E se a Vinitaly (e magari anche tutto l’anno) ognuno facesse il suo lavoro?4 min read

Nonostante non sia più considerato molto "cool" partecipare al Vinitaly, ho scelto di essere presente per il 32° anno consecutivo, ben cosciente che è ormai difficile stupirmi con effetti speciali.

 

Ahimè, Infatti così è stato! Tutto mi pare già visto: gli stand sono sempre gli stessi ormai da anni, tanto dal punto di vista estetico che nella modalità di comunicare il vino, la fiera è sempre uguale a se stessa nei suoi aspetti positivi e in quelli negativi.

 

Mi pare proprio questo il punto. Il fermento, le idee, la voglia di fare cose nuove, di sperimentare nuovi percorsi sembra aver abbandonato questo settore. Si sa, una delle caratteristiche che contraddistingue lo spirito degli italiani è quello di non avere mezze misure, o siamo euforici o siamo depressi. Può darsi quindi che la crisi che ormai attanaglia da anni ci abbia reso decisamente depressi e oscurato la nostra famosa creatività.  Oppure abbiamo sbagliato qualcos’altro… ma cosa?

 

Proviamo ad approfondire il tema. E se il vero handicap fosse la mancanza di professionalità? Abbiamo: industriali che si improvvisano viticoltori, viticoltori che si ritrovano a fare i commerciali, giornalisti che fanno i PR, PR che fanno i giornalisti e i commerciali, enologi che fanno i PR, agronomi che hanno sempre coltivato grano che pensano di saper produrre grandi uve, cuochi che fanno gli attori, attori che fanno i cuochi o i viticoltori ….. devo continuare?

Su questo poi si innestano opportuniste tecniche di "marketing" e quindi si tenta di emergere dal caos con i vini biologici, biodinamici e pure vegani e la ricerca del sempre nuovo a tutti i costi, avendo già scoperto l’acqua calda … ci porta solo a rispolverare tutto quanto di vecchio a suo tempo è stato abbandonato … non sempre sbagliando. Così qualunque presunto vitigno autoctono viene riportato in auge anche se non è proprio il massimo, qualunque tecnica viticola o enologica che si possa far risalire a più di 50 anni fa viene rispolverata come la trovata dell’anno (o del secolo!).

 

Cosa propongo? La professionalità, appunto! Se ci resettiamo e ognuno di noi ricomincia a fare il proprio mestiere, magari mettiamo un po’ di ordine in tanta confusione.

 

Nel mio mondo perfetto potrebbe accadere che: l’industriale investe nel vino (oppure un viticoltore decide di cominciare ad imbottigliare) e si circonda di professionisti, chiama un agronomo che sa di viticoltura e gli fa fare dei bei vigneti usando i vitigni autoctoni e/o internazionali che meglio si adattano alla sua zona poi un enologo che fa l’enologo prende le uve e ne trae i migliori risultati usando botti e/o barrique a sua discrezione in funzione di ciò che il produttore vuol ottenere e la zona può proporre. A questo punto, udite, udite, arriva il comunicatore che sa valorizzare le reali qualità dell’azienda e lo stile imprenditoriale del titolare e fa conoscere ciò che è stato fatto.

 

Incredibile, ma vero, a questo punto entrano in gioco i giornalisti, la cui professionalità e credibilità è legata alle proprie capacità degustative, alle conoscenze, e all’esperienza e per questo sono seguiti dagli appassionati e dai professionisti di tutto il mondo. Professionisti tipo ristoratori ed enotecari che selezionano i vini che propongono in base alle indicazioni ricevute da coloro del cui giudizio si fidano, sempre avendo più possibile verificato di persona, magari anche incontrando il produttore. Infine arrivano gli appassionati che chiudono il cerchio bevendo finalmente il frutto di così tanto lavoro di squadra e ne hanno un incredibile giovamento: gli piace e ne godono!!!!

 

lo so, lo so, ho descritto un mondo perfetto che non esiste, ma è mai esistito? Beh! quando ho iniziato a lavorare in questo settore (nel 1984) le cose erano perlomeno molto più chiare ed i ruoli meglio definiti rispetto ad oggi, poi ci siamo un po’ persi per strada.

 

Troppo chiedere di tentare di nuovo la via della linearità, dell’onestà intellettuale? Magari tutti noi, potendoci dedicare solo a ciò che davvero sappiamo fare, riusciremmo ad avere qualche buona nuova idea ed il Vinitaly, come tutta la realtà del comparto, riprenderebbe ad avere nuova linfa a fare cose davvero significative, utili a tutti.

 

Se ci sono aziende che hanno voglia di sperimentare questa vecchissima, ma spero non troppo superata modalità di lavoro … sono a disposizione!!! Ah! Per chiarezza: io mi occupo solo di comunicazione e marketing….

Maddalena Mazzeschi

A 6 anni scopre di avere interesse per il vino scolando i bicchieri sul tavolo prima di lavarli. Gli anni al Consorzio del Nobile di Montepulciano le hanno dato le basi per comprendere come si fa a fare un vino buono ed uno cattivo. Nel 1991, intraprende la libera professione come esperto di marketing e pubbliche relazioni. Afferma che qualunque successo è dovuto alle sue competenze tecniche, alla memoria storica ed alle esperienze accumulate in 30 anni di lavoro. I maligni sono convinti che, nella migliore tradizione di molte affermate PR, sia tutto merito del marito! Per Winesurf si occupa anche della comunicazione affermando che si tratta di una delle sfide più difficili che abbia mai affrontato. A chi non è d’accordo domanda: “Ma hai idea di cosa voglia dire occuparsi dell’immagine di Carlo Macchi & Company?”. Come darle torto?


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