Inchiesta CamCom: arrivano i primi dati… e non solo!11 min read

Pubblichiamo i primi dati relativi alla nostra inchiesta (vedi "Produttore per un giorno: parte l’inchiesta"). Il primo è quella della partecipazione che è stata, per noi, assolutamente eccezionale. Ben 156 aziende hanno risposto ai nostri quesiti. Se ripensiamo alla prima inchiesta fatta (quella sulla gomma arabica), quando solo 44 aziende dettero il loro contributo non possiamo che essere strafelici per questo risultato che ci mette davanti un numero per la prima volta abbastanza probante e valido dal punto di vista statistico. Se poi consideriamo anche il fatto che il tutto è stato fatto in pieno periodo di vendemmia non possiamo che dire grazie di cuore a tutti i produttori che hanno dedicato del tempo  “vendemmiale” al nostro questionario.
Abbiamo avuto risposte da tutte le regioni, con la Toscana in testa (37) seguita dal Piemonte (33) per poi arrivare alla Puglia ed alla Basilicata con una sola risposta.
Come potrete vedere non tutti hanno risposto a tutto. Alcuni produttori si sono scordati o non hanno voluto crocettare alcune voci. In ogni caso noi abbiamo preso in considerazione solo i giudizi chiaramente espressi.  Come detto pubblichiamo adesso solo le tre  risposte a domande secche, mentre quelle “discorsive” sull’operato della commissione d’assaggio hanno bisogno di un po’ di tempo in più per essere analizzate. Possiamo però darvi sin d’ora un’anticipazione. Se dalle tre risposte secche sembra scaturire una valutazione per molti versi positiva delle commissioni d’assaggio questa si modifica e non di poco nelle risposte alle nostre altre domande.
Ma andiamo con ordine: la prima domanda riguardava il sistema di raccolta dei campioni. Qui sembra che tutto venga fatto con le dovute attenzioni perchè solo 20 cantine (circa il 13%)  lo considerano inadatto o completamente sbagliato. Quindi per più dell’85% degli intervistati il sistema funziona e funziona anche bene se oltre il 70% lo giudica tra buono e perfetto.

La seconda domanda riguardava la composizione della commissione d’assaggio. Proponevamo cinque categorie: enologi, produttori, produttori/enologi, sommeliers e giornalisti iscritti all’albo. La più votata è stata quella degli enologi, seguita dai produttori enologi, dai sommeliers(!) e dai produttori, con fanalino di coda i giornalisti.

Ma la nostra era una domanda doppia: si poteva dare sia parere favorevole che sfavorevole. Per questo ci sembra molto importante far notare che un discreto 16% degli intervistati NON vorrebbe enologi nelle commissioni d’assaggio. Questo dato si impenna al 38% se si parla di produttori/enologi ed addirittura diventa maggioranza (54%) quando si menzionano i produttori. I sommeliers dividono praticamente in due gli intervistati: il 52% li vorrebbe mentre il 48% ne farebbe a meno. Ben  pochi ( 45, pari al 31%) vedrebbero bene la nostra presenza in commissione di degustazione. Ma c’è di più (altra piccola antcipazione): tra i fattori di valutazione negativi delle commissioni, diverse aziende parlano di giudizi dati  “come se si stesse facendo una guida”. Questo credo voglia sottolineare il fatto che una commissione d’assaggio deve avere altri compiti e soprattutto un sistema di valutazione diverso.

