problema è anche il cambiamento termico: a causa sua dovremmo spostare più in alto i vigneti dalle zone che ritenevano ideali, ma non si può fare usando il cric dell’auto…

 

W.Quindi il pinot nero viene bene in zone al di sopra dei 400-450 metri, con esposizioni  anche sud?

 

D. L’esposizione sud non va bene per il pinot nero, perché anche se sei a 500 metri c’è comunque troppo caldo.  Un conto è la posizione est/nord-est che prende il sole molto tardi nell’arco della giornata estiva, un conto sono esposizioni che lo prendono presto la mattina. Per esempio a Termeno il sole arriva mettiamo alle 8 mentre a Mazzon alle 11: nel secondo caso la freschezza della notte si porta fino a mezzogiorno ed è un bene. L’esposizione sud  va bene per la Borgogna ma non per l’Alto Adige.

 

W. Da quanto  c’è il pinot nero in Alto Adige?

 

D. Come vitigno le prime barbatelle arrivarono  a livello sperimentale nel 1838, ma se si vuole parlare di piantagione bisogna andare al almeno al 1850-1860.

 

W.Quanti sono i produttori di  pinot nero in Alto Adige?

 

D. Partendo dai 450 ettari detti prima, bisogna dividere la cosa tra cantine sociali, cantine commerciali e/o grossi produttori che imbottigliano anche vini non prodotti da loro, e vignaioli produttori.

Ogni cantina sociale ha almeno un socio che produce Pinot Nero e ogni grosso produttore riesce sempre a trovare del pinot nero.     Quindi per queste due categorie si può parlare del100%, visto che il vino adesso è molto richiesto.

Per quanto riguarda i vignaioli questa percentuale scende notevolmente, attestandosi attorno al 30-40% per il semplice fatto che molti vignaioli sono in zone non vocate per il pinot nero e quindi non ce l’hanno. Per esempio nella zona di Santa Maddalena nessuno ha  pinot nero.

 

W. Che cosa pensi dei pinot nero altoatesini degli ultimi anni.

 

D. La qualità è cresciuta molto e non abbiamo mai bevuto così bene, il problema è che lo stile di questi pinot nero si sta indirizzando verso una maggiore concentrazione: sono  più alcolici, più “preparati” a scapito di quelli eleganti, che sono l’interpretazione forse più sincera del territorio.

 

W. Hai detto “preparati”, parola grossa, cosa intendi?

 

D. “Preparati” vuol dire tante cose: maturazioni più tardive, salassi in cantina, magari mettere un po’ di tannino a inizio fermentazione per polimerizzare gli antociani. Non voglio dire che si fanno tagli ma solo far capire che si tratta di vini che vengono messi un po’ a posto in cantina, sempre seguendo la richiesta del mercato che valuta la qualità del vino in base a parametri che forse non sono quelli del pinot nero.

 

W. Quindi se sbagliano, sbagliano nel voler ottenere vini troppo “commerciali”?

 

D. Si,  perché proprio quelli che io chiamo “maggiorati” sono i vini  che fanno sempre la differenza nel mondo mediatico-enologico, quelli che vengono premiati. Questo dipende anche dalla gente, che cerca la massificazione e non il vitigno nella sua espressione elegante. Il pinot nero in Alto Adige può dare soltanto vini eleganti, non vini potenti.

 

W. Cosa dovrebbero fare i produttori?

D. I produttori dovrebbero rispettare più il territorio e  il vigneto, non cercando di modificare, anche se in senso positivo, quello che gli dà la vigna, per esempio utilizzando più legno, perché queste sono operazioni che vanno a scapito della tipicità del territorio. Ma questo succede perché non c’è quella che io chiamo una sovranità del produttore: uno ha paura  di non farcela e allora fa quello che va bene in quel momento e non quello che dovrebbe fare.

 

W. Grazie mille Peter per queste parole.

 

 

Siamo a disposizione per ospitare le risposte o le annotazioni di altri produttori altoatesini.

 

 

La foto di Peter Dipoli è di www.winestories.it

 

 

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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