Quanto è “dolce” il vino italiano!6 min read

Certe volte girovagare su Facebook ti porta a scoprire cose molto interessanti, come per esempio lo scambio di messaggi tra Gianluca Morino, ottimo produttore di Barbera (Cascina Garitina) e Luca Missori che, sotto lo pseudonimo WineMining organizza interessantissime degustazioni.

 

Leggendo il loro pubblico scambio di idee e dati mi sono trovato davanti ad una serie di nomi di vini di aziende vinicole molto famose, con accanto un numero che era troppo basso per essere l’alcol e stranamente alto se si fosse trattato dell’acidità: era lo zucchero residuo in quel vino, e di fronte a numeri anche “in doppia cifra” ho sgranato gli occhi. Non stavano infatti parlando di vini dolci o di rossi nati da un parziale appassimento delle uve modello Amarone ma di vini “secchi”.

 

Incuriosito ho chiesto ai due (che ringrazio!) dove avessero trovato quei dati e la risposta è stata “sul sito della SAQ, il monopolio canadese del Quebec.”

 

Chi ci ha seguito in passato per il caso dei Chianti DOCG venduti in cisterna e imbottigliati in Canada , sa che il monopolio del Quebec è forse il più grande acquirente mondiale di vino, che poi rivende nei suoi negozi o nei supermercati di questa enorme regione.

 

Quando la SAQ decide di inserire un vino nelle sue referenze per prima cosa lo fa analizzare (con spese a carico del produttore) e tra queste analisi c’è anche quella degli zuccheri. Inserisce poi il vino, con i relativi dati analitici nel suo catalogo che comprende circa 9000 vini , di cui quasi 1500 italiani .

 

Tra questi 1500 mi sono fiondato come un cane da tartufo che scopre un terreno pieno di trifole ed ho trovato tantissimi vini insospettabili con zuccheri residui incredibili. Sia bianchi che rossi, forse percentualmente più rossi che bianchi.

 

Ma lo stupore non è stato tanto dovuto ad un discreto numero di vini famosi con zuccheri residui tra i 6 e i 10 grammi litro (sic) ma ad un numero veramente impensabile  di rossi con gradazioni sui 13° e con zuccheri tra i 3 e i 5 grammi litro. 

 

Fermiamoci un attimo e ragioniamo: normalmente in un vino ci sono sempre dei residui zuccherini causati da zuccheri infermentescibili. Questa percentuale normalmente si attesta attorno a 1-1.5 g/l, che magari in annate piuttosto calde può arrivare anche a 2 g/l. Quando però si trovano vini con residui zuccherini sopra a 2.5-3 g/l (e non arrivano da vini particolari come Amarone) forse qualche domandina occorre farsela anche se la legge recita che un vino può avere fino a 2 grammi di zucchero in più rispetto all’acidità totale.

 

La prima domanda è “ Ma tutto questo rientra nel disciplinare di produzione?” credo di non sbagliarmi dicendo di si, anche se alcuni vini IGT con più di 10 grammi di zucchero  mi fanno pensare a cosa possa servire un disciplinare con queste caratteristiche.

 

La seconda domanda  è “Ma questi sono gli stessi vini che in Italia consideriamo secchi?” Anche qui la risposta è si. E’ anche vero che una delle frasi più amate da diversi produttori è “Quella dolcezza che senti si deve alla glicerina, alla maturità delle uve, all’equilibrio generale, e ad altri X motivi” e invece magari è dovuta proprio allo zucchero. A questo proposito mi sono informato: molto probabilmente in questi casi al vino finito, prima di essere imbottigliato, viene aggiunto del MCR (mosto concentrato rettificato) che alza così il livello zuccherino del vino. Naturalmente questo può portare a squilibri o addirittura a rifermentazioni, che però vengono bloccate, da una parte con filtrazioni sterilizzanti e dall’altra con dosi maggiori di anidride solforosa, e non mi sembra cosa da poco.

 

La terza domanda è “ Ma c’è qualcosa di male nel mettere qualche grammo di zucchero in più?” Da un punto di vista puramente salutistico credo proprio di  no, ma un ottimo vino rosso secco non dovrebbe ricorrere a questo genere di trucchetti, come in passato molti grandi (e meno grandi) rossi italiani non avrebbero dovuto ricorrere alla glicerina  e alla gomma arabica in un passato molto… presente.  

 

La quarta domanda è "Magari questi sono vini fatti per un mercato più "abboccato" dove i vini piaccioni leggermente più dolci?" A parte che diversi di questi vini sono Signori Vini, con tanto di premi a destra e manca, ma grazie a degli amici abbiamo tagliato la testa al toro e analizzato uno di quei vini, comprandolo in enoteca. Il risutlato degli zuccheri è stato lo stesso riportato sulla scheda della SAQ,

 

Insomma, girando sul sito della SAQ quello che viene a galla e che diversi rossi italiani, anche importanti, “ce provano” ad essere più rotondi e quindi piacevoli grazie al quel grammo (forse due, spesso tre) di zucchero che il disciplinare permette.

Poi ci sono quelli “impuniti” che arrivano a 6-7-10, addirittura 12 grammi litro. In questo caso è divertente notare che la SAQ definisce questi vini “demi-sec”, mentre in Italia sono venduti per secchi, strasecchi.

 

A questo punto so cosa state aspettando: I NOMI! Ma i nomi non ve li faccio per due motivi.

 

Il primo è che non è giusto gettare la croce su X solo perché è in quell’elenco, mentre magari Y ha vini ancora più dolci ma, non vendendo in Canada, nessuno verrà a saperlo (della serie “Il mio vino sembra dolce perché la glicerina, la maturità delle uve, etc.).

Il secondo, quello più importante,  è che non voglio togliervi il piacere di scoprirli da soli. Bastano dieci minuti, andare sul sito della SAQ alla sezione Italia e potrete divertirvi veramente. (A questo proposito: dopo aver cliccato sul link, selezionate un vino. Lo zucchero residuo non di trova nella prima schermata ma leggermente in basso, dove c’è scritto in francese o in inglese “informazioni dettagliate).

 

A questo punto però mi sento di mettere tutti (produttori e consumatori) in guardia di fronte al fatto che il vino italiano sta prendendo forse (più o meno velocemente) una piega “cocacolesca”, che rischia di portare su una strada facile all’inizio ma alla fine senza ritorno. Se infatti andiamo a camuffare le naturali caratteristiche di tanti bei rossi ( e bianchi) italiani dietro grammi di zucchero, alla fine quello che conterà sarà solo la rotondità del vino, con buona pace di migliaia e migliaia di produttori che cercano di portare avanti il loro terroir, le loro acidità alte, i loro tannini ruvidi ora ma vellutati tra qualche anno, insomma le loro caratteristiche uniche. 

 

Meditiamo tutti, gente, meditiamo.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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