Aleppo, per non dimenticare1 min read

Ad Aleppo ci sono stato una volta sola ma è bastato per sentirmi  a casa.

 

Portato a spasso sul cassone di un’Ape come se fosse il taxi più lussuoso del mondo, in un mercato  dove ho mangiato cose di una bontà e di una sporcizia assoluta, a prendere un caffè al Baron Hotel, dove Lawrence d’Arabia si fermava a dormire e dove Agatha Christie scrisse “Assassino sull’Orient Express”.

 

Lì ho incontrato l’unico produttore di vino siriano che abbia mai conosciuto: gentilmente mi chiese di parlare in francese perché l’inglese per lui non era la lingua del vino.

 

Era una città profondamente piena di vita e questi ragazzi che dalle sue macerie chiedono aiuto, mi fanno sentire un vigliacco.

 

Qualcuno nel 2006, quando ci sono stato, forse non era nemmeno nato , qualcuno forse è parente di quel gentilissimo produttore di vino, qualcuno forse oggi non è più vivo.

 

Non so cosa possa fare un giornalista di vino di fronte a queste tragedie: poco, miseramente troppo poco.

 

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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