Ma questo sistema è valido o no? La terza ed ultima domanda secca chiedeva proprio questo. “Secondo lei la commissione della sua denominazione riesce a valutare…” e si proponevano cinque possibilità: la qualità di un vino, la qualità minima di un vino perchè possa entrare in commercio fregiandosi della denominazione, le qualità organolettiche di un vino, la sua tipicità e la rispondenza del vino all’uva o alle uve previste dal disciplinare.
Qui le risposte iniziano a porre qualche problema. Se si parla di qualità minima per essere nella DOC/DOCG molti, ma non tutti sono d’accordo. Infatti il 76% pensa che la commissione sia “atta”. Questo però vuol dire che il 24%, cioè quasi un quarto reputa la sua commissione d’assaggio inadatta a questo compito che potremmo definire “istituzionale”. La cosa però diventa ancor più grave (almeno per noi) parlando di qualità tout court. Ben il 42% delle cantine, cioè quasi la metà, reputa la commissione non adatta a riconoscere la qualità di un vino. E’ vero che sull’altro piatto della bilancia abbiamo un sostanzioso 58%, ma il fatto che una percentuale così alta abbia così poca fiducia in quest’organo varrebbe più di un approfondimento. Anticipiamo due temi che emergono dalle altre (sempre più attese oramai) risposte al questionario. Da una parte si ritiene la commissione non affidabile per come sono organizzati gli assaggi (tempi e tipologia di assaggio, commissioni non omogenee, quasi mai le stesse persone assaggiano insieme, carenze della scheda di degustazione, giudizio collettivo e quindi possibilità di influenzare il risultato finale etc) dall’altra per i membri che la compongono (mancanza di esperienza, buonismo imperante, presenza di persone per vari motivi non adatte, incapacità, non conoscenza della/e denominazioni in assaggio etc).
Si reputano invece le commissioni più adatte a valutare le qualità organolettiche di un vino. Infatti ben il 66% risponde positivamente al quesito mentre il rimanente 34% costituisce comunque uno zoccolo ben duro su cui confrontarsi.
Gli ultimi due quesiti, quelli relativi a rispondenza alle uve e tipicità depongono nettamente a sfavore delle commissioni di assaggio: nel primo caso infatti ben il 62% non le reputa capaci, percentuale che scende al 55% (ma rimane sempre salda maggioranza) per quanto riguarda la tipicità.

Ma adesso viene il bello: siamo riusciti ad avere la scheda di valutazione utilizzate dalle commissioni di assaggio. Per questo possiamo dire a  quel quasi 40% che ritiene la commissione capace di valutare tipicità e attinenza alle uve del disciplinare che questo, purtroppo, non è possibile! La scheda di valutazione che riportiamo, l’unica e sola autorizzata dal Ministero delle Politiche Agricole non riporta infatti nessuna domanda o dizione relativa alla tipicità  o alla rispondenza o meno al vitigno. In altre parole: nel momento in cui ogni denominazione sbandiera a destra e a manca, nonché ritiene  fondamentale la caratterizzazione data dal vitigno (o dai vitigni) e dal terroir  al proprio vino, questa stessa caratterizzazione non viene presa ufficialmente in considerazione per l’idoneità di quella stessa DOC o DOCG. Uno dei principali cavalli di battaglia del vino italiano di qualità, la tipicità (che per noi è soprattutto rispondenza al vitigno principale della denominazione) non è tra le voci che una commissione ministeriale deve valutare per conferirgli o meno quella stessa patente. Si potrebbe obiettare che i degustatori sanno sempre che denominazione stanno assaggiando e si regolano di conseguenza, ma non crediamo che questo sia abbastanza. Non crediamo che si debba omettere una risposta a quella che è forse la prima domanda che il consumatore si fa ed è sicuramente una forte discriminante nell’acquistare o meno quel prodotto.

A questo punto crediamo di aver già messo molta carne al fuoco e quindi vi salutiamo lasciandovi con la prima parte dei dati e  dandovi appuntamento per la pubblicazione del resto del questionario.

 

 

1) Lei reputa che il sistema di raccolta dei campioni per gli assaggi camerali della sua denominazione sia:

Perfetto                                   10            6.49%
Ottimo                                    40           25.97%
Buono                                     63           40.90%
Sufficiente                               21           13.63%
Inadatto                                 16            10.38%
Completamente sbagliato          4              2.59%

2) Secondo lei, fermo restando il numero di partecipanti,  da chi dovrebbe essere composta la commissione di assaggio di  una denominazione?

Enologi:                                       si  122     84%                       no 23     16%
Produttori:                                   si   60      46%                       no 70     54%
Produttori enologi:                        si   87     62%                        no 54     38%
Sommeliers.                                 si   74     52%                       no 69     48%
Giornalisti                                    si   45     31%                        no 97     69%

Solo 6 hanno scelto altre soluzioni (come ristoratori, consumatori, enotecari, rappresentanti di categorie agricole)

3) Secondo lei la commissione della sua denominazione riesce a valutare

Qualità vino                             si     86    58%                         no 62    42%
Qualità minima                        si   115    76%                          no 36    24%
Qualità organolettica                 si     98    66%                         no 50    34%
Tipicità                                    si     65    45%                          no 78    55%
Rispondenza uva disciplinare     si     57   38%                           no  91    62%

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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