Supertuscan: Troppi culturisti fatti con lo stampino5 min read

Quasi 220 vini rossi, di 7 annate diverse (ma soprattutto del 2005 e 2004), dagli uvaggi più disparati (dai monovitigno a chi usa ben 8 uve diverse). Dalla Maremma a Bolgheri, da Pisa a Montalcino, da Montepulciano al Chianti Classico, da San Gimignano al Mugello. Cosa lega questi vini così distanti in tutto? Un nome: Supertuscan!
Nell’arco di una settimana di assaggi ci siamo fatti un’idea abbastanza chiara di questa tipologia di vino che è servito,soprattutto negli anni ottanta e novanta, a far conoscere ed apprezzare il vino toscano nel mondo.
Non è stato un lavoro semplice: se si escludono forse i pochissimi dell’annata 2006, tutti gli altri sono vini impegnativi, dove l’alcol e la concentrazione tannica giocano un ruolo fondamentale. Difficile assaggiarne più di 40-45 senza che il palato faccia le bizze. Devo quindi dire grazie a chi mi ha affiancato nella degustazione: Alessandro Bosticco, Bruno Caverni, Giampaolo Giacomelli e Pierlorenzo Tasselli.

Partiamo da una prima carrellata sulle annate.

2006
Dovrebbero essere definiti più che Supertuscan, Toscana IGT. Sono infatti vini abbastanza semplici ed immediati, da bere giovani: le avanguardie di truppe ben più consistenti. I fratelli maggiori riposano ancora in legno e non entreranno in commercio prima, come minimo, di un anno. Certo è che se il buongiorno si vede dal mattino…..(sensazione già avuta assaggiando in anteprima i Chianti Classico 2006) questa vendemmia in Toscana non promette grandi cose: speriamo di sbagliarci.

2005
Annata di vini freschi e piacevoli, non ci è sembrata una vendemmia adatta in generale per i Supertuscan, almeno per come vengono ancora intesi dalla stragrande maggioranza delle aziende: vinoni potenti e concentrati. Ancora non tutti i grossi calibri sono scesi in campo ma da quelli  assaggiati il quadro ci sembra chiaro. Chi metterà in commercio Supertuscan anche di buona potenza, ma più giocati sulla freschezza e la bevibilità avrà centrato l’obbiettivo. Chi invece cercherà di, come si dice dalle nostre parte “far fare limoni alle querce” si ritroverà con vini tannici e scomposti, disarmonici, che maturando difficilmente potranno migliorare sensibilmente. Questo a prescindere dal tipo di uve usate.

2004
L’annata di riferimento per la nostra degustazione: qui ci sono tutti i grossi calibri a confrontarsi con una vendemmia da tutti (da noi un po’ meno) definita importante. C’erano quindi sulla carta tutte le caratteristiche per fare dei Supertuscan con i controfiocchi e nessuno si è tirato indietro. Potenza a sfare, alcolicità importanti, tannini grossi come cavalli e pedalare. Per fortuna il passare degli anni ha portato consiglio sull’uso del legno, che si è smussato e ridimensionato, altrimenti…
Come vedrete dai risultati degli assaggi ci sono molti buoni vini ma la sensazione generale è che si sia un po’ ecceduto nell’estrazione durante la vinificazione. A parte sparuti casi manca quasi completamente l’eleganza e  non crediamo che il futuro possa dargliela. Gli amanti dei vini muscolari saranno nel loro centro, anche se i nostri  assaggiatori erano concordi nel trovarli ben fatti, ma da una parte molto simili e dall’altra piuttosto scontati. Sulla somiglianza vogliamo soffermarci un momento. Quando uno va a spendere cifre importanti si aspetta anche vini con un loro carattere preciso e non solo potenti, alcolici e strutturati, dove le caratteristiche aromatiche provengono più dai legni che dalle uve.  Cosa li differenzia altrimenti dall’immensa gamma, sia nazionale sia internazionale, dai vini della stessa tipologia e fascia di prezzo?

2003 ed altre annate.
Due note solo sul 2003, per confermare quanto è emerso più volte: annata difficile, difficile, difficile! Si è cercato di correre ai ripari ma purtroppo tanti vini sono squilibrati in partenza ed hanno profumi molto maturi e di scarsa finezza. Poche le eccezioni alla regola.

 

 

“Trasversalmente” parlando, l’assaggio ci ha lasciato non pochi dubbi, soprattutto sulla notevole somiglianza di tanti vini. Abbiamo avuto la sensazione che più si vuole fare un vino diverso, per interessare o per stupire il mondo e più si cade nel già visto, gia sentito, già provato. Ad un certo punto ci è venuta in mente l’immagine di un gruppo di culturisti: hanno fatto una fatica boia (e magari preso tanti di quelli steroidi da inciucchirsi) per mettere su masse incredibili di muscoli, per poi ritrovarsi ad essere tutti grossi uguali. L’unica differenza è la faccia, ma quella era diversa anche prima.
Come accennato invece buone notizie dal fronte legni, che sono diventati più umani ed equilibrati, mentre nel campo dei vitigni credo si sia arrivati al punto di non ritorno. Oramai si è piantato tutto dappertutto con il risultato (scusate ma ci devo tornare) di rirovarsi con vini fatti quasi con lo stampino. Forse sarebbe stato meglio piantare meno e concentrarsi di più su alcuni vitigni in determinati terreni. Con tutto il rispetto per chi lo ha fatto, investendo tempo e denaro, ma le fughe in avanti con vitigni tipo Pinot Nero, Mourvedre, Grenache, Petit Verdot, (per non parlar di Carignano e Teroldego) non ci sembra abbiano portato ad oggi a risultati di un qualche rilievo.
Una nota sulle possibilità di abbinamento e sulla bevibilità di molti di questi vini: sarà l’alcol alto, sarà che sono ancora troppo giovani, (ma di molti stanno per entrare le nuove annate sul mercato) sarà che la componente tannica è spesso troppo ruvida e non fa corpo unico con l’acidità, ma mettendoli in tavola si rischia di lasciare la bottiglia praticamente intatta.
Per fortuna i prezzi in diversi casi ti permettono di respirare. A parte i vini storici che oramai sono assestati su cifre alte ma consolidate negli anni, diversi Supertuscan hanno prezzi inferiori al 20-22€ in enoteca. Una mezza nota positiva tra tante che ci hanno lasciato diverse perplessità.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE