Concours Mondial du Sauvignon: esperienza molto positiva4 min read

C’è sempre una prima volta ed anche per me è arrivato il debutto in un concorso internazionale. Il concorso “galeotto” è stato quello Mondiale del Sauvignon che, come molti sapranno, si è svolto in Friuli dal 22 al 24 maggio scorso.

 

Perché non ero mai andato (o per meglio dire stato invitato…) ad un concorso? Diciamo che la cosa mi aveva sempre attirato poco, soprattutto per dover usare una scheda che non so usare e un metodo di giudizio che io giudico molto, ma molto largo nei punteggi.

 

In molti concorsi internazionali la soglia degli ottanta punti è il limite per il vino appena potabile, mentre per me 80/100 rappresenta un punteggio di tutto rispetto. Comunque il problema non si era mai posto fino a quando è stata chiamata ad organizzare il Concours  Mondial du Sauvignon ( in nome e per conto di vari enti pubblici e consorzi friulani) la nostra collaboratrice e carissima amica Simona Migliore. A quel punto ho chiesto di poter partecipare e la cosa è andata in porto.

 

Mi sono ritrovato così ad assaggiare un vitigno che amo molto e  conosco piuttosto bene, anche in alcune sue declinazioni internazionali come Francia Australia e Nuova Zelanda. 

 

L’impatto con il concorso è stato positivo sia per la logistica che soprattutto per il convegno introduttivo sul vitigno, che ha presentato dati e prove sul campo molto interessanti. Indubbiamente in Friuli ci stanno credendo e molte aziende stanno lavorando con grande impegno e serietà per arrivare a risultati importanti. Risultati che non credo siano dietro l’angolo ma l’importante è continuare per la strada intrapresa, quella cioè di una sempre maggiore attenzione viticola che spero non venga “edulcorata” da pratiche di cantina che in alcuni casi rischiano di vanificare molto del lavoro fatto in vigna.

 

Comunque la prima mattina mi sono trovato in commissione con un enologo sudafricano, uno italiano, una giornalista croata e con un presidente di commissione francese. Avevamo poco meno di 40 vini da valutare e purtroppo, a parte pochi casi, di non grandissima qualità.  Il problema della scheda si è molto ridimensionato, grazie anche al modello usato dagli organizzatori (molto più semplice di quella dei concorsi OIV) e da un presidente di commissione con cui ero molto in sintonia perché anche lui non  certamente orientato verso voti molto alti (alla fine ho dato più medaglie io di lui…il che è tutto dire).

 

La cosa però più bella per me in casi come questi  è quella di riuscire a capire non solo la qualità del vino, ma da dove proviene quello che stai assaggiando. Infatti ogni vino è volente o nolente figlio di una cultura non soltanto enoica, che si declina attraverso diversi andamenti stagionali. Questa cultura, figlia ripeto non solo delle regole del “terroir”, ti porta di fronte ad aromi, strutture, sfumature che spesso inquadrano precisamente una determinata nazione o un territorio in quella. 

 

Il bello è riuscire a capirle, riconoscerle e mentalizzarle: in questo sta forse la bellezza di un concorso, inserire nel tuo armadietto di conoscenze un capiente stipetto di nuove informazioni e portare il tutto a casa.

 

Purtroppo le nuove “informazioni alias vini” possono anche non essere di grande qualità, ma questo non inficia minimamente il discorso. Veniamo così alla qualità dei vini assaggiati che purtroppo, per quanto riguarda la mia commissione non è stata molto alta. Sia parlando di sauvignon friulani del 2013 e del 2014, di Bordeaux 2014, di Loira (passati in legno) 2013 i campioni assaggiati sono figli di annate non propriamente fortunate e, specie per il 2014, molto difficili.

 

Ma, ripeto, questo non inficia minimamente l’importanza di confrontarsi con palati completamente diversi e vini (pur  figli dello stesso vitigno) strutturalmente diversi. La conoscenza si accresce anche se hai accanto un degustatore sudafricano che come sente il legno aumenta immediatamente di 10 punti il suo punteggio finale (come molti sapranno è molto difficile che io  ami un bianco in legno)  o se degusti vini che per adesso sono solo spremutine acide.

 

Insomma, se mi richiameranno correrò per partecipare, anche perché la manifestazione è stata organizzata benissimo e soprattutto  perché una due giorni del genere ti insegna molte, molte cose.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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