Prosecco Superiore DOCG 2015: in crescita ma…7 min read

Non è mai facile parlare di Prosecco, nella fattispecie di Conegliano Valdobbiadene Superiore e in particolare quest’anno, per una serie di motivi.

 

1. Siamo di fronte alla più grande DOCG italiana (attorno agli 85 milioni di bottiglie) con un trend di crescita che fa invidia a tutte le altre.

 

2. E’ una grande DOCG, ma piccola nello stesso tempo, perché il gigantesco “cugino” Prosecco DOC (oltre 350 milioni di bottiglie) la tiene spesso nella sua enorme ombra mediatica e commerciale.

 

3. Quello che è successo con il “licenziamento shock”, dalla sera alla mattina, dello storico direttore Vettorello se non altro è un segnale che i nervi non sono molto distesi e che qualche problema di gestione della crescita pare non faccia dormire diverse persone.

 

Con queste tre premesse potete capire come muoversi soltanto sul campo del vino degustato possa essere riduttivo, ma quello è stato il nostro lavoro per 4 giornate di assaggi e di quello, almeno in questo articolo ci sembra giusto parlare.

 

In quattro giorni abbiamo degustato quasi 300 vini del 2015 (grazie mille al Consorzio per l’ospitalità e l’organizzazione degli assaggi) e, visti appunto i numeri, crediamo sia meglio utilizzare dei semplici dati statistici che però devono successivamente essere ragionati.

 

Dal punto di vista della media stelle troviamo al primo posto il Superiore Extra Dry con 2.52 stelle, seguito da vicinissimo dal Superiore Brut con 2.48 e dal Superiore Dry con la stessa media. Staccato il Cartizze con 2.16 stelle di media.

 

Detto questo vediamo nel dettaglio partendo dal Superiore Brut

 

Conegliano Valdobbiadene Superiore Brut (meno di 12 grammi di zucchero)

 

E’ sicuramente la tipologia più di moda, quella più in crescita e quella secondo noi con le maggiori possibilità di produrre grandi Superiore. Non per niente, pur avendo una media stelle leggermente più bassa è la tipologia che ha più vini con almeno 3.5 stelle. Che i produttori ci puntino si capisce anche dal fatto che ha il maggior numero di “Rive” al suo interno, cioè di vini prodotti in zone particolari con rese leggermente più basse (ma delle Rive parleremo più avanti).

Sul concetto di “Brut” bisogna intendersi: anche se aumentano di anno in anno, ben pochi sono i vini  con meno di 6-7 grammi di zucchero, e forse da un punto di vista commerciale credo sia anche giusto. Avendo infatti un mercato che ricerca soprattutto piacevolezza e rotondità, produrre vini che puntano a fare concorrenza ai metodo classico “pas dosé” forse può essere vincente per una cantina ma non credo per l’idea che il mondo ha del Superiore.

 

E il mondo che berrà un Superiore brut del 2015 mediamente troverà vini puliti al naso (pur se con qualche sentore di mela matura in più rispetto al 2014) e con corpo di buon livello anche se con qualche spigolo, classico dell’annata. I più attenti troveranno punte veramente eccellenti proposte a prezzi piuttosto bassi. Insomma, abbiamo trovato vini più grassi e armonici del 2014 ma senza quella complessa freschezza che è una delle gambe su cui si regge il Superiore.

 

Conegliano Valdobbiadene Superiore Extra Dry (tra i 12 e 17 grammi di zucchero)

 

L’annata 2015 è stata certamente più adatta all’Extra Dry, perché non solo in un prosecco qualche grammo di zucchero in più serve a smussare spigoli e a dare maggiore rotondità al tutto.

Alla fine dei salmi questa categoria è quella che ha più vini con 3 e 2.5 stelle ed è quindi quella con maggiori garanzie per un consumatore medio.

Le punte sono più tra i Brut ma gli Extra dry sono sempre e comunque la categoria più prodotta, più consumata e di riferimento. I 2015 sono indubbiamente piacevoli ma forse ci saremmo aspettati qualcosa in più da alcune aziende di riferimento.

