Giovanni Bigot: ecco cosa penso di “Sauvignon connection”5 min read

Giovanni Bigot è forse l’agronomo friulano che più di tutti ha studiato il Sauvignon. Ci abbiamo fatto due chiacchiere in merito a quanto successo.

 

Winesurf. Buongiorno Giovanni, per favore presentati da solo.

 

Giovanni Bigot. Sono agronomo dal 1998, ho uno studio di consulenza con sede a Cormons che si chiama “Per le uve” e curo le uve ( assieme ad alcuni collaboratori) di quasi quaranta aziende friulane. Inoltre ho effettuato ed effettuo ricerche sulle uve in collaborazione con università ed istituti nazionali ed esteri per trovare nuove soluzioni e poi trasferire nella pratica quello che propone la ricerca.

 

W. In particolare ami il sauvignon.

 

GB. Si, è un vitigno di cui ho iniziato ad occuparmi dal 2004, proponendo alle aziende un lavoro che quasi sempre all’inizio  è puramente sperimentale  (tecniche nuove di  coltivazione, etc) e solo dopo porta a risultati pratici. Ho effettuato studi sul vitigno da cui sono partiti anche diversi progetti con collaborazioni di università estere.

 

W. Tu collabori con varie aziende friulane , facci qualche nome.

 

GB. Villa Russiz, Renzo Sgubin, Gradisciutta, Tiare, Vistorta, Ronco delle Betulle, Gigante..

 

W. Quindi collabori anche con alcune delle aziende che sono state visitate nei giorni scorsi dai NAS. Prima di parlare delle perquisizioni ti chiedo, secondo te, cosa è successo?

 

GB. Qualcuno mosso da invidia ha spinto a fare questi controlli, forse perché quelle cantine hanno dei sauvignon particolari e interessanti.

 

W. Sembra però che a monte di tutto ci sia Ramon Persello, lo conosci?

 

GB. Certo  che lo conosco.

 

W. Ci hai collaborato?

 

GB. Certo. Lui è un esperto di bioclimatica e quasi sempre i nostri rapporti erano inerenti alla bioclimatica, a problemi di climatologia.

 

W. Anche se lui lavora in climatologia si sta parlando invece di pozioni da Mago Merlino..

 

GB. Certo ho letto…

 

W.Da questo punto di vista tu cosa pensi riguardo ad un eventuale signor x che vende alle aziende a-b-c  una sostanza y per aromatizzare il proprio vino…

 

GB. Vedi, in molte aziende faccio e continuerò a fare servizi mirati alla coltivazione del sauvignon e non soltanto del Sauvignon,  con l’idea di arrivare ad avere alla fine aromi diversi e particolari da diverse vigne aziendali: aromi diversi che poi in blend creano complessità aromatica. Ho detto non solo del sauvignon perché nelle stesse aziende, per tutti i vitigni sono state create tecniche agronomiche diversificate per ottenere diversità e complessità aromatiche. Queste diversità si ritrovano in cantina, nei vini. Non so quante analisi ho fatto di precursori aromatici, che corrispondevano a quello che avevamo nelle uve. Sul resto…. Che dire.. sono forse quello più colpito, che rischia di vedersi azzerare a livello mediatico, il proprio lavoro a causa di quelle “pozioni”.

 

W. A proposito, se si  vendono e si comprano “pozioni magiche” aromatiche, come si fa a ritrovarle nel vino? Preciso:  il tiolo y da aroma di frutto della passione….come faccio a riconoscere se arriva da un lavoro agronomico e da una vinificazione particolare e lecita o solo dal fatto che ci ho buttato una bottiglietta dentro?

 

GB. Questo dal punto di vista analitico non te lo so dire con precisione, mentre dal punto di vista sensoriale vorrei precisare: nel vino non c’è soltanto un profumo ma un insieme di aromi, questa impronta aromatica non sarà mai singola. Quindi non avrai mai soltanto il frutto della passione ma accanto a questo, per esempio, l’ananas, il pompelmo rosa e altro. Gli aromi in purezza si sentono solo in soluzioni idroalcoliche da laboratorio.

 

W. Da quello che hai saputo cosa avrebbero trovato nel laboratorio di Persello? Soluzioni idroalcoliche?

 

GB. Questo non lo so, so solo quello che ho letto sul giornale.

 

W. So che eri presente in un azienda quando sono arrivati i NAS…cosa cercavano?

 

GB. I lieviti usati, i coadiuvanti e in genere tutto quello che usato in vinificazione e maturazione. Quindi cercavano nel magazzino dove tenevano i prodotti enologici, quelli che normalmente si tengono in una cantina. Magari avranno  trovato dei  lieviti per Sauvignon, in particolare l’ X 5, uno  molto utilizzato (e autorizzato) perché  capace più di altri di tradurre i tioli da precursori a frazione sensibile.

 

W. Dopo il polverone mediatico, al momento in cui si arriverà, se si arriverà,  a delle eventuali condanne, chi ci rimetterà di più?

 

GB. L’immagine della qualità del sauvignon friulano, facendo dimenticare che nel vigneto ci sono anni di sforzi, di piccoli passi che, per fortuna non si cancellano. Però magari al primo sauvignon che avrà dei sentori belli e definiti, si dirà che è “merito di pozioni” varie e questo per me non è assolutamente vero. Senza contare la grande diversità dei sauvignon friulani…

 

W. A proposito di diversità, vista che di sauvignon friulani ce ne sono di tanti tipi  e anche le aziende indiziate lo producono con caratteristiche molto diverse l’una dall’altra, più che una pozione ce ne saranno cento??

 

GB. Sono d’accordo con te, la diversità dei sauvignon friulani e talmente tanta che non posso pensare  ci sia qualcosa che li abbia resi simili. Non siamo in Nuova Zelanda, dove tutti più o meno marcano l’asparago. In Friuli si producono sauvignon  che non marcano mai solo un aroma preciso.

 

W. Quale credi sarà la cosa peggiore che potrà capitare se troveranno delle aziende colpevoli?

 

GB. Se accadrà che qualche azienda risulterà colpevole, sicuramente perderemo  quote di mercato.  Lasciami però dire, anche se non ci metto la mano sul fuoco, che credo e spero che colpevoli non ci saranno. Per esempio sono sicuro che tra le 15 aziende ce n’è qualcuna che non ha mai nemmeno visto Persello.

 

W. A proposito a te hanno contestato qualcosa?

 

GB. A me no (e si mette a ridere..n.d.r.), in realtà sono io che dovrei contestare qualcosa visto che il mio lavoro di agronomo viene mediaticamente misconosciuto.  Comunque sono sereno perché il lavoro fatto rimane.

 

 

 

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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