Friuli bianchi 2015. Sauvignon, chardonnay, traminer: non male ma sauvignonopoli lascia il segno3 min read

Dopo aver parlato degli autoctoni (vedi ) andiamo a vedere come sono andati nel 2015 gli “alloctoni per antonomasia” cioè sauvignon e chardonnay, con l’aggiunta dell’emergente traminer aromatico.

Partiamo dal sauvignon, ma non possiamo farlo senza prima spendere due righe per ricordare che ancora la tanto sbandierata inchiesta “sauvignonopoli” è ferma al palo. Da mesi dovevano essere terminate le indagini preliminari ma ad oggi tutto è fermo e la figuraccia mediatica del vino friulano non trova modo di essere lavata e digerita.

Per non parlare delle aziende inquisite, per adesso nel doppio scomodissimo ruolo di “cornute e mazziate”.

Speriamo che la magistratura faccia chiarezza e alla svelta.

 

Veniamo ai sauvignon del 2015. Anche se l’annata calda ha portato a note aromatiche piuttosto mature (in alcuni casi troppo mature) i sauvignon, specie  del Collio e dei Colli Orientali, hanno mantenuto una bella potenza aromatica, anche se le gamme più fini di profumi sono difficilmente riscontrabili. Siamo in presenza di sauvignon molto d’impatto, non finissimi al naso, con un buon corpo ed una coriacea concretezza al palato. Le altre zone ci hanno mostrato sauvignon più ovattati anche se di buon livello.

 

Non per voler tornare a quanto detto all’inizio,  ma le note “neozelandesi” che negli anni scorsi andavano per la maggiore, quest’anno non sono praticamente pervenute, segno che “sauvignonopoli” ha comunque modificato equilibri, metodi e approcci al vitigno. Sono tornati in auge il peperone, il seme di peperone e addirittura la pipì di gatto. Non sappiamo se sia un bene o un male, ne prendiamo solo atto. Voto alla vendemmia: 8

 

Come bisogna prendere atto che tra gli Chardonnay 2015 quelli dell’Isonzo sembrano avere una marcia in più: segnali interessanti arrivano anche dalle Grave e la cosa non può che farci piacere.

Gli chardonnay 2015 mostrano una semplice e lineare concretezza e difficilmente scendono verso quelle sensazioni di vuoto in bocca trovate invece a bizzeffe in altre parti d’Italia. Mediamente sono vini affidabili, senza grandi possibilità di invecchiamento ma adesso assolutamente gradevoli e ben fatti.

Ma vogliamo e dobbiamo fare un passo indietro, tornare al 2014 e constatare che quella vendemmia ci sta proponendo alcuni vini (entrati adesso in commercio) che definire eccezionali è dir poco.

A questo punto ci sembra che la zona dell’Isonzo stia affinando le armi per proporre grandi chardonnay da invecchiamento con complessità, lunghezze e piacevolezze da paragonare a tanti bianchi borgognoni.

Non siamo di fronte ad un solo nome ma ad un gruppetto di ottime cantine che propongono chardonnay eleganti, complessi e strutturati senza però quella spalla eccessiva e spesso inutile, quel legno prevaricante, quella grossolanità provinciale che ha marcato e marca tanti pseudo grandi vini da questo vitigno. Vogliamo provare a buttare lì anche il fatto che molto del merito va al territorio/terroir e al giusto modo di intenderlo? Comunque se nell’Isonzo nascono praticamente gli unici chardonnay in legno che noi amiamo, un motivo ci sarà! Torniamo comunque al 2015 per dare il voto all’annata: 7

 

Chiudiamo la nostra chiacchierata con i Traminer Aromatico, unico vitigno del gruppo “altre uve” con un minimo di etichette per poter dare un giudizio sensato.

Quando, qualche anno fa, ci arrivano i primi traminer storcemmo un po’ la bocca perché non vedevamo dove poter piantare questo vitigno con una minima possibilità di successo. I primi risultati davano ragione alle nostre previsione da Cassandre ma, addirittura con una vendemmia calda come il 2015, dobbiamo in parte ricrederci perché abbiamo assaggiato alcuni traminer con nasi freschi e “didattici” e bocche per niente cadenti o con chiusure troppo amare.

Aspettiamo ulteriori conferme prima di cospargerci il capo di cenere, nel frattempo accendiamo il fuoco per avere la cenere. Voto alla vendemmia del Traminer Aromatico: 7

Nel prossimo (e ultimo articolo) che pubblicheremo lunedì 26 settembre, parleremo di pinot grigio, pinot bianco e uvaggi.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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