 

 

Conegliano Valdobbiadene Superiore Dry (tra i 17 e i 32 grammi di zucchero)

 

Tipologia che nel 2015 è andata meglio che nel 2014, specie per i nasi aperti e con belle note floreali accanto a sentori di frutta.

Anche se l’annata è stata calda i vini hanno mostrato buon equilibrio tra acidità e zuccheri al palato, con alcune punte molto interessanti.

Categoria molto meno prodotta rispetto alle altre due, nel 2015 mi è sembrata in crescita dal punto di vista sia della qualità media che delle punte.

 

 

Superiore di Cartizze.

 

Prima di parlare del Cartizze soffermiamoci su alcuni concetti: forse il Conegliano Valdobbiadene Superiore è uno dei vini più moderni del mondo, dove moderno non ha accezioni negative (non è fatto usando e abusando di moderna tecnologia di cantina, tanto per capirsi) ma fortemente positive: è un vino che va incontro al consumatore, che non si vergogna di essere “giustamente” semplice, abbordabile anche nel prezzo. E’ un vino che il mercato conosce e riconosce e questa è una delle chiavi del suo successo.

 

Per questo ci meravigliamo, perchè quella che dovrebbe essere la punta di diamante di questo successo, cioè il Cartizze, sia non solo il vino che ci ha deluso di più negli assaggi, ma quello di gran lunga meno moderno. Infatti non è da chi conosce e agisce sui mercati proporre un vino che costa come minimo il doppio rispetto agli altri e che mediamente ha una qualità inferiore a qualsiasi brut, Extra dry o dry.

Va bene, sono pochissime bottiglie (nemmeno un milione e mezzo) ma questa non è una scusa per proporre un vino con nasi più maturi, bocche meno corpose, eleganti e complesse degli altri prodotti aziendali. Probabilmente avrà un suo mercato di affezione, ma da colline meravigliose e uniche come quelle di Cartizze credo sia obbligatorio produrre un vino diverso.

 

 

Parlando di Rive…

Forse le punte di diamante del Superiore stanno piano piano diventando le “Rive”. Si tratta di vini (così recita il disciplinare) provenienti da territori particolarmente vocati e prodotti con una resa leggermente inferiore. Qui non voglio discutere se sia più o meno giusto avere tutte quelle “rive”, anche se personalmente reputo che si sia seguito il concetto che “una riva non si nega a nessuno”. Tantomeno mi sembra improbabile che con pochi quintali in meno per ettaro si possa fare grande qualità, ma credo sia giusto sottolineare che in diversi casi le Rive stanno diventando “la palestra” dove alcuni produttori si esercitano a fare un vino più complesso e profondo, che si distacca dagli altri per caratteristiche organolettiche e soprattutto per metodologia produttiva. La cosa interessante è che questi vini iniziano ad essere proposti anche con un giusto periodo di maturazione e spero che in futuro il disciplinare delle Rive obblighi  a rese ancora più basse e uscite in commercio sempre più tarde. Naturalmente si parla anche qui di poche bottiglie (per adesso sotto ai due milioni) ma sicuramente importanti per certe fasce di mercato.

 

 

di “millesimati”.

 

Mentre molte, troppe bottiglie, giocano sul fatto del “Millesimato”. Il 99.99% dei Prosecco Superiori in commercio sono della stessa annata ma quasi nessuno la mette in etichetta, usando però il termine “Millesimato” come distintivo di un vino di qualità superiore. Forse lo sarà anche ma sicuramente crea un bella confusione tra i consumatori.

 

E di altri Prosecco

 

Due, ma proprio due parole sui tranquilli e sui col fondo: pochissimi in degustazione e quindi impossibile dare un giudizio. Però se i tranquilli stanno naturalmente estinguendosi i col fondo saranno una bella fetta di futuro per questo territorio, anche se saranno “consortilmente” difficili da regolamentare.

 

Mi accorgo che l’articolo è lunghissimo ed è l’ora di chiuderlo anche se le cose da dire su questo vino e su questo territorio sono tante. 

 

Chiudo con una confessione: da quando per lavoro degusto Prosecco Superiore ho iniziato a berlo anche a casa, con una soddisfazione che solo pochi anni fa credevo impossibile. Forse sto invecchiando o forse sto diventando moderno come il Superiore?

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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