Chianti DOCG sfuso e imbottigliato in Canada…parliamone!4 min read

Oggi non ci occuperemo dei grandi vini italiani da tutti osannati, e nemmeno di quelli “semplicemente”  ottimi, buonissimi  o buoni.

 

Grazie ad un nostro lettore canadese ci occuperemo invece  del mondo del vino di cui quasi nessuno, specie i giornali specializzati in vino, parla: il mondo del vino sfuso che gira il mondo in cisterna per poi essere imbottigliato a destra o a manca.

 

Questo è il vero mercato, quello che fa numeri e spesso anche soldoni perché uno sfuso comprato a meno di un euro può essere tranquillamente rivenduto a 10-12, con guadagni facilmente immaginabili.

 

Ma veniamo ai fatti. Un nostro lettore canadese ci sottopone il caso del monopolio del Quebec (SAQ) che importa da anni Chianti DOCG sfuso per poi farlo imbottigliare in Canada con una propria etichetta  e venderlo con ricarichi astronomici. Aldilà del prezzo di vendita più o meno alto a noi interessa più capire come possa una DOCG attraversare l’oceano in cisterna con fascette al seguito e poi essere imbottigliato….da chi?? Dove??? Come?? Chi controlla che in quelle bottiglie ci sia realmente del Chianti DOCG??

Diciamo questo perché il sito internet  dell’imbottigliatore del Chianti DOCG Elisabetta Mazia  www.legrandsclasiques.com (marchio commerciale di proprietà del SAQ) riportato sulla bottiglia non esiste e questo non può che farci pensare male.

 

A questo punto servono precisazioni  tecnico-legislative, ma che sono fortemente legate all’immagine del vino italiano nel mondo.

Se il disciplinare di produzione del vino non lo vieta,  imbottigliare (e quindi vendere)  il vino sfuso  DOCG fuori zona (estero compreso) è possibile, però l’imbottigliatore deve aver ottenuto una deroga dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e per ottenerla bisogna praticamente dimostrare che si era imbottigliato Chianti ancor prima della DOCG o comunque dell’ufficializzazione del registro delle deroghe.

Quindi chi imbottiglia il Chianti DOCG  per la SAQ, cioè le Grands Classiques Import, deve avere una deroga. Sicuramente ce l’avrà, anche perché questo imbottigliare non è altro che il gigante mondiale Constellation, ma i comuni mortali non possono togliersi lo sfizio di sapere che deroga sia e come e quando l’ha ottenuta.

 

Quelli tra voi più esperti staranno per dire “Ma se ha la fascetta si può sapere tutto”.

Purtroppo non è così semplice e infatti un amico del nostro lettore canadese ha chiesto lumi al Consorzio Chianti inviandogli la fascetta e si è visto rispondere dal direttore Alessandro Bani  in persona che   “l’informazione  che ci sta chiedendo è di natura sensibile e non siamo tenuti a divulgarla se non agli Organi preposti”.

Di natura sensibile?? Ma non ci sono consorzi che hanno la tracciabilità completa, cioè inserendo il numero di fascetta sul loro sito ti fanno sapere ogni dato relativo alla produzione? Quindi cosa c’è di sensibile che un consorzio possa farlo sapere e uno no? Probabilmente niente ma forse una cosa che è meglio non far sapere c’è.

 

A questo punto però si entra ancor più nei meandri della legge che sembra permetta, per la vendita all’estero in cisterna, di far richiedere l’idoneità del vino (e quindi la relativa fascetta) non al produttore del Chianti ma all’imbottigliatore, e quindi il dato sulla fascetta si potrebbe anche riferire ad un imbottigliatore X che ha sede molto lontano dall’Italia. Così, in una fascetta che dovrebbe dirti chi produce quel vino, probabilmente potresti solo trovare chi lo imbottiglia in Canada e questo, per un vino DOCG che si basa su un forte concetto di territorialità,  non sarebbe certo una bella pubblicità.

 

Così non ci resta che una cosa, chiedere al direttore del Consorzio Chianti una risposta in merito e magari un’intervista che possa chiarire ogni possibile dubbio.

In effetti il marchio Italia e in particolare quello Chianti non fanno certo una grande figura a far arrivare un vino dotato di fascetta (e, ci dicono, di qualità veramente scadente!)  in Canada senza che un consumatore possa sapere da dove viene quel vino. Inoltre il Consorzio di Tutela dovrebbe vegliare sul fatto che nelle etichette appaiano dati corretti ed eventualmente sanzionare.

Ma è possibile realmente che un consorzio possa controllare del vino imbottigliato dall’altra parte del mondo? Se si, attraverso quali canali?

 

Insomma, abbiamo tante domande da fare e nei prossimi giorni telefoneremo ad Alessandro Bani per parlare con lui di queste cose, che riguardano non solo regole normative ma soprattutto l’immagine del vino italiano nel mondo. 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE