Guida tascabile Johnson: il mondo dei vini in tasca6 min read

Quest’anno in sovracopertina ci sono due flûtes e tante stelline dorate. Un po’ banale, ma si tratta di festeggiare davanti al mondo quarant’anni di fortunate edizioni. Il "Pocket wine book " 2017 di Hugh Johnson si sta diffondendo sui cinque continenti, venduto ufficialmente a 11,99 sterline o 16,99 dollari USA; anche  meno in versione elettronica.

 

Passato Natale il prezzo calerà, salvo poi risalire per via del collezionismo. Si possono trovare infatti edizioni passate a costo superiore a quello di uscita, nonostante che la tiratura non sia da rarità editoriale: dodici milioni di copie dichiarati per la scorsa edizione sono tanti.

 

Il tascabile si presenta come il "number one bestselling wine guide", e non c’è ragione di dubitarne. Certo la parola "guide" non è da intendersi nel senso dell’Hachette o del Gambero Rosso, e non a caso il termine usato nel titolo è piuttosto "book". 

 

Le voci sono ben seimila, ma ovviamente ognuna è risolta in poche righe, con la compicità di tanti simboli e abbreviazioni che vanno imparati per navigare veloce. Se per esempio avete urgenza di sapere qualcosa sui Coteax de Glanes dell’alta Dordogna l’acronimo DYA vi raccomanda di comprarli giovani e berli subito. Molte delle voci subiscono minime variazioni di anno in anno; poche spariscono e anzi in generale il numero aumenta: l’edizione 2005 pesava ottanta grammi in meno, adesso siamo a tre etti.

 

Quindi la recensione dettagliata dell’ultima etichetta messa in commercio non è quello che il lettore si aspetta, le valutazioni sono piuttosto per denominazioni e aziende, espresse in stelle il che mi ricorda qualcosa…

 

In compenso è molto apprezzabile il puntiglioso riferimento alle quotazioni delle annate, che abbonda per le etichette più prestigiose (il Grange di Penfolds indietro fino al ’55, per dire); ma è ben presente pure all’inizio dei capitoli nazionali, diviso per macrozone se del caso (lista dei millesimi per la Mosella distinta da quella per il Rheingau e così via).

 

Per curiosità e sempre a proposito di valutazioni, se vi riesce di avere fra le mani una delle edizioni più vecchie, potreste trovarci l’ironica proposta di uno schema di valutazione qualitativa, una sorta di "Scala Johnson", dove in sostituzione degli odiati centesimi veniva proposto di giudicare un vino in base allo schietto gradimento che è capace di generare. In chiave dichiaratamente antiparkeriana si andava da "una sniffata" (abbastanza per lasciare il bicchiere pieno sul tavolo) fino a "bere tutto il vigneto".

Ma torniamo alla sostanza: il panorama vinicolo è largo, basato sulla collaborazione di una trentina di redattori, fra cui molti Master of Wine.

 

E’ un panorama diviso per nazioni, e sono tante: oltre ai soliti noti potete curiosare fra i vini del Montenegro, della Bolivia o del Giappone. Qualche riga se la meritano pure Marocco e Tunisia, e possono sembrare barzellette ma Hugh Johnson è una garanzia di serietà ed è arrivato ai dodici milioni di copie perchè questo prodotto è pratico quanto affidabile.

 

Non solo affidabile comunque: chi ha letto almeno uno dei suoi libri sa che si tratta di un gran divulgatore, maestro nell’intrattenere oltre che nel comunicare con scrupolo. In questo pocket sono presenti infatti anche sezioni più giornalistiche, piacevoli alla lettura e ricche di commenti sull’attualità nonchè di stimoli provocatori, come le prime dieci pagine. "Se vi piace il Soave, dovete provare il Godello", e via con altri suggerimenti azzardati oltre che difficili da seguire (ho cercato vini prodotti dall’uva Godello – risultato zero per ora).

