Borgogna: grande visita al Domaine Bruno Clair6 min read

Guglielmo Bellelli ci parla del Domaine Bruno Clair, una delle cantine visitate durante il recente viaggio della redazione di Winesurf in Borgogna.

 

Ad accoglierci è Philippe Brun, l’enologo che collabora ormai da 30 anni (dal 1986) con Bruno Clair. Siamo nella cantina di Marsannay-la-Côte, nella quale vengono vinificate le uve di tutti i vini del Domaine, un riferimento sicuro per chi viene in Côte d’Or. Circa 23 gli ettari di proprietà: possono sembrare pochi, ma coprono un ventaglio molto ampio di terroirs della Côte de Nuits (da Marsannay a Vosne-Romanée) sforando nella Côte de Beaune , con piccoli possedimenti, molto qualitativi, ad Aloxe, Pernand-Vergelesses e Savigny.

 

Qui , armati di pipette, assaggiamo i vini della  già celebrata vendemmia 2015, ancora in fusto. Cominciamo naturalmente dai tre Marsannay: non è certo la denominazione più prestigiosa della collezione di Bruno, ma sicuramente quella a cui è più legato. E’ da Marsannay che parte la sua storia: il Domaine attuale nasce infatti dalla dissoluzione, per vicende di disaccordi familiari,  del Domaine Clair-Daü, fondato dal nonno di Clair, Joseph,  subito dopo la prima guerra mondiale. Il Domaine Clair-Daü fu tra quelli più prestigiosi del suo tempo, e al nonno di Clair si deve la nascita del primo Marsannay rosé (quella di Marsannay è l’unica AOC  borgognona a modularsi in tre colori, bianca, rossa e rosata). A Marsannay, alla fine dell’800, era ancora il Gamay a dominare, ma per uscire da una crisi commerciale che sembrava senza sbocco, su iniziativa appunto del nonno di Clair,  si iniziò a sostituire gradualmente i suoi impianti con il pinot noir.  Bruno ha cominciato la sua avventura nel 1978 davvero con pochissimo: qualche parcella a Marsannay, qualche affitto a Fixin, un po’ di terra incolta acquistata  a Morey-Saint Denis.

 

Poi il suo piccolissimo Domaine ha man mano potuto allargarsi con l’assorbimento di altre proprietà familiari, fino al raggiungimento dell’assetto attuale. Ma torniamo ai nostri Marsannay: non hanno certo la notorietà e l’importanza dei vini che Bruno ricava dai suoi grand cru (Bonnes-Mares, Chambertin-clos-de-Bèze e Corton-Charlemagne), ma esprimono perfettamente la filosofia di Clair, secondo cui i vini devono esprimere al massimo le caratteristiche di ciascuna parcella , senza interferenze. Basta assaggiare, come abbiamo fatto noi, uno dietro l’altro, i suoi tre Marsannay (Vaudenelles, Grasses-Têtes e Longeroie) per rendersene conto.

 

Diversissimi: più fresco e leggero il primo, un vino da bere più giovane, che viene dalla parte più alta del pendio, dove il suolo è più povero; più tannico e potente il Grasses-Têtes, che proviene dalla parte a media altezza, più ricca di argille pesanti; infine più ricco e complesso il Longeroie, che proviene peraltro da alcune delle vigne più vecchie (con ceppi quasi centenari, che risalgono al 1924). E’ ovviamente troppo presto per fissare giudizi definitivi sui vini che verranno da questa vendemmia, ma l’assaggio è sufficiente a far percepire la loro differente personalità.

