Emergenza profughi: e se le cantine italiane dessero il 5 per mille in vino?3 min read

La vendemmia 2015 da qualche parte è iniziata e da altre parti sta per iniziare.

 

Sicuramente nel periodo di vendemmia arriveranno in Italia, se non muoiono prima, centinaia di esseri umani la cui unica colpa è quella di essere nati nel paese sbagliato. Altre migliaia, decine di migliaia, sono arrivati nei mesi scorsi e non sappiamo quanti ancora ne arriveranno.

 

Il problema dell’assistenza a questi profughi è uno dei problemi più grossi che l’Europa deve affrontare e purtroppo lo sta affrontando male, dividendosi al suo interno (e all’interno dei singoli paesi) in fazioni di favorevoli e contrari.

 

Forse la nostra proposta creerà ancora più divisione, forse la nostra idea verrà vista come il voler strumentalizzare un settore, forse quello che stiamo per dire non sarà possibile tradurlo in pratica ma noi crediamo che vada comunque tentata questa strada, che almeno (speriamo) farà parlare del problema.

 

Ci rivolgiamo in primo luogo all’Unione Italiana Vini e in seconda battuta a tutti i consorzi di tutela italiani, cioèi a tutte quelle istituzioni che possono avere a disposizione risorse, anche pubblicitarie, per lanciare la cosa: ma non sarebbe assolutamente male se qualche grande cooperativa o azienda vinicola decidesse in proprio di seguire il nostro consiglio.

 

Cosa crediamo di fare? In primo luogo raccogliere fondi per aiutare chi non ha niente se non i propri abiti, in seconda istanza far vedere che è possibile, tra donne e uomini di buona volontà, aiutare gli altri e aiutarsi a migliorare questo nostro mondo.

 

Ma cosa vogliamo fare? Vorremmo semplicemente che ogni produttore che lo ritenga giusto “versi” il 5 per mille del vino prodotto nel 2015 per creare uno o più tipi di vino con un’etichetta più o meno simile in ogni luogo. Potrebbe essere chiamato “il vino degli uomini per gli uomini” il vino dell’aiuto” il vino della salvezza” o con qualsiasi altro nome.

 

Per questo mi rivolgo ai consorzi, perché solo loro potrebbero fare da “punto di raccolta” ed organizzare le varie fasi, dall’assemblaggio all’imbottigliamento.

 

A proposito….non pensate che un concorso online per creare l’etichetta potrebbe richiamare l’interesse di molti?

 

Queste bottiglie verrebbero poi  proposte nei normali canali di vendita oppure  online e qui mi rivolgo ai colleghi tutti, che potrebbero supportare l’idea dal punto di vista mediatico e, “last but not least” acquistare un po’ di bottiglie.

 

E I soldi raccolti? Potrebbero essere consegnati ad enti pubblici o privati che si siano mostrati particolarmente attivi nell’accoglienza dei profughi.

 

Capisco, questa è l’idea generale, ancora farraginosa, ancora da affinare e sviluppare, ma noi crediamo che con una bottiglia del genere in mano il mondo del vino potrebbe presentarsi a testa ancora più alta in ogni consesso politico, nazionale e internazionale, ma soprattutto dare una mano praticamente a costi zero.

 

Proviamoci.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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