Introduzione alla Bibliogastrofilia4 min read

Con questa primo scritto il nostro Pierlorenzo Tasselli prova ad approcciarsi ad una nuova arte, probabilmente già degenerata e certamente degenerabile, la bibliogastrofilia. In realtà ci proporrà ricette più o meno fantasiose da libri assurdamente reali o semplicemente antichi.

 

La BIbliogastrofilia è perversione sessuale fra le più ripugnanti.  Il depravato si eccita leggendo ricette improbabili su libri di cucina pressoché inesistenti. Ad esempio : “Il Cuciniere Italiano Moderno – ovvero – l‘amico dei ghiotti economi e dei convalescenti…” di cui riportiamo l’ intera pagina iniziale.

 

Si noti ,fra le varie arti che libro insegna, quella del “diacciatore” , che si può facilmente decifrare se si considera che il testo è stato pubblicato a LIVORNO: a tal proposito vedasi la voce vedasi la voce “Diacciaponci” sul Borzacchini Universale (Giorgio Marchetti, ed. Ponte alle Mosse).

 

Dice anche “con tavole in rame”, che non ci sono più nella copia che mio padre acquistò negli anni ‘30 del ‘900 . Mia madre ha usato questa guida per eseguire parecchie ricette, con risultati sconcertanti.

 

Abbiamo mantenuto la punteggiatura originale, che ha la spensierata casualità di Totò e Peppino quando scrivono alla Malafemmina .

Notare l’ uso generoso dei due punti e del punto-e-virgola, oggi desueti.  Eccovi un possibile menù estrapolato da “Il Cuciniere Italiano Moderno”

 

 

Ostriche fredde alla veneziana

 

Prendete alquante ostriche e lavatene moto bene i gusci: apritele e fatele cuocere in un soffritto magro di cipolla unitamente all’ acqua che hanno dentro: levatele dal fuoco , mettetevi un poco d’ agro di limone e fatele raffreddare: prendete i loro gusci, e né medesimi mettete un poco di battuto di pesce con tartufi tritati; ponete nel mezzo di questo un’ ostrica, coprendole nuovamente con altro ripieno : chiudete coll’ altro guscio, mettendo a cuocere in forno in una teglia per una mezz’ora , e quando siano fredde servitele in tavola.

 

Purè di beccacce o piccioni.

 

Deve prendersi l’ avanzo delle beccacce o piccioni cotti arrosto, ovvero converrà arrostirli apposta, si pestano nel mortaio con una quantità di pane fritto nel burro, ci si pongono tre o quattro torli d’uova sodi continuando a pestare tutto insieme allungherete con un ramajolo di buon brodo, indi passerete il purè con uno sticcio, lo metterete al fuoco, con altro brodo e una ramajolata di sugo di manzo: osservate che sia della densità della crema , e quando ve ne volete servire mettetelo a bagno maria.

 

Arrosto di pavoni

Questo arrosto è di gusto assai grato: ma i pavoni devono essere ammazzati quindici giorni avanti di cuocerli, s’ incartano, e dentro i medesimi si pone una cipolla steccata con dodici garofani . Si accomodano nello spiedo con simmetria; si prende una carta ben grossa, nel mezzo si pone il detto arrosto con un poco di olio vergine e sale; involtato bene si mette a cuocere a fuoco mediocre per tre ore: con l’ unto che colerà si torna a ungere sopra la carta: si svolge un quarto d’ ora prima di servire in tavola, ed al fuoco si fa prendere un bel colore di nocciuol; dopo si toglie la detta cipolla, e intorno si mette dell’insalata ben pulita, onde servita che sia si possa condire e mangiare col detto arrosto.

 

Ciambelle in Albì.

 

Scaldate in una casseruola mezzo boccale d’ acqua con due once di butirro e due di zucchero: osservate che non bolla; ma quando sia ben calda aggiungete una cucchiaiata di fiori d’ arancia canditi, o scorza di limone raschiata , e tanta farina quanta l’ acqua ne possa inzuppare: rimettere la casseruola sul fuoco dimenando sempre la pasta finchè non sia divenuta durissima. Allora levatela dal fuoco e quando si sia un poco raffreddata, ammorbiditela con uova, osservando che resti sempre densa come pasta di pane: quando sia fredda formatene alcuni bastoncelli come un dito: piegateli in cerchio, saldate le due estremità con uovo sbattuto: fate cuocere al forno queste ciambelle; inumiditele con giulebbe ridotto bene a cottura: involgetele nei fiori d’ arancio canditi e pestati, ovvero nello zucchero stacciato.

 

Acqua d’oro.

 

Prendete quattro boccali di spirito, la scorza di sei cedri, tre denari di macis e un boccale d’ acqua; distillate a bagno maria per ottenere tutto lo spirito il quale unirete a sei libbre di zucchero fine, una libbra d’ acqua di fiori d’ arancio, acqua comune quattro boccali, e tintura di zafferano quanto basta per dare al rosolio il colore dell’ oro; filtrate questo rosolio, con un poco di esso sbattete con una forchetta sopra ad un piatto di terra delle foglie d’oro finchè sieno ben divise ed amalgamate al detto rosolio: unite questa misura al complesso di detto rosolio e servite.

Pierlorenzo Tasselli
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