 

Fra le entries che costituiscono il corpo dell’opera, invece, saltano all’occhio qua e là delle righe in rosso, disseminate nel testo. Sono piacevoli frasi di alleggerimento, tipo "I nomi ungheresi hanno una pronuncia da incubo: quattordici vocali!" (Ungheria), o "La più bizzarra festa del vino? Si svolge in settembre a Sant’Adurni d’Anoia, è il Festival della Fillossera" (Spagna); il che ti fa venire la voglia di saltare subito su Wikipedia per vedere di che si tratta.

 

 

Insomma la lettura non annoia, per quanto mi riguarda è il tipo di libro che porto in treno, apro a casaccio e sfoglio. Se poi cercate spunto per discussioni a cena con gli amici enofili basta che scorriate le pagine dedicate al "wine & food", sulle quali Johnson non fornisce regole ma spara i suoi abbinamenti piatto per piatto, da Abalone a Boudin noir giù fino a Zabaglione.

A volte sembra voler accontentare tutti i gusti dei suoi eterogeneri lettori: il pollo Tandoori può andare con Riesling e Sauvignon Blanc ma anche con un Bordeaux leggero, con del rosso italiano leggero servito fresco, con uno Champagne (o Cava) e in fondo anche con uno Sherry Amontilado o Palo Cortado… Molto più originale e saggia la sezione che, all’opposto, parte dai vini più significativi e ci abbina il piatto; peccato anzi che sia una lista breve.

 

 

Per festeggiare le prime quaranta edizioni il grande Johnson ha allegato altrettanti articoletti, o "wine stories", piazzati nella sezione finale. Seguendo l’idea dell’altitudine, ad esempio, potreste andare su e giù fra il vulcano di Madera e il Malbec argentino d’alta quota, fra il Nerello dell’Etna e le alture sui fianchi di Napa Valley, senza retorica anzi incontrando qualche rilievo critico.

In un’altra story si viene a sapere che intorno a Vienna sono tornati di moda i vini prodotti fermentando nello stesso tino tutti i vitigni locali, e che si chiamano Gemiscther Sats: un metodo tanto ancestrale quanto certi Lambrusco di nostra conoscenza, descritti sul finale della carrellata.

 

Nell’insieme il tascabile è unico nel fotografare cos’è il vino nel mondo di oggi, a  un prezzo contenuto. Per noi vedere l’Italia com’è percepita può essere anche istruttivo, al di là delle singole voci, più o meno stellate, di denominazioni, aziende e tipologie. E’ interessante il caso di Bordeaux, l’unico bacino enologico che per Johnson merita un capitolo a parte, separato dalla nazione di appartenenza. Non si tratta di un primato di qualità, ma semplicemente di peso sui mercati planetari (la produzione bordolese è più di cinque volte quella del totale dei Chianti).

 

In ogni caso in mezzo a tanta attenzione per il commercio globale e per paesi che sono sotto i riflettori per un successo plurisecolare o per l’ambizione di ottenerlo, fa piacere vedere Johnson descrivere con precisone realtà nazionali diverse come la Svizzera, sostanzialmente ignorate al di là dei loro confini. 

 

Last but not least, come direbbe lui, questo Pocket dall’alto dei suoi milioni di copie è un prodotto editoriale puro e può permettersi di non avere un centimentro quadrato di pubblicità. Grande bonus.

 

Alessandro Bosticco

Sono decenni che sbevazza impersonando il ruolo del sommelier, della guida enogastronomica, del giornalista e più recentemente del docente di degustazione. Quest’ultimo mestiere gli ha permesso di allargare il gioco agli alimenti e bevande più disparati: ne approfitta per assaggiare di tutto con ingordigia di fronte ad allievi perplessi, e intanto viene chiamato “professore” in ambienti universitari senza avere nemmeno una laurea. Millantando una particolare conoscenza degli extravergini è consulente della Nasa alla ricerca della formula ideale per l’emulsione vino-olio in assenza di gravità.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE