La sidra8 min read

I casi della vita, e nella fattispecie il matrimonio con una meravigliosa ragazza autoctona, mi hanno fortuitamente portato a conoscere un bellissimo ma quasi sconosciuto spicchio d’Europa, le Asturie, dove producono e servono una delle bevande più piacevoli e versatili esistenti al mondo: la Sidra Naturale Asturiana.

Le Asturie si trovano nel nord ovest della Spagna, su una rotta di solito trascurata dalle orde di visitatori, anche italiani, che ogni anno assediano questa grande nazione.

La Spagna in se, è senza dubbio un paese straordinario dal punto di vista architettonico e paesaggistico, ma ancor più straordinario dal punto di vista dell’attaccamento alla sua storia e alle sue tradizioni. Vivendo in un’Italia che cambia sotto i nostri occhi a ritmi forsennati, lanciata all’inseguimento di una fantomatica “modernità” abbandonando lungo il cammino quelle usanze che la hanno resa agli occhi del mondo un Paese “simpatico”, le differenze con la Spagna sono ancora più evidenti. Pur rimanendo vero il fatto che gli italiani e gli spagnoli sono molto simili, è sempre più vero che purtroppo la somiglianza fra lo spagnolo e l’italiano esiste solo quando quest’ ultimo è di buon umore, ovvero possiamo dire che uno spagnolo, è un italiano felice e scherzoso.

Cosa sarà che rende i nostri cugini iberici così spensierati? Sicuramente una migliore qualità della vita, molto più simile a quella che anche noi avevamo venti o trent’anni fa, fatta di ritmi più lenti, attaccamento alla famiglia, amicizia e tradizione…La Spagna non è nel G8: voi dite che è grave? Secondo me ci guadagnano in salute.

La Sidra Naturale Asturiana è prodotta dal frutto principe del panorama asturiano, la mela, e rientra perfettamente in una pianificazione (a lungo termine e tutta spagnola) di sanità mentale: è l’essenza del piacere, della leggerezza e della compagnia.

Parleremo qui di seguito di Sidra Naturale per differenziarla da un’altra produzione, quella della Sidra “Champagnata”, versione spumantizzata, meno nobile e più commerciale.

La Sidra Naturale Asturiana (da qui in avanti semplicemente sidra) divide con il più comune “sidro” di fama anglosassone l’origine celtica, ma si distingue per una maggiore finezza di palato e per l’assenza pressoché totale di gas: ciò permette di abbinarla con molto successo alla cucina tradizionale asturiana (e non solo), ma anche di berla evitando la scomoda sensazione di aver inghiottito un pesce palla in un sol boccone.

Da buon amante del vino, devo confessare il mio scetticismo durante la prima visita nelle Asturie, quando il mio futuro cognato  e gli altri parenti, facendomi da ciceroni, mi portavano a zonzo per la regione…Nemmeno l’ombra di una vigna, solo mele, alberi di mele a perdita d’occhio.

“Mannaggia, io sono pure allergico alle mele” pensavo, ma mi accorsi in fretta che fortunatamente non ero allergico al succo di mele fermentato, un’ulteriore prova che Dio esiste ed è giusto.

Durante la cena del mio secondo giorno nelle Asturie, mio cognato pensò bene di tentare un approccio forte: in quattro ci sedemmo ad un tavolo di una affollata sidreria di Oviedo, la splendida città-salotto capoluogo della regione, e io lasciai a lui la questione dell’ordine: una serie di piatti mai sentiti e sidra per tutti.

Queste sidrerie sono posti strani: un forte odore di sidra ti investe all’ingresso, misto a quello del fumo (ancora immancabile nei locali spagnoli ma in via di estinzione: ci ha pensato il buon Zapatero), per terra è tutto cosparso di segatura e ogni due o tre tavoli si scorge un mezzo secchio, di quelli fatti di legno che uno si immagina nelle baite svizzere per la mungitura delle vacche. In posizione centrale, quasi fosse un palcoscenico, c’è solitamente il bancone del bar…Ma che strano: dove il bancone incontra il pavimento, vi è una sorta di canalina di scolo, piena di gusci di cozze ed altre amenità.

Intanto arriva il cameriere con il pane, una bottiglia di sidra e due bicchieri. “Due? Avranno finito i bicchieri? Allora tutto il mondo è paese, non succede solo nel mio ristorante…” Non ebbi nemmeno il tempo di articolare il pensiero che già il cameriere stava versando: con una pedata spostò il mezzo secchio vicino al nostro tavolo, sollevò la mano che reggeva la bottiglia più in alto che poteva mentre quella con i due bicchieri stava bassa a mezza coscia: sembrava un orologio umano che segnava le sei di pomeriggio…Un sottile rivolo di sidra uscì dalla bottiglia e andò a colpire il bordo del grande bicchiere, raccogliendosi sul fondo: non a caso “una porzione” di sidra è chiamata culete. Questi bicchieri sono simili a quelli “da pinta” inglesi, solo di un vetro sottilissimo e molto leggeri. Il cameriere smise di versare quando nel bicchiere c’erano solo due dita di Sidra, porse il bicchiere a mia moglie e cominciò a versare nell’altro bicchiere. Mia moglie bevve di un fiato, lasciando una piccola quantità di liquido nel bicchiere e lo svuotò per terra. Questa scena mi lasciò senza parole: un vero rituale.