 

Eppure si tratta di parcelle che distano tra di loro pochissimo (solo Longeroie  è un po’ più distante, trovandosi nella parte nord di Marsannay, quella più vicina a Chenôve). Abbiamo proseguito con i villages di Morey-St. Denis, Chambolle- Musigny e Vosne-Romanée, per passare poi ai premiers crus: dapprima il sorprendente Dominode, un premier cru di Savigny-lès-Beaune, proveniente da una vigna centenaria. Quattro i premier cru di Gevrey-Chambertin, preceduti dall’assaggio del village: Fonteny (monopole del Domaine), Petite Chapelle, Les Cazetiers e il Clos Saint-Jacques, il super-premier (come è stato definito, ovvero il decimo dei nove grand cru di Gevrey) di questo territorio eccezionale. Infine i monumentali Bonnes-Mares e Chambertin Clos de Bèze.

 

Di questi ultimi abbiamo potuto poi assaggiare anche i vini del 2014, non ancora pronti, ma ovviamente in uno stadio molto più avanzato di affinamento, da campioni messi in bottiglia per l’occasione. Abbiamo chiuso (alla francese: prima i rossi, poi i bianchi) con il più semplice Marsannay blanc del 2014 e il Corton-Charlemagne grand cru della stessa annata. Impossibile descriverli tutti, né sarebbe giusto oltrepassare qualche semplice  impressione, trattandosi di vini non ancora pronti per il rilascio, che avverrà, per l’annata 2014 , non prima dell’autunno, e per l’annata 2015, addirittura alla fine del 2017.

 

Ma , fatte salve le gerarchie-ovviamente i grand cru non lo sono per caso-e a parte forse il Petite-Chapelle, apparsomi al momento il più indecifrabile, mi ha molto impressionato il monopole del Domaine, il Clos du Fonteny :  una piccola vigna di poco più di mezzo ettaro (0,68 ha.), di 30-45 anni, confinante con Ruchotte, uno dei grand cru di Gevrey- Chambertin, dal quale peraltro, con le sue argille bianche,   differisce moltissimo per le caratteristiche del suolo.  

 

Un vino potente, con una struttura tannica solida, ma quanta finezza. Infine, il Clos de Bèze 2014. Ovviamente ancora in divenire, ma già si intuisce la sua enorme materia.

 

Quello di Clair, poi, è noto per il suo eccezionale equilibrio: dovuto, forse , al fatto che la striscia di circa un ettaro posseduta dal Domaine, taglia questo eccezionale climat dalla sua parte più alta  a quella più bassa, con suoli diversissimi nelle sue diverse sezioni, che contribuiscono a farne un vino capace di sintetizzare potenza e finezza.  Aggiungo che due terzi di questa vigna furono piantati nel 1912, e quindi hanno oggi più di cent’anni, mentre il resto ha comunque  superato i 40. Naso intensamente floreale e speziato, con suggestioni di frutti rossi selvatici e humus, bisognerà attenderlo per molti anni per apprezzarlo appieno.

 

L’affiatata coppia Clair-Brun (si potrebbe fare qualche gioco sui nomi Bruno/Brun) ha messo a punto una serie  di vini  complessivamente impressionante, frutto di una intesa che dura da decenni. Le linee-guida sono molto chiare: non utilizzo di sostanze chimiche di nessun genere, lotta ragionata alle malattie della vite, selezione severa in vigna e, successivamente, in cantina; vinificazione parzialmente  à grappe entière secondo l’annata, fermentazione alcolica solo a partire da lieviti indigeni; raffreddamento se necessario per contenere le temperature di fermentazione, non oltre i 32-34 gradi; la cuvaison  dura in media tra due e tre settimane; pigeage secondo necessità (da due a otto volte al giorno); la malolattica comincia generalmente in primavera con i primi caldi; l’élevage è effettuato in fusti di quercia nuovi nella misura del 20-50% a seconda della cuvée, e si protrae per 16-22 mesi  a seconda dei millesimi. Poi, il resto lo fa madre natura.

 

Domaine Bruno Clair, 5 Rue du Vieux Collège, 21160 Marsannay-la-Côte, Francia; www.bruno-clair.com

Tel.:+33 3 80 52 28 95

 

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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