E’ sempre un piacere andare all’Anteprima del Romagna Sangiovese Riserva e pure quest’anno (visto che nel primo pomeriggio della domenica c’erano due seminari) mi sono mosso volentieri anche se era la domenica mattina dopo la lunga settimana toscana delle anteprime.
La passione dei romagnoli per il loro Sangiovese è palpabile e ha venature bonariamente naif, come quando affermano che il sangiovese è nato in queste terre per poi migrare in Toscana (come se una primogenitura del genere cambiasse lo stato delle cose) oppure esageratamente ottimistiche, che porta sempre e comunque a presentare in anteprima dei vini che invece dovrebbe stare ben chiusi in cantina.
Ma andiamo con ordine: nel primo convegno pomeridiano si è capito che il sangiovese romagnolo è diverso da quello toscano soprattutto per i terreni su cui è piantato.
Ma questa diversità è ben strana, infatti da una parte porta a vini piacevolmente semplici, che possono addirittura andare in commercio a dicembre dell’anno di vendemmia e dall’altra indirizza verso sangiovese dove, lavorazioni sicuramente attente ma forse troppo “estrattive”, portano a delle Riserve (oggetto dell’anteprima) ruvide e poco armoniche anche dopo alcuni anni di bottiglia, figuriamoci in anteprima, figuriamoci del 2013.
Figuriamoci poi se su 35 riserve in degustazione quasi la metà sono campioni da botte: a quel punto l’assaggio si sviluppa tra il riconoscimento delle varie tostature delle barrique, con buona pace del tuo naso e del tuo palato.
Indubbiamente (per fortuna!) ci sono riserve già abbastanza delineate, dove si trova potenza e buona grassezza, ma forse per permettere ai vini di esprimersi un po’ meglio, sarebbe auspicabile evitare di gettare in assaggio non solo dei campioni da botte, ma anche vini magari imbottigliati da pochi mesi.
Capisco che il format è quello, ma un’anteprima può essere anche un momento dove fare un punto di quello che il mercato presenta. Per questo è giusto presentare le Riserve 2012 tutte regolarmente imbottigliate, molto meno le Riserve 2013 che, da una parte sono campioni da botte invalutabili e dall’altra vini imbottigliati che comunque andranno in commercio (la stragrande maggioranza) tra a un anno o più.
Inoltre, in un momento in cui si vuole focalizzare l’attenzione sulle diversità tra le varie sottozone, presentare vini che hanno diversità dovute solo al tipo di legno è un’assurdità che non riesco a comprendere. Come non sono riuscito a comprendere le Riserve del 2013 e quindi non mi sento di parlarne; forse tra un anno potrò spingermi più avanti.
Adesso mi spingo invece indietro per dire due parole sulle Riserve del 2012, annata caldissima e difficile, che questi vini sembrano però aver digerito abbastanza bene. A parte alcuni alcol fuori registro ho trovato comunque delle belle tannicità abbastanza dolci e molto concentrate, con sapide freschezza di indubbio livello. Ancora sono giovanissime ma si comincia a vedere quello che nelle 2013 si può solo, nella migliore delle ipotesi, immaginare.
E immaginando mi piacerebbe anche trovare in degustazione i Romagna Superiore, sicuramente la tipologia che amo di più e mi sembra più centrata per un mercato che sempre meno punta verso vini monolitici e scorbutici e sempre più verso prodotti profumati (non dal legno), di buon corpo e media serbevolezza.
Meditate romagnoli, meditate.