I bicchieri sono sempre in numero inferiore a quello dei convitati perché si dividono in segno di amicizia; proprio perché si condividono i bicchieri, si lascia un po’ di sidra per “pulire” il bicchiere laddove si sono poggiate le labbra. La sidra non si versa, si escancia così come appena mostrato dal cameriere, perché il suo urto sul bordo del bicchiere la “apre” stuzzicando quel residuo di anidride carbonica rimastogli dalla fermentazione: in questo modo il gusto è davvero diverso, più pieno, ma questo vuol anche dire che bisogna berla appena escanciada (altrimenti si cheta) e che bisogna berla di un solo sorso. Ero stregato. Erano ancora i tempi in cui vivevo a Londra e ricordo di aver pensato subito che, per la mentalità inglese, una sidreria avrebbe chiuso in due giorni: non si può infatti bere come lavandini ma si è alla completa mercé della tempistica dei camerieri, i quali, comunque, sono davvero in gamba.

Arrivò il mio turno di bere e bevvi. La sidra era leggera dei suoi soli 5 gradi alcolici,  aveva un gusto rotondo ma secco, a metà strada fra un succo di mele fresco ed un Gavi giovane e fragrante. Si abbinava in maniera stupefacente ai piatti ordinati da mio cognato ed io avevo trovato un motivo di più per aspettare con ansia il mio prossimo viaggio nelle Asturie.

Con una bottiglia, 75 centilitri che all’epoca costavano circa 260 pesetas, il cameriere fece sei porzioni e notai velocemente che quella era una costante. Coprimmo il nostro fabbisogno per quella cena con quattro bottiglie, vale a dire con una spesa di poco superiore alle 12000 lire: ogni commento mi pare superfluo…

Con tutti i piatti ordinati, dal polipo al maiale, dal prosciutto ai peperoni ripieni, la sidra si abbinava meravigliosamente ed il mio amore per questa bevanda cresceva con ogni sorso e con ogni boccone.

“Chi è il produttore?” pensai. Guardavo attentamente la bottiglia per la prima volta dall’inizio della cena e…Non aveva etichetta!! Una bottiglia verde, piuttosto tozza e completamente anonima. Manifestai il mio stupore ad Alfonso, mio cognato, che mi spiegò che l’unica firma dell’ “autore” stava sul tappo delle bottiglie, ma che la comunità europea si stava già prodigando per eliminare questa tradizione introducendo l’etichetta.

Ebbi modo di verificare ciò nelle mie successive visite: le bottiglie “anonime” sono ormai scomparse, ma a me piaceva il sistema: il gestore della sidreria andava ogni anno alla “espicha” (E’ il Vinitaly del mondo della sidra: si fa in campagna e nessuno litiga per il parcheggio…), provava la sidra di tutti i produttori (circa 40) e sceglieva quella da vendere per tutto l’anno a venire. Una qualità, solo una. Gli avventori delle sidrerie sceglievano quindi il loro locale a seconda di due discriminanti: qualità del cibo e qualità della sidra.

“Andiamo da Marcelino, ha una sidra fantastica”: vi è mai capitato di fare un’affermazione simile su una birreria? Ti fidavi del tuo palato, non di chi riusciva commercialmente a far più pubblicità! Ora questo aspetto romantico non esiste più, ma sarei ipocrita se dicessi che la sidra non è più quella di prima.

La sidra è sempre la stessa: questa fantastica bevanda, che con la sua acidità incide anno dopo anno solchi profondi sulle mani dei camareros, si prepara ancora con il mosto fermentato dell’assemblaggio di differenti varietà di mele (la D.O.P ne ammette 22, ma le sole Asturie ne vantano più di 500 varietà), che apportano l’equilibrio esatto di dolce, acido e amaro. Il mosto fermenta e permane in apposite botti (toneles) circa cinque mesi prima di essere imbottigliato e commercializzato, per poi deliziare il palato di molti affezionati estimatori, ma solo localmente.

Ecco il dramma: se leggendo vi è venuta una gran voglia di un dissetante culete de sidra, dovete per forza andare a berlo nelle Asturie. Anche se riusciste a trovarla su internet (ma mi sembra improbabile…) chi ve la escancierà? La sidra è davvero un raro esempio di prodotto no-global, che vi darà la precisa sensazione di territorio solo trovandovi in quel territorio, senza paura di veder aprire una sidreria all’angolo di casa, magari al posto di un fast food appena chiuso.

Per maggiori informazioni:

www.sidra.com

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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