Nebbioli Alto Piemonte: lo “champagne” del Nebbiolo4 min read

Tutte le volte che mi avvicino ai nebbioli ALTOP, cioè dell’Alto Piemonte, mi sento come un archeologo che scopre una civiltà scomparsa. Se infatti nomi come Gattinara, Ghemme, Sizzano, Boca, Fara sono sicuramente conosciuti, la storia di questi territori è tanto affascinante quanto difficile da comprendere nella sua “autodistruzione”, che ha portato territori basati sulla viticoltura a trasformarsi radicalmente.

 

Se facessimo un salto indietro nel tempo di 70-80 anni troveremmo in queste terre  più viti di quanto non abbia adesso la Langa. La zona del Boca era praticamente un unico vigneto, dalle colline di Gattinara fino a dove arrivava lo sguardo c’erano solo vigne mentre oggi….attorno a Gattinara è pieno di boschi, a Sizzano sono rimasti in cinque a fare vino DOC, nel Boca poco più di dieci, in diversi comuni c’è un solo (un solo!!!!) produttore di vino, cosa che nemmeno nel deserto dei tartari potrebbe accadere.   Insomma, se esistessero degli  enoarcheologi dovrebbero scandagliare a fondo questo meraviglioso territorio per capire il perché di un così immane tsunami viticolo.

 

Ma oggi, una volta passato lo tsunami, gli appassionati del vino possono trovare un bel numero di perle che niente hanno da invidiare a quelle che normalmente si “raccolgono” in Langa o in Valtellina.

 

Mi fermo a questi due paragoni perché qui è terra di Nebbiolo, ingentilito in alcuni casi da vespolina e croatina. Forse il termine ingentilire non è consono a questi nebbioli perché, anche se in alcuni casi hanno un’acidità che acuisce la sensazione tannica,  molto più spesso la fittezza tannica è austera ma non ruvida anzi, quasi vellutata.

 

I tannini sono molti ma aggraziati e mi viene da paragonarli alle bollicine fitte, cremose, costanti e persistenti dei migliori champagne.

 In realtà diversi nebbioli dell’Alto Piemonte potrebbero essere definiti  veramente “gli champagne del nebbiolo” perché la loro proverbiale finezza trova paragoni di piacevolezza solo in zone del profondo nord francese.

 

E di questi “Champagne” ne ho trovati diversi! Andate a guardarvi i punteggi e vedrete che oltre il 22% dei vini ha ottenuto un punteggio uguale o superiore a 3.5 stelle e se prendiamo in considerazione le 3 stelle la percentuale arriva al 65%. Dati non da denominazione importante, da Sancta Sanctorum enoico!

 

A proposito di denominazione….non so come dirlo ma….. rimanere agganciati solo a denominazioni storiche e blasonate ma sicuramente con una buona dose di muffa storica addosso, non credo possa portare acqua al mulino dei produttori.

Prima di venir fucilato sulla strada da Gattinara a Ghemme arrivo alla fine del discorso.

Non dico di togliere DOC e DOCG, per carità,  ma di riunirsi sotto un super marchio consortile che potrebbe essere proprio Nebbioli ALTOP.

 

Il marchio esiste già, si tratterebbe di condividerlo, potenziarlo ed evidenziarlo sulla bottiglia con un logo, un qualcosa che possa dare un minimo di peso commerciale per poter in parte evitare la microparcellizzazione aziendale, visto che la stragrande maggioranza dei vini sono prodotti in poche migliaia (addirittura centinaia) di bottiglie.

 

Come si può pensare di farsi notare in Italia o (peggio ancora) nel mondo,  portando avanti una DOC che commercializza meno bottiglie di un qualsiasi produttore medio langarolo??

 

Forse un marchio generale, con un buon impatto mediatico, (il Gallo Nero vi dice nulla?) potrebbe servire ad unire commercialmente quello che la storia ha diviso.

 

Ma torniamo ai vini: non solo per ringraziare, ringraziare, ringraziare, il consorzio Nebbioli Alto Piemonte e la sua presidente, Lorella Antoniolo, per essersi spesi a raccoglierci i vini. Questo lavoraccio alla fine ha portato a avere più di 50 campioni, suddivisi da una parte in un bel gruppetto di Colline Novaresi DOC e dall’altra dalle DOCG Gattinara e Ghemme e da gocce di DOC di Sizzano, Fara, Boca.

 

Fermo restando che le “gocce” sono valutabili solo singolarmente ci sembra di capire che Gattinara (ma di Ghemme mancavano alcuni nomi importanti) stia piano piano allungando il passo, presentando non solo i soliti grandi nomi di riferimento, ma anche un gruppetto non esile di buoni-ottimi produttori. Una certa massa critica-qualitativa che non ci sembra, almeno per adesso, esserci a Ghemme.

 

Ma basiamoci sui nostri cinquanta vini: praticamente tutti mostrano un generalizzato miglioramento qualitativo, sia in vigna sia in cantina.  Non abbiamo trovato un solo vino difettato, solo alcuni tappi di scarso valore che hanno purtroppo rovinato delle bottiglie. A proposito di bottiglie, che bellezza trovare (quasi) tutte bottiglie leggere, che soddisfazione vedere un territorio che non si basa sulle bottiglie pesanti per farsi largo nel mercato. Questo per noi ha un grande valore e dobbiamo darne atto al consorzio e ai produttori: niente chimere o specchietti per le allodole, solo buon vino!

 

In definitiva da quest’assaggio indubbiamente positivo è nata la voglia di tornare tra quelle colline e fare per almeno 4-5 giorni “l’enoarcheologo”,  visitando più cantine possibile per capire veramente a quanto ammontano le “perle” che l’Alto Piemonte presenta.

Lo farò, lo faremo